Cosa fareste se un giorno guardando il calendario vi accorgete che le date terminano in un determinato giorno e dopo solo pagine bianche? Un errore di stampa o qualcosa di strano sta per succedere? Proprio intorno a questo episodio si snocciola la commedia tragicomica portata sulla scena da Francesca Lo Bue e Joaquin Nicolas Cozzetti, che non solo l’hanno ideata e ne hanno curato la regia, ma sono i protagonisti di questo spettacolo. I testi sono di Annalisa Ambrosio con la produzione di Lo’Co Théâtre (Paris), con il sostegno di Cavallerizza Irreale, L’Asola Di Govi e l’Associazione Naso in Tasca.
Agata Von Braun, una contessa senza età canta ad una pianta mentre il maggiordomo muto spazza le foglie che cadono dal soffitto. Due figure senza tempo, dove i giorni scorrono imperterriti, ma questo apparente equilibrio si rompe all’improvviso, quando la contessa scopre che il suo calendario termina l’11 novembre. Ciò la porta ad affrontare l’impensabile: per lei non ci saranno più i giorni successivi, non ci sarà più il Natale, ne il nuovo anno e nemmeno il compleanno. In questo connubio fra disperazione, follia, risate, ricordi, cerca di trovare il modo di cambiare la sorte.
La paura di morire è intrinseco nell’animo umano. In scena troviamo una donna che si vuole proteggere dalla natura assurda della propria fine. Non vuole accettarla, preferisce semmai rimuoverne il pensiero, rinchiudendosi nella propria illusione d’eternità. La morte appare distante, muoiono gli altri, non lei.
L’arroganza umana è enfatizzata dal carattere nobiliare di Agatha, che di fronte alla morte ha la presunzione di avere a disposizione un numero infinito di giorni, come se l’esistenza e il tempo fossero a nostra disposizione. In prossimità del trapasso però, questa gerarchia si capovolge ed emerge la natura ridicola, fragile e grottesca dell’essere umano. Crollata la speranza di poter aggirare la propria fine, Agatha deve accettarla. I giorni che prima apparivano dovuti, si rivelano ora concessi. L’esistenza resta inerme davanti alla disperata richiesta d’aiuto e alla fine si rivela nel suo ruolo di vero padrone.
La pièce si sviluppa in un’atmosfera simbolica e surreale. Il dramma si svolge nel salotto dove non sembra esistere altro tempo che quello scandito per Agatha. La polvere, le foglie secche e quelle cadute dal soffitto sono i loro segni tangibili del declino: la prova di una catastrofe imminente. Viviamo in un mondo metaforico dove l’universo coincide con chi lo abita e non c’è nessun altro mondo al di fuori di questo. La protagonista sta attraversando un momento di rinascita, realizzando la sua finitezza e il significato della sua esistenza.
Lo spettacolo è fortemente ispirato dalle opere di Beckett, Pinter, Ionesco e il teatro dell’assurdo. In particolare, Il Re Muore di Eugène Ionesco è un punto focale per la creazione poiché condivide lo stesso tema con l’umorismo e il grottesco. Non c’è da stupirsi che la morte, l’insuccesso per eccellenza, in cui ogni volontà, ogni sforzo di risoluzione e trionfo si scontrano con una sconfitta inevitabile, offra anche preziose opportunità di riflessione comica.
La regia essenziale, la ricerca estetica e la direzione atipica della recitazione creano un’atmosfera onirica. Se l’esplorazione del movimento e delle forme è al centro dello spettacolo, così come importante è lo studio testuale. Per questo motivo, la compagnia ha stretto una collaborazione con Annalisa Ambrosio, autrice che si occupa di garantire che le scene scritte e la drammaturgia siano in armonia. La contaminazione dei diversi linguaggi teatrali (prosa, mimo corporeo, teatro-danza e acrobatica teatrale) rende lo spettacolo dinamico e accessibile a tutti i tipi di pubblico.
Eleonora Francescucci