La mostra “Come un cane ballerino” di Natacha Lesueur, sarà presentata il 13 ottobre 2021 dall’Accademia di Francia a Roma di Villa Medici, che rende omaggio al lavoro svolto per quasi 30 anni dall’artista ed ex borsista di Villa Medici. L’opera di Natacha Lesueur è essenzialmente fotografica. I suoi interessi artistici si articolano intorno al corpo, all’apparenza, all’aspetto e all’intima relazione tra il corpo e la sua interiorità. Attraverso una serie di immagini costruite come quadri, il corpo è sottoposto a diversi trattamenti che rilevano al tempo stesso la costrizione, la messa in scena e la maschera.
Curata da Christian Bernard, la mostra si sviluppa in forma di narrazione visiva e tematica che riunisce più di 80 opere dell’artista, sia storiche che inedite, offrendo uno sguardo intimo sul suo lavoro intorno all’immagine a ai suoi intenti plastici e politici. La dimensione ironica del titolo preso in prestito dal libro di Virginia Woolf “Una stanza tutta per sè” esprime a pieno la sua consapevolezza di donna artista e dà il tono di un’esposizione dove l’incongruo e lo stravagante sono trattati con la massima serietà.
Dai primi lavori storici (1993-1998), alla recentissima serie delle fate-spose, passando per le opere dedicate all’attrice brasiliana Carmen Miranda, figura leggendaria del cinema hollywoodiano degli anni 40, le rappresentazioni del femminile, spesso inquietanti, sempre ambigue. Attraverso interventi sui marcatori d’identità distintivi, buste di capelli e abbigliamento, veicoli e simboli delle mascherate della femminilità, attraverso l’esplorazione di ruoli attribuiti e modelli normativi – sposa, madre, principessa, attrice, ballerina, ecc. – attraverso la sovversione delle imposizioni alla bellezza, alla giovinezza o alla magrezza, Natacha Lesueur cerca di rivelare, non senza umorismo, le manifestazioni dell’espressione di una costrizione sociale e culturale. Acconciature soffocanti, capelli accessoriati, make-up XXL e posticce di cibo sono tutti enigmi ricorrenti nei quadri narrativi esposti a Villa Medici.
di Marcello Strano