Il 5 novembre 1975 si svolsero i funerali di Pier Paolo Pasolini ed in quell’occasione Alberto Moravia, scrisse un’orazione in ricordo del poeta, che venne assassinato tre giorni prima. Ci piace ricordare così, col contributo di un altro importante scrittore quel vero e proprio genio letterario novecentesco, che fu Pier Paolo Pasolini. Ecco il testo dell’orazione di Alberto Moravia, ai funerali di Pasolini, il 5 novembre 1975:
“Abbiamo perso prima di tutto un poeta. E poeti non ce ne sono tanti nel mondo, ne nascono tre o quattro soltanto in un secolo. Poi abbiamo perduto anche il simile. Cosa intendo per simile: intendo che lui ha fatto delle cose, si è allineato nella nostra cultura, accanto ai nostri maggiori scrittori, ai nostri maggiori registi. In questo era simile, cioè era un elemento prezioso di qualsiasi società. Qualsiasi società sarebbe stata contenta di avere Pasolini tra le sue file. Abbiamo perso prima di tutto un poeta. E poeti non ce ne sono tanti nel mondo, ne nascono tre o quattro soltanto in un secolo. Quando sarà finito questo secolo, Pasolini sarà tra i pochissimi che conteranno come poeta. Il poeta dovrebbe esser sacro. Poi abbiamo perduto anche un romanziere. Il romanziere delle borgate, il romanziere dei ragazzi di vita, della vita violenta. Un romanziere che aveva scritto due romanzi anch’essi esemplari, nei quali, accanto a un’osservazione molto realistica, c’erano delle soluzioni linguistiche, delle soluzioni, diciamo così, tra il dialetto e la lingua italiana che erano anch’esse stranamente nuove. Poi abbiamo perso un regista che tutti conoscono, no? Pasolini fu la lezione dei giapponesi, fu la lezione del cinema migliore europeo. Ha fatto poi una serie di film alcuni dei quali sono così ispirati a quel suo realismo che io chiamo romanico, cioè un realismo arcaico, un realismo gentile e al tempo stesso misterioso. Altri ispirati ai miti, il mito di Edipo per esempio. Poi ancora al grande suo mito, il mito del sottoproletariato, il quale era portatore, secondo Pasolini, e questo l’ha spiegato in tutti i suoi film e i suoi romanzi, era portatore di una umiltà che potrebbe riportare a una palingenesi del mondo. Questo mito lui l’ha illustrato anche per esempio nell’ultimo film, che si chiama Il fiore delle Mille e una notte. Lì si vede come questo schema del sottoproletariato, questo schema dell’umiltà dei poveri, Pasolini l’aveva esteso in fondo a tutto il Terzo Mondo e alla cultura del Terzo Mondo. Infine, abbiamo perduto un saggista. Vorrei dire due parole particolari su questo saggista. Ora il saggista era anche quello una nuova attività, e a cosa corrispondeva questa nuova attività? Corrispondeva al suo interesse civico e qui si viene a un altro aspetto di Pasolini. Benché fosse uno scrittore con dei fermenti decadentistici, benché fosse estremamente raffinato e manieristico, tuttavia aveva un’attenzione per i problemi sociali del suo paese, per lo sviluppo di questo paese. Un’attenzione diciamolo pure patriottica che pochi hanno avuto. Tutto questo l’Italia l’ha perduto, ha perduto un uomo prezioso che era nel fiore degli anni. Ora io dico: quest’immagine che mi perseguita, di Pasolini che fugge a piedi, è inseguito da qualche cosa che non ha volto e che è quello che l’ha ucciso, è un’immagine emblematica di questo Paese. Cioè un’immagine che deve spingerci a migliorare questo Paese come Pasolini stesso avrebbe voluto.”
Crediamo che non vi possano essere parole migliori per descrivere la perdita culturale, che la morte tragica e precoce di Pier Paolo Pasolini, ha rappresentato per l’Italia, che si è vista privata anzitempo, prima di tutto, appunto di un poeta. Ma perchè Moravia, nella sua orazione funebre, mise in evidenza tra le tante e poliedriche attività di Pasolini, proprio la poesia? Non solo perchè come lo stesso Moravia sottolinea, di “poeti non ce ne sono tanti nel mondo, ne nascono tre o quattro soltanto in un secolo” ma anche perchè, a nostro avviso, la poesia, è l’unica forma letteraria che celebra davvero la vita, senza gli infingimenti della narrativa, o gli aggiustamenti, imposti dal politicamente corretto di turno, della saggistica. Non a caso l’eterno Dante Alighieri, considerato il padre della letteratura italiana, compose in poesia, la sua Commedia, che rappresenta uno spaccato della vita sociale e politica del suo tempo, che altrimenti non sarebbe stato possibile tramandare ai posteri, senza imbattersi nella censura dei poteri forti di allora. La poesia dunque, è la cosa che ci mancherà soprattutto di Pier Paolo Pasolini, aldilà di ogni considerazione sulla sua figura, controversa in vita come nella morte, ma per certi aspetti, sempre attuale, come per ogni genio che si rispetti e siamo contenti che pian piano, le polemiche sterili e spesso di parte, su certi personaggi che hanno fatto la storia della cultura italiana, vanno ad affievolirsi sempre più. Sinceramente, infatti, poco c’importa del Pasolini uomo e delle sue scelte politiche o di genere, che furono sue e tali devono restare e molto c’interessa invece della sua arte poetica, che ha contribuito alla grandezza culturale del nostro Paese. Forse, infatti di cultura non si vive, come disse stoltamente qualche anno fa un personaggio politico che non nominiamo, perchè in fondo neanche ci ricordiamo chi fosse, ma certamente la cultura ci rende immortali, come il già citato Dante ed appunto Pier Paolo Pasolini, dei quali non a caso, siamo ancora a scrivere e che tutto il mondo ci invidia. Lunga vita dunque alla Poesia ed a Pier Paolo Pasolini, ovunque egli, ora sia!
Luca Monti
Nella foto di copertina e a corredo dell’articolo “Per Pasolini.” Murale di Ernest Pignon-Ernest