Artista con un cammino pittorico da autodidatta iniziato nel 1998, in completa evoluzione, affinando tecnica e tematiche. Riccardo La Monica, ha un percorso che passa attraverso la ricerca dell’inconscio e della natura umana, seguendo i suggerimenti dell’avanguardia surrealista. I dipinti, olio su tela, si dividono in opere surrealiste con ricerca iperrealista e opere che giocano sulla percezione visiva dell’uomo.
Dalla pagina web dell’artista si legge “Quando contempli un mio dipinto chiediti qual è la parte di te che nascondi a te stesso e al mondo”. Una frase questa, che esprime tutto ciò che Riccardo La Monica è in grado di estrarre dall’anima di una persona. Dipinti che lasciano nel visitatore un senso di stupore, uno stupore che non è facile provare. Le sue opere non sono solo esteticamente belle e coinvolgenti, ma lasciano nell’anima quel “detto e non detto” che “cattura” gli occhi e il cuore. Il gioco luci e ombre e quei drappi che velano un uomo, che se da un certo punto di vista nascondono dall’altro scoprono, è l’anima che fa da padrone.
Conosciamo più da vicino questo giovane artista.
Come nasce un talento come Riccardo La Monica? Domanda difficile, credo dalla passione per l’arte e la volontà di esprimere quello che una persona ha dentro di sé e donare agli altri la propria esperienza e il proprio percorso personale.
Vivere a Cerveteri, fuori dal caos cittadino, è in qualche modo un vantaggio per la creazione artistica? Sicuramente vivere fuori dal caos aiuta la concentrazione e a focalizzare l’attenzione sui propri progetti, d’altro canto vivere lontano dai centri dell’arte ti isola e forse ti allontana dalle correnti artistiche del momento; infatti, la mia pittura si rifà alla pittura antica ed è un po’ fuori dal tempo.
“Dipingere” cosa significa per lei? Dipingere per me, è una grandissima passione, un modo per conoscere me stesso ed esprimere me stesso, una cosa importantissima nella propria vita, serve sempre alimentare la propria passione. Non sono le sovrastrutture che la società ti impone, ma le proprie passioni a renderti felice.
Osservando gli uomini coperti dai drappeggi, danno l’illusione di volersi nascondere, ma allo stesso tempo di liberarsi, può darci la sua versione interpretativa? Per me una persona che guarda un mio dipinto, deve immedesimarsi con la figura dipinta e porsi la seguente domanda: qual è quella parte di me che nascondo a me stesso ed al mondo? È un invito all’osservatore di intraprendere un viaggio dentro di sé per conoscere sé stessi per cercare di comprendere al meglio il mondo e la vita. Un percorso molto complesso che la stragrande maggioranza delle persone evita di fare. A sé stessi spesso si nascondono e si evitano di affrontare molte cose dagli eventi drammatici alle paure, dalle passioni alle gioie, in un’era dove tutto è condivisione di una irreale versione di noi stessi è un messaggio importante: Conosci te stesso, poi puoi affrontare il mondo.
Nei suoi quadri i volti non compaiono mai, che significato possiamo dare alla mancanza proprio del viso che dà sempre è simbolo di espressività? Sotto il panneggio c’è il volto di ognuno di noi nelle sue milioni di sfaccettature, la contemplazione del dipinto diventa contemplazione di noi stessi.
La prossima mostra “Persistenza della memoria” a Ladispoli a cui prenderà parte, prende il titolo ad una famosa opera di Salvator Dalì, cosa vi accomuna e cosa vi divide? Sicuramente devo molto a tutte le avanguardie artistiche in special modo al surrealismo e al dadaismo per la loro attitudine a esplorare l’inconscio. Dalì era un grande maestro in questo e sapeva accomunare le sue iperboliche visioni alla capacità pittorica rinascimentali. Per certi versi è un omaggio.
In anteprima può dirci qualcosa sulle opere che porterà in mostra? I dipinti in mostra sono gli ultimi lavori di grandi dimensioni sarà una finestra sul mio lavoro.
Concludendo, progetti futuri? Il progetto è quello di continuare il mio percorso e di organizzare nuove mostre in spazi importanti.
Eleonora Francescucci