La Roma ha dato il benservito a uno dei più grandi allenatori del Calcio di tutti i tempi. Ma il suo astro era profondamente in discesa e inadatto a lavorare in un contesto tecnico di una squadra non multimilionaria per le personalità espresse in campo. Mourinho era in declino prima di arrivare alla Roma altrimenti non avrebbe accettato l’incarico per una squadra che non gioca competitivamente ai massimi livelli in tutti i fronti, nazionali e internazionali.
E proprio parlando di Internazionale dove aveva guadagnato i grandi favori e interessi nazionali a nessuno era mai andato giù il modo di andarsene, appena vinto il Triplete. Quasi che qualcuno gli chiedesse di dimostrare, ora, il suo valore. Al di là della squadra di campioni che gli aveva messo in mano Massimo Moratti e si era dimostrata già vincente a livello nazionale.
A Roma non avrebbe potuto lontanamente replicare neanche l’ombra di performance di questo tipo, ma non perché l’organico a disposizione era di proporzioni assai più modeste. Ma proprio perché andava scemando la sua carica di motivatore nei confronti di questi ragazzi milionari, viziati e distratti da mille attrattive messe a loro disposizione anche con la malizia degli avversari.
Mourinho aveva la tempra di comportarsi come un padre, a volte duro, inflessibile, altre volte magnanimo. Sta di fatto che chiedeva e otteneva il massimo dai suoi ragazzi. Alla dirigenza della sua squadra chiedeva potere assoluto. E questo arriva fin quando arrivano i risultati. Quando latitano, chiunque sia la compagine, l’allenatore fa gli scatoloni e se ne va.
Ma la responsabilità più grave del Big One è quella di non aver dato un gioco a questa Roma. Va bene le condizioni tecniche più modeste delle prime in classifica. Ma non è possibile non riuscire a gestire l’unico vero talento come Dybala confermando quanto già si sapeva di lui: fragile e discontinuo in campo. Dal binomio con il Mou i più ottimisti si aspettavano il miracolo. Non è avvenuto.
Le sconfitte con la Lazio e col Milan hanno fatto il resto. Col sospetto di essersi fatto espellere dal campo nell’ultima per non caricarsi di troppe responsabilità in caso di sconfitta, quasi certa. Troppi calcoli, troppe furbizie, troppe strizzatine al pubblico romanista che finora aveva sempre salutato tributandogli il rispetto e la stima che merita. Ma più di tanto non si va.
Mourinho è un grande ma Roma lo è di più.