Sulla ricerca pittorica di Mario Verolini hanno scritto grandi firme dell’arte. Nota è la sua incidenza nel panorama artistico, soprattutto romano. Cimentarsi in una presentazione che riassuma la sua carriera o che delinei in modo innovativo la sua figura è un tentativo quanto mai azzardato. Mi avvicino quindi al suo lavoro con pacata delicatezza e con grande ammirazione, anzitutto perché la sua pittura immaginifica, sulfurea e sfumata non cede, e in tutti questi anni non ha mai ceduto, al compromesso di un fatuo linguaggio artistico contemporaneo. Mediante la tecnica “irrimediabile” dell’acquerello Verolini compie un’indagine poetica nel tema del paesaggio, sempre meditato come immagine intima. Sono quasi dei tableau che si esprimono in una dimensione inedita del nostro tempo, ma che al contempo si rifanno alla pittura del passato, soprattutto l’800 inglese di Turner o di Constable. La luce che emanano tuttavia, in particolare nella serie che presento per la mostra “Resurrezione della forma” non nasce sempre dal colore. Più spesso proviene dall’uso sapiente delle chine monocrome, del bianco e del nero, o abbracciando la scelta di una riduzione cromatica, nelle infinite sfumature del rosso. Le pennellate sottili e pregne, scalfiscono i contorni delle cose, lasciando a volte parlare il bianco del supporto, come in un groviglio di nubi nel vento. Altre volte invece, affondano nel nero pece, una sfumatura potente che predispone nei paesaggi le ombre o una vegetazione più fitta. E qui a parlare sono le curve, le rientranze, l’andirivieni del paesaggio inquadrato meticolosamente. L’indagine non si limita alla ricerca di una pittura “vaporosa”, a volte è nitida e cristallina, e qui con la netta definizione delle linee, dei contorni che si fanno meno sfumati, più perentori.
Sono tutte scelte accurate che arrivano anche dalla maestria dell’insegnamento. È infatti docente e maestro nel suo atelier dove accoglie con amore del fare gli allievi più sensibili ad imparare tecniche artistiche e di espressione. Lasciarsi incantare dalla pittura di Verolini non è solo semplice per l’effetto diluito che ne deriva, ma anche ricercato per lo sguardo che occorre affinare, come lui stesso insegna.
Paola Valori
Note biografiche – Mario Verolini è nato il 2 ottobre 1946 a San Benedetto del Tronto, nella provincia di Ascoli Piceno. Compiuti gli studi liceali nella cittadina d’origine, si è trasferito a Roma, dove tuttora vive e lavora, per studiare alla Facoltà di Architettura dell’Università La Sapienza. Si è perciò formato, fra gli altri, con Renato Bonelli, Maurizio Calvesi, Bruno Zevi. Contemporaneamente ha frequentato per un anno il Corso di Pittura tenuto da Renato Guttuso all’Accademia di Belle Arti di Roma con l’assistenza di Piero Guccione. Nel corso degli anni Settanta visita musei e gallerie d’Europa (Italia,Francia, Svizzera, Austria, Germania, Belgio, Olanda, Inghilterra). Compie uno studio pluriennale formativo sulle opere di Jung e, in riferimento all’opera d’arte, Heidegger. Nell’inverno 1985-86 è a New York. Nella prima esposizione personale alla Galleria Godel, Roma nel 1976, propone il frutto del personale dialogo fra astrazione informale e riconoscibilità delle forme naturali che, nella personale del 1985 alla Galleria Artivisive si precisa sin dal titolo: “Natura naturans”, la natura che diviene natura. Si susseguono da quel momento verifiche del lavoro tese ad un approfondimento del tema della natura in esposizioni personali (Roma 1988; Ascoli Piceno 1990; Ancona 1992; Sanguigne, Ascoli 2004) e collettive (Arte Roma 1992; Attualissima, Firenze 1994; Galleria L’Isola Roma e Trento 1995 e 1996; Recanati 1998; Viterbo 2003; Istituto Italiano di Cultura Dublino 2005; Istituto Italiano di Cultura Budapest, 2006) per dire solo di alcune, fino alla personale del 2007 nelle sale del Vittoriano di Roma con quaranta opere, cui fanno seguito collettive a Roma, Catania, S.Antioco, Spoleto Festival. Nel corso del lavoro emerge anche il tema della figura, tuttora in elaborazione in opere di complesso impegno tematico e compositivo. Sue opere sono presenti in collezioni private nazionali e internazionali e in musei d’arte moderna. E’ docente presso il suo atelier, dove segue gli allievi cercando di fornire loro gli strumenti espressivi, dal colore alla luce. E’ autore del libro “Quaderno di Cupra” con riflessioni sull’arte e la pittura.