Autore, produttore ed editore musicale Massimo Curzio ha presentato a Sanremo i dischi prodotti e distribuiti dal suo “Big Stone Studio”
Il 13 febbraio 2025 si è tenuta, a Villaggio dei Fiori di Sanremo, la master class di Massimo Curzio, cantautore, musicista, produttore ed editore musicale, titolare dell’etichetta discografica “Big Stone Studio” (“Believe”). Parliamo con Massimo a ridosso di quest’evento, per presentarlo al pubblico e dare visibilità alle sue iniziative.
Curiosi del suo percorso artistico, ricco e sfaccettato, gli chiediamo da dove è partito per mettere su un’etichetta discografica e farla crescere in un contesto tutt’altro che semplice come la città di Napoli e i dintorni. E Massimo Curzio ci risponde:
Adesso sono un produttore discografico, ma la mia carriera si è avviata perché facevo il musicista. Ho iniziato a studiare musica suonando il flauto traverso usato da numerosi musicisti negli anni settanta.
Come ha influito sulla tua vita e produzione musicale ciò che succedeva nella musica mentre crescevi e mentre ti formavi?
Gli anni della mia crescita e formazione sono stati segnati dalla nascita e sviluppo del cantautorato. Questo genere mi attrae da quando esiste. Nei decenni precedenti, i cantautori erano degli eroi per i giovani perché, con la chitarra, comunicavano loro la strada da prendere. I cantautori degli anni settanta erano molto politicizzati: De Gregori, Venditti, Bennato, De André. I cantautori nascevano tutti dalla RCA, l’etichetta più famosa dell’epoca. La parola “cantautore” è un’innovativa invenzione del discografico Vincenzo Micocci. Il cantautorato mi ha cambiato la vita: ho lasciato il flauto traverso perché ho sentito il bisogno di cantare e di scrivermi da solo i testi.
Hai menzionato la RCA. Che ricordi ne hai?
La RCA faceva un po’ da filtro fra chi la musica la creava e chi la ascoltava. Una volta, quando da autore scrivevi e/o componevi un brano, la RCA ti faceva cambiare un ritornello o una parte della canzone, introduttiva o conclusiva. Oggi, questo filtro non c’è più. Un ragazzo si scrive una canzone, e, così come essa nasce, va su Digital Store. La musica è cambiata, ed è, senza dubbio, cambiata la sua distribuzione.
Che studi hai fatto, nella musica e non?
Ho fatto il liceo artistico. Ai miei tempi, molti studenti di licei artistici suonavano, facevano musica, la studiavano. Non ho fatto il conservatorio, ma, sicuramente, la musica l’ho studiata, e continuo a farlo ancora oggi. Mentre, invece, da ragazzo, come mestiere, ho scelto pittura. L’ho studiata all’Accademia di belle arti. All’epoca dei miei studi, facevamo l’astratto, ci dedicavamo a Kandinsky. Ho fatto la tesi sull’analogia fra la musica e la pittura. Ho indagato sulla comunicazione fra queste due arti. İ quadri musicali. Chagall. L’armonia dei colori. Per me, la pittura diventava qualcosa di astratto. Non c’era più l’immagine figurativa di una persona, ma, il colore. Ad esempio, il colore giallo rappresentava, su un mio quadro, il suono della tromba. E poi vari colori che avevano i significati di strumenti diversi si univano, e ne nasceva, per me, l’armonia musicale e visiva. Il colore mi dava una sensazione come se fosse un brano musicale… Molti anni dopo, vidi a Milano le opere di un musicista che collegava le sfere che giravano nell’aria alle installazioni di quadri. C’è chi abbina i quadri anche agli odori più che ai colori. Esistono tanti tipi di sperimentazione. sono anche gli odori abbinati ai quadri, come nelle opere di Ivan Cattaneo che ha seguito queste sperimentazioni.
Che ruolo ha la sperimentazione nella tua produzione artistica?
La sperimentazione ha sempre fatto parte del mio percorso, nella pittura e nella musica. Infatti, la mia tesi “Lanalogia tra musica e pittura” che accostava Kandinsky e Matisse alla
musica di Shoemberg era già una sperimentazione e apriva piste allo sperimentare continuo. Anche se, dopo un po’, ho seguito solo la strada musicale.
Com’è avvenuto il passaggio alla sola musica?
Dopo l’Accademia di belle arti, a Milano, ho insegnato pittura e storia dell’arte, per dieci anni. Nel frattempo continuavo a fare musica, percorso iniziato con la composizione del mio primo brano quando avevo sedici anni. Mi sono accorto che percepivo le immagini e le parole in un collegamento che mi suggerivano dei quadri astratti. Ed ecco che anche la “deviazione” fatta nella pittura mi ha aiutata a proseguire nella musica. Infatti, Milano l’avevo scelta per quello: all’epoca, era proprio lì che c’erano tutte le case discografiche. Sono rimasto a Milano per venticinque anni, prima insegnando pittura, poi facendo i dischi. Ne ho fatti almeno due: “Specchio chiaro” nato dal mio incontro con la filosofia buddhista e “Volo continuo”.
“Il volo continuo” ha la stessa idea del famoso brano dei Queen “Show must go on”?
Si può dire anche così. È un disco di musica elettronica che voleva narrare la vita come un perenne evolversi. Viviamo tante vite, ovvero, una sola, ma fatta di molti frammenti diversi, molte fasi. Ed è inutile fermarsi a un momento che non può più avere uno sviluppo, bisogna andare avanti.
E cosa è successo nella tua vita dopo una lunga parentesi milanese?
Dopo Milano sono ritornato a Napoli dove ho avviato un’etichetta discografica, Big Stone Studio, e mi sono dedicato, oltre che alle composizioni e alle esibizioni mie come artista, alla produzione musicale. E ora sono conosciuto anche come produttore di musica. Quindi, adesso sono musicista, cantante, ma anche produttore e titolare di un’etichetta discografica. E pure un editore musicale. Come chi viene dalla pittura, ho la sensazione di vedere il suono, percepirlo come se avesse un colore più che un’immagine.
Dopo tutta la sperimentazione che hai fatto, come definiresti il rapporto fra la musica e la pittura?
La musica è immateriale, ci collega allo spirituale. La possiamo sentire, ma non la possiamo toccare. Mentre la pittura è fisica. Con i colori ti sporchi anche le mani. Ma, sicuramente, queste due arti sono collegate, e sono felice di aver operato un po’ sul confine fra una e l’altra.
Come è nata l’idea di fondare l’etichetta discografica?
L”idea di aprire “Big Stone Studio” nasce con le mie conoscenze fra gli artisti e musicisti napoletani. C’era già uno studio, e sono entrato nella gestione di quella realtà musicale. È stato Enzo Petrone, contrabbassista, a dare allo studio quel nome. “Big Stone”, in inglese, significa una grande pietra perché è, in pratica, un palazzo ricavato da una grotta, al centro storico della città di Napoli. Per aprire l’attività a Napoli ho dovuto vendere la mia casa a Milano. Inizialmente, era uno studio per me, ma poi ho pensato di aiutare i giovani e condividere con loro la mia passione per la musica Così il Big Stone Studio è diventato un punto d’incontro dei giovani emergenti.
Quali sono i tuoi progetti artistici che esulano dall’ambito musicale?
Sto cercando di ultimare il libro sul mio incontro con la filosofia buddhista. Ho avuto la fortuna di incontrare Jenny Sorrenti, sorella dell’artista Alain Sorrenti, che mi iniziò alla pratica del buddhismo. Poi ho conosciuto anche Alain, e abbiamo praticato buddhismo insieme.
Che soddisfazioni ti dà il mestiere dell’editore musicale?
Fare l’editore per me è dare l’esempio di una sopravvivenza e resilienza nel mondo musicale che si trova in una continua evoluzione. L’editore è colui che dà l’opportunità ai ragazzi di stampare e promuovere i propri dischi. Ci sono anche vari servizi legati alla diffusione e distribuzione, ma, sostanzialmente, l’editore ha responsabilità di curare i brani, farli girare, farli sentire alle radio e investire sui brani. L’editore prende i diritti sulle edizioni. Se le edizioni non ci sono, per il musicista è un lavoro lasciato a metà. Ecco perché consiglio a tutti i musicisti e cantanti di far camminare i loro brani in certi circuiti, e farlo attraverso gli editori. Realizzare un disco, a me che sono un artigiano della musica, dà una grandissima soddisfazione.
E la tua vita da cantautore come è cambiata da quando fai anche il produttore e l’editore?
Come cantautore, dopo la produzione di quei due dischi a Milano, mi sono un po’ fermato. Poi ho iniziato a scrivere anche per gli altri. A me come cantautore interessava far girare i miei brani e farli interpretare dai ragazzi. Ho continuato a scrivere. Il tempo è venuto un po’ a mancare, e, come artista interprete, mi sono esibito un po’ meno. Però ho recuperato molti brani composti tanti anni fa e li ho pubblicati. Alcuni di quelli li ho rivisitati con arrangiamenti nuovi. Sto cercando di recuperare in po’ di attività come autore.
Perché consiglieresti “Big Stone Studio” ai cantanti/ cantautori emergenti?
Possiamo candidare gli artisti per Sanremo. Come il titolare di un’etichetta discografica, sono abilitato a farlo. Si tratta di “Sanremo Giovani” e “Sanremo Campioni”. Ma ci vuole tempo per preparare il brano e candidarlo. Per candidare un cantautore a “Sanremo Campioni” ci basta anche un solo brano, ma deve essere forte. “Campione” vuol dire, ovviamente, che è un autore già esistente sulla scena musicale, che ha già pubblicato dischi. Più ricco è il suo background, meglio è. Il curriculum ci vuole. Non è più come una volta che i campioni devono essere per forza dei big. Ma devono avere una ricca e variegata produzione. Che si presti ad ascolto da parte di tanto pubblico. Così, se il produttore esecutivo investe su questi musicisti, possono diventare star pure subito garantendo rientri economici a chi investe nella loro produzione.
Come mettersi in contatto con te e con il “Big Stone Studio”?
Chi vuole contattarmi per affidarmi le edizioni musicali o per farsi candidare dalla mia etichetta discografica per Sanremo Giovani o Sanremo Campioni, può trovarmi facilmente su Google, sui social network miei e del Big Stone Studio. C’è anche il sito del Big Stone Studio dove ci sono i contatti miei e del mio Ufficio stampa.
Cosa potresti dire delle contaminazioni, ovvero, i progetti artistici sul confine fra arti e artisti che, di prima acchito, non hanno affinità fra di loro?
Le contaminazioni che ho avuto, ovvero, le collaborazioni più strane e variegate che fanno sperimentare e crescere, sono produzioni musicali fatte con il Marocco e con Stoccarda.
Che cosa diresti a coloro che sostengono che i dischi “non fanno guadagnare” un artista?
Esiste anche una controtendenza. Oggi, come editore, ho richieste non solo di dischi, ma, addirittura, dei vinili.
Olga Matsyna