“Per sette lunghi anni ho portato intimamente questa indescrivibile sofferenza. Fin quando ci si trova in questo stato d’inconsapevolezza ci si lascia trasportare dagli eventi; ma quando ci si rende conto che il rifiuto del cibo potrebbe essere un vero problema, è proprio lì che inizia il viaggio alla scoperta di se stessi.”
Il drammatico passato di Imma Venturo comincia con queste righe nella sua testimonianza intitolata Saziare la bulimia, FdBooks edizioni. L’autrice ci racconta in forma di diario il suo percorso nella lotta contro la bulimia, quel disturbo del comportamento alimentare che oggigiorno colpisce più persone di quante possiamo immaginare. Tra queste pagine apprendiamo le varie fasi del suo recupero nel 2002 – quando entrò in un centro per la cura dei disturbi alimentari – tra speranze, amicizie, dolori e amori, nonché un burrascoso rapporto con la madre.
“Sono sempre alla ricerca della felicità, ma ogni giorno mi rendo conto che forse non esiste. Ma che cos’è la felicità?”
Un altro messaggio fondamentale, per quanto possa apparire banale o scontato. Non è un mistero infatti che a comprendere la felicità o ad assaporare meglio la vita siano quelli che la vedono messa a repentaglio da un disturbo fisico. Quando i problemi che ci affliggono sono conti da pagare o i rapporti con il prossimo, infatti, tendiamo a dimenticare quanto siamo fortunati se godiamo di ottima salute o se il sole splende sulle nostre teste. Saziare la bulimia ci insegna dunque a dare più valore alla propria vita, e di non rinnegare quello che ci concede.
Attraverso uno stile semplice ma accurato, l’autrice riporta in poche pagine un’esperienza estremamente delicata e triste, riuscendo a cogliere le sfumature e le sensazioni che imprime questa orribile malattia nelle proprie vittime. Si evince soprattutto la forza di raccontare l’esperienza allo scopo di aiutare qualcuno che verrà; perché altri che stiano vivendo un’esperienza simile leggano tale testimonianza e li aiuti a stare meglio.
Come nasce quest’opera letteraria?
Quest’opera letteraria in realtà è il diario personale del mio percorso di cura. All’inizio voleva essere solo un modo per mettere nero su bianco i miei stati d’ animo, in un periodo in cui pensavo che la mia vita non avesse più un senso.L ho scritto per tutta la durata del percorso , all’incirca un anno dal dicembre del 2001 al dicembre del 2002. Sono stata ricoverata in un dca a Potenza. Considerato nel corso degli anni ho avuto varie ricadute, affrontato altri percorsi terapeutici, alla fine di febbraio di questo anno ho deciso di voler star bene, e ho ripreso in mano la mia vita e il mio diario, decidendo di volerne fare un libro, non con l idea che sarei riuscita a pubblicarlo, ma solo rilegarlo e regalarlo ai miei cari..e invece siamo qua.
Quale messaggio vuoi trasmettere?
Il messaggio che vorrei trasmettere è che i dca sono delle malattie subdole, che entrano silenziosamente e in punta di piedi nella tua vita e senza neanche accorgertene ci sei dentro.I motivi sono vari ma secondo il mio punto di vista il rapporto con la madre e le violenze (e non parlo solo di quelle fisiche),sono i motivi principali.Non sentirti sola non lo sei, non vergognarti delle tue pippe mentali, ma soprattutto chiedi aiuto.
Leggi il mio libro perché…
Così non ti sentirai solo/a
Per aiutarmi a portare avanti il mio progetto
Perché sono vera e cruda
Perché tra queste righe potresti trovare un aiuto per il tuo problema
I progetti futuri? Sensibilizzazione e diffusione
Vorrei andare nelle scuole terze medie e superiori, associazioni, e parlare ai giovani e aiutare chi tra il pubblico avrà coraggio di dirlo. Scovare i siti pro ana/mia e distruggerli.. Spero che queste prime iniziative di smuovere le acque. Poi infine non so quando ma una sorta di proseguo di questo libro. Carol Gabriella Maritato
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