La didattica a distanza o, per gli anglofoni, lo ‘smartworking’ ha reso il nostro Paese “spaesato”, come evidenzia Dacia Maraini nel suo ultimo libro: ‘La scuola ci salverà’ (Solferino editore di Rcs Media Group).
Editorialista del ‘Corriere della sera’, autrice di romanzi, racconti, opere teatrali, poesie e saggi tradotti in oltre venti Paesi del mondo, Dacia Maraini ha vinto, nel 1990, il Premio Campiello con ‘La lunga vita di Marianna Ucrìa’ e, nel 1999, il Premio Strega con ‘Buio’, romanzi editi entrambi da Rizzoli. Il suo ultimo romanzo è ‘Trio’, sempre edito da Rizzoli nel 2020.
Abbiamo voluto incontrarla, per riflettere insieme a lei sul mondo della scuola italiana e capire dove sta andando.
Dacia Maraini, è opinione comune pensare che il Covid 19 abbia stravolto anche il mondo della scuola: secondo lei, come si potrà rimediare a questa sconfitta dei metodi di insegnamento?
”Si può rimediare prendendo il dramma come punto di ripartenza, come un’occasione per rivedere e rimediare ad alcuni errori che si trascinano da anni”.
Questo suo nuovo lavoro, intitolato ‘La scuola ci salverà’, può essere considerato un vademecum per gli insegnanti?
”Non sono così presuntuosa da pensarlo: se induco chi mi legge a riflettere sui temi che tratto, sono contenta”.
Lei è spesso in dialogo con gli studenti: quali sono le curiosità ricorrenti dei giovani di oggi?
”Molti chiedono come si cominci un libro; perché si sceglie un soggetto piuttosto che un altro; cosa spinge a indagare su un periodo della Storia o della propria vita privata; o anche quanto spazio hanno le proprie esperienze su ciò che si racconta degli altri”.
Fosco Maraini, Yuki con il cagnolino, Toni, Dacia e Topazia Alliata di Salaparuta
Quali sono i suoi ricordi tra i banchi di scuola?
”Ho avuto, come tutti, alcuni professori straordinari e altri perfettamente inutili, non motivati. Purtroppo, non sono stata fortunata con i professori di italiano. Uno mi rimproverò perfino di leggere troppi libri… Ho imparato molto da un professore di filosofia che mi ha insegnato a farmi domande sulle cose che sembrano più ovvie, mentre invece non lo sono. E anche un professore di matematica che mi ha fatto amare la sua materia per me, allora, incomprensibile, facendomi capire quanto la matematica sia debitrice a una funzione fondamentale per la nostra mente: la logica. E anche quanto sia vicina alla musica”.
Come sarà, secondo lei, la scuola del futuro? E che cos’è, per lei, il futuro?
”La scuola del futuro dovrà fare i conti con la tecnologia, cercando di non farsi fagocitare o diventarne schiava. Dovrà imparare a governare le grandi possibilità dello sviluppo tecnologico e utilizzarlo per uno scopo che abbia come centro l’uomo, non delle astratte teorie. La tecnologia senza la ragione, senza il rispetto per l’altro, senza la consapevolezza comunitaria e il senso del benessere collettivo, porta solamente a disastri”.
Il concetto di meritocrazia è ancora valido?
”Più che mai. Ma la meritocrazia, fondamentale per lo sviluppo di una società, non deve trascurare la cura per i più deboli, i più trascurati. Le due cose non possono entrare in conflitto. Non va bene una scuola fatta solo di geni da una parte e asini dall’altra: bisogna sostenere i geni e, nello stesso tempo, aiutare chi non ce la fa, tirando fuori il meglio che ciascuno porta in sé. La maieutica andrebbe praticata di più. Ma comporta fatica e generosità e non tutti sono disponibili. Però, devo anche dire che la narrazione attuale sulla scuola è ingenerosa: è vero che ci sono tante cose che non funzionano, ma c’è anche una rete molto ampia di insegnanti che lavora sul serio, nonostante la disgregazione della scuola. Insegnanti che subito vengono premiati dagli studenti, i quali rispondono con entusiasmo. Purtroppo, i media sono portati a mettere in evidenza i peggiori, i più chiassosi, perché è più facile fare moralismo e scandalizzarsi delle notizie drammatiche. Ma la ‘maggioranza silenziosa’, secondo me, è quella che studia, lavora, dà e cresce. Non è un caso che la maggioranza degli italiani che emigrano dopo gli studi – e sono tanti – vengano subito presi in posti di responsabilità, sia nel campo scientifico, sia umanistico. Segno che la nostra scuola non è quel disastro di cui si racconta”.
Alberto Moravia e Dacia Maraini a teatro
A scuola si parla di integrazione, ma sono sempre più frequenti le discriminazioni e gli atti di bullismo e i docenti spesso si ritrovano isolati nell’affrontare il problema: cosa servirebbe per sostenerli in questo difficile impegno educativo?
”La scuola deve tornare a diventare il ‘motore’ di un Paese, il progetto su cui si punta e si investe. Non solo investimenti economici, certamente importanti, come le ‘aule-pollaio’ che si giustificano con la mancanza di spazio e di insegnanti attivi. ma anche simbolici, affettivi, culturali. Nelle ultime riforme si è ipotizzata una ‘scuola-azienda’ e questo ha certamente contribuito ad abbassare ulteriormente il livello dell’insegnamento. La scuola non è una azienda, non deve produrre, ma formare: due cose molto diverse fra loro”.
Possiamo chiederle una riflessione sul discusso Ddl Zan?
”Non capisco niente di leggi, né di strategia politica. Per me, una legge che riconosce la specificità di una violenza contro chi fa scelte sessuali fuori dalla norma, è una buona legge e andrebbe votata. Il fatto che la destra sia contraria, mi fa pensare che sia una legge avanti nel tempo. Ma chi si attacca al passato per paura del presente, chi ha paura di tutto quello che cambia nella valutazione dei nuovi valori, non può che fermare lo sviluppo culturale e sociale di un intero Paese”.
La quarta di copertina di ‘La scuola ci salverà’, (Solferino editore di Rcs Media Group, Milano) riporta un incisivo pensiero di Dacia Maraini: “Gli insegnanti lavorano col futuro e il futuro è misterioso, a volte buio come le notti senza luna. Ma chi crede nel futuro è capace di attendere che dietro quelle nuvole rispunti la luce, ed è quello di cui ha bisogno la scuola in questo momento”.
(Prima pubblicazione: Periodico Italiano Magazine.it)
Giuseppe Lorin