“Una donna troppo piccola, per una voce così grande”. Questo dicevano di lei. Da questa storia nasce un racconto di musica, amore, auto-distruzione, tristezza e momenti estremamente felici.
Una strada. Tutto inizia qui. A Rue Belleville 72, Parigi. Il sole non è ancora sorto e il freddo ha rallentato i movimenti di operai e mercanti che stanno preparando le loro bancarelle. Alcuni si rifugiano in un caffè caldo per scaldarsi, altri sono ancora troppo assonnati per rendersi conto della situazione attuale. Quella mattina del 19 dicembre del 1915 era come tutte le altre: silenzio interrotto solo da poche parole indispensabili e dai rumori dell’ennesima giornata di lavoro che stava per iniziare. Ma poi un suono si fece sentire, rompendo la monotonia della vita quotidiana mentre la guerra continuava ormai da un anno. E poi da un suono. Un suono che spezza l’aria. Il primo respiro di una bambina appena nata, Edith Giovanna Gassion, che passerà alla storia come Edith Piaf.
La vita di Edith Piaf è stata scandita dalle sue canzoni più celebri, “Je Ne Regrette Rien”, “Padam Padam” e “Hymne A L’Amour” ed è stata reso ancora più speciale da una voce vibrante e potente, in grado di raggiungere livelli così intensi che si dimentica quanto il suo corpo abbia sofferto a causa della sua esistenza disordinata. Un’esistenza che solo i più grandi e i più disperati si possono permettere di vivere.
“Piaf” non è una rappresentazione autoriflessiva, ma l’intento di rendere omaggio alla grandezza di una donna e della sua voce, simbolo della Francia e del mondo: poiché ancora oggi, ovunque si è nel mondo, quando si odono i ritmi da un vecchio disco de “La Vie En Rose”, ti immagini le strade, i quartieri e le luci di Parigi; pensando che non c’è posto migliore per vivere.
Veronica Rivolta commenta «In questo spettacolo attraversiamo il viaggio della vita della Piaf, un viaggio che comincia a Rue Belville e prosegue in una sequela di drammi, successi, amori e soprattutto al centro di questo percorso c’è sempre la sua voce. Una voce che come già al tempo dicevano era troppo grande per un corpo così piccolo. Credo che una figura come quella della Piaf a sessant’anni dalla sua morte non è che cominci a sbiadire però sicuramente rimarcarne la grandezza, la particolarità, la bellezza credo sia un grande tesoro e quindi penso sia una bella esperienza ripercorre la sua vita insieme».
Agostino Fraccascia