Le parole di Luciano Spalletti nella conferenza alla vigilia di Lazio-Roma, sfida valida per la semifinale di andata di Tim Cup.
Com’è cambiata la Lazio rispetto alla sfida di campionato?
“È una squadra costruita bene per il successo che sta avendo. L’unico dubbio mi sembrava che fosse l’allenatore, ma in questo periodo sta dimostrando che non è il rincalzo di nessuno: può ambire ad allenare squadre di livello e quindi affronteremo un avversario forte”.
Gli impegni ravvicinati sono un impegno più fisico o più menale?
“Sono tre partite che stimolano moltissimo e che non tolgono niente. Questo è il livello di calcio che volevamo raggiungere e ora ci siamo dentro fino al collo. Questo è il nostro ambiente. È una cosa normale. È chiaro che dal punto di vista fisico ci sarà del dispendio e qualcuno in queste tre partite saremo costretti a cambiare, però sono convinto che poi la squadra si farà trovare pronta in qualsiasi scelta io faccia. È evidente la maturazione dei nostri calciatori, nel discorso di domenica sera prima di giocare abbiamo tocca proprio questo tasto, è un anno che ci si lavora insieme. Qui si percepisce che c’è stato un cambiamento, una sostanziale maturazione. Questa è una cosa fondamentale, la forza mentale per andare ad affrontare questo periodo che ci vede di fonte a delle squadre di grandissimo spessore”.
Si aspetta un atteggiamento conservativo da parte dell’avversario dato che il ritorno sarà fra un mese?
“Sappiamo solo come possiamo uscirne. Noi possiamo determinare l’andamento della partita. Vogliamo uscire bene da questo match. Loro giocheranno la partita che sono abituati a fare. Riescono benissimo a compattarsi sotto palla e ripartire come contro l’Inter. Ogni ripartenza è fatta di corsa, qualità, hanno giocatori fisici, veloci, di impatto, tecnici. Saranno comunque squadra e noi dobbiamo fare altrettanto mettendoci qualcosa in più perché vogliamo vincere questa semifinale”.
Sarà anche una sfida tra due grandi reparti di attacco. Qual è la forza e l’unicità di avere Dzeko, Nainggolan e Salah insieme?
“Proprio per le qualità diverse tra loro che hanno possono essere un completamento che genera forza. Uno è fisico, tecnico, l’altro è veloce e leggero, ma sa essere velenosissimo ad attaccare la porta, l’altro ancora è un giocatore che sa fare tutto: puoi chiedergli qualsiasi cosa e lui la sviluppa. A volte i media si sono divertiti a trovare degli aggettivi che lo riguardassero o a fare dei paragoni. Uno dei titoli può essere “l’evoluzione della specie calciatore”. Sono convinto che dieci Nainggolan in una squadra potrebbero far venire fuori una squadra fortissima. Diventa facile trarre delle conclusioni sul reparto: fanno da traino alla squadra. I loro gol sono importanti e continuando così ci porteranno fino in fondo”.
Cosa cambia nel giocare un derby avendo anche la gara di ritorno?
“Secondo me è molto simile alle altre. Deve essere una costante dare tutto in questo lavoro. Quando hai alle spalle una velocità e un pubblico come quello giallorosso, quando si un professionista hai degli obblighi di professionalità e competenza. Vuoi far vedere convinzione e forza. Questo sia da parte mia sia da parte dei calciatori. Il Derby vale triplo, anche perché questa partita dà accesso anche a una finale. Poi sta a cuore ai nostri tifosi e noi siamo sensibili per ciò che sta a cuore ai nostri tifosi. Noi abbiam o sempre raspato sul fondo del barile quando ci siamo avvicinati alle partire. No ho mai vito gente a cui non sta a cuore questa causa. Ma in questo caso si va ancora più sul fondo, si raspa ancora più in profondità”.
Un Derby annulla il tasso tecnico sul campo? Oppure è un discorso provinciale? A Torino per esempio questo non accade.
“Dipende dalle differenze. Un Derby avvicina molto qualità e possibilità. Qualsiasi partita ha dei punti in comune e il Derby forse ne ha molti di più. Sarà sicuramente una partita più equilibrata rispetto a Torino. Il fattore emotivo però è importante, ti dà qualcosa e te ne toglie. Ti fa paura, ma poi quando il timore ti bussa alla porta ci deve essere il coraggio di aprire e di guardarlo e il timore se ne andrà via da solo”.
Nell’approccio a una partita come il Derby è meglio arrivarci da favoriti o da sfavoriti?
“A volte quelli che dicono che sei favorito sono quelli che hanno fatto dei tweet sostenendo che Dzeko fa gol solo se togli la porta, che Emerson non è un calciatore, che Jesus è un avanzo. Sono cose che si scrivono e che rimangono. Io dico solo che ci sono due squadre forti che si affronteranno ad armi pari. Hanno dimostrato gioco e competenze. Noi abbiamo obiettivi ugualmente importanti oltre a questa partita. Ci sono altre cause nella composizione di un lavoro, nella strategia di un programma societario. Loro danno molta attenzione a questa partita. E dipende come la gestiranno l’attenzione a questa partita. Intanto noi siamo migliorati. Non ho visto video girare che richiamano a guerre e ad armamenti, quindi vuol dire che siamo migliorati”.
Nella partita del quattro dicembre ci arrivavate con un punto di vantaggio sulla Lazio in Campionato ora siete a otto. In questa quanto incide il pubblico? Sembra ci siano otto mila biglietti venduti per la Roma.
“Per me conta sempre il prossimo Derby, non quelli precedenti. Se qualcuno vorrà vedere nella partita di domani una curva vuota quella non sarà la nostra, quello è un luogo di riferimento della passione dei nostri tantissimi sportivi. Quella è casa nostra. Quando si pensa a casa nostra si pensa sempre a casa piena. Siamo moltissimi, siamo in continua crescita. Si respira aria giallorossa, che è dipinta. Non è solo annullata. La nostra Curva domani sarà pienissima. Nei tondini del cemento armato scorre il giallo e il rosso. È un luogo che sarà sempre affollatissimo e che noi vedremo sempre pienissimo”.
Oltre a Perrotta dietro a Totti, Nainggolan da trequartista non è la più grande intuizione della sua carriera?
“Perrotta assomigliava molto a Nainggolan. A parte che ora fisicamente è a posto e un tempo lo farebbe ancora. Sono giocatori che hanno tutto, si adattano a far tutto. Quelli partiti dal niente che non hanno bisogno di essere etichettati per ritagliarsi il loro spazio. Mi ricordo la prima volta che incontrai Perrotta a cena e gli chiesi in che ruolo volesse giocare. E lui mi disse che con una squadra dietro avrebbe giocato ovunque, ma che quella non era ancora una squadra. Radja è uguale: basta chiedere, lui codifica e va. Se lo lasci libero, lui va uguale, anche se è in riserva ti dà lo strappo. È facile farmi dei complimenti, non ho questi meriti. È un giocatore forte. Anche davanti alla difesa può raddoppiare la qualità. Lui racchiude la personalizzazione di tanti altri calciatori. È bravo nella rincorsa e nell’arpione che fa a riprendere palla all’avversario. Sono cose che non fanno tutti. Fa dribbling, rincorre gli avversari, toglie loro tempo e spazio delle giocate. È un animale raro. Non ho nessun merito”.
La squadra non corre il rischio di diventare troppo dipendente dalle caratteristiche di Nainggolan?
“No perché la squadra è forte. Quando si parla di maturità vuol dire che siamo cresciuti nelle qualità complessive dei calciatori. Ci sono anche delle partite in cui lui non ha giocato, ho scelto altri e la squadra ha vinto lo stesso. Sennò si torna a fare gli stessi errori fatti fino a questo momento qui. Secondo me la Roma non è un calciatore solo, ma una squadra, una società, un insieme di impegno e professionalità che ti porta al confronto con un’altra grandissima società. È una squadra la Roma. Radja ha detto a fine partita che lui fa quelle cose grazie al supporto dei compagni. Sta lì lo svolgimento delle cose. Probabilmente essendo una squadra che ora ha questo equilibrio lui riesce a metterci qualcosa in più. Altrimenti non potrebbe riuscire a dare questo equilibrio esclusivo e fondamentale. Il ragionamento però è quello lì. Noi abbiamo bisogno di tanti calciatori forti. Uno solo non può mai far vincere una squadra. Ora bisognerebbe trovare la parola giusta. Però il potere assoluto toglie qualsiasi voglia di cercare soluzioni. La crescita generale è fondamentale per poter diventare una squadra forte”.
De Rossi potrebbe riposare o forse è un giocatore troppo importante per un derby?
“Io capisco la domanda sulla formazione, ma capite anche me alla vigilia di un derby e diventa difficile parlarne. Devo rivedere i ragazzi in allenamento. Qualcuno ha giocato novanta minuti giovedì e novanta minuti domenica. De Rossi l’ho fatto giocare giovedì proprio per dare senso a una partita importante, è uno dei capitani. Si sta sempre attenti alla composizione della squadra. L’importanza è vedere come sta un giocatore che sta in campo: vedendo la botta che ha preso come si sta evolvendo. Non posso dirti se giocherà o meno”.
Si tornerà a giocare in notturna e con l’abbassamento le barriere, è un esame che deve superare l’Olimpico o è fiducioso in questo senso?
“Io sono sempre fiducioso, è un’occasione importante. Secondo me quando ci sono due pensieri totalmente diversi il punto di incontro sta sempre a metà. È difficile che uno sia nelle condizioni di poterti concedere tutta la ragione. Dobbiamo fare il nostro ruolo. Portare avanti il nostro obiettivo: vivere queste serate di sport. Noi tutti dobbiamo avere questo come punto più alto della nostra carriera. In notturna per me è più bello, c’è più atmosfera. Mi è capitato andare in giro per il mondo e ho visto che le partite più belle sono in notturna. Ci danno un’occasione, il punto di incontro sta a metà e dobbiamo andare verso quel punto di incontro. Io andrei a vederla la partita domani, raccontando le cose belle a mia figlia nel percorso di strada per tornare a casa”.