Nel contesto della grazia femminile, alcuni dettagli dell’abbigliamento trascendono l’epoca a cui la moda si riferisce, incanalando una percezione estetica più profonda. Un esempio eloquente di questo fenomeno si riscontra nell’arte figurativa quando un elemento dell’abbigliamento contribuisce magnificamente all’espressione complessiva della presenza femminile.
Un incontro casuale – Entrando in un bar lungo viale Marx in Roma Est, si possono notare alcuni quadri esposti, caratterizzati da uno stile prevalentemente “verista”, con tocchi occasionali di arte contemporanea. Uno di questi sembra richiamare il soggetto in primo piano del “Bar delle Folies Berger” di Edoard Manet. Si tratta della proprietaria del locale di Roma, ritratta in un abbigliamento simile a quello della protagonista del quadro di Manet che ha suscitato osservazioni tra i clienti, riguardo alla semiotica dei tratti e alla cromia delle forme, seguendo lo stile del celebre pittore. La conversazione ha toccato la sensibile eredità lasciata da Manet nella sua breve vita permeata da numerosi dubbi ancora irrisolti. L’ accostamento tra i due quadri ha così dato spunto ad analizzare più approfonditamente il significato recondito del “Bar delle Filies Bergèure”, realizzato tra il 1881 e il 1882 e conservato alla Courtauld Gallery di Londra.
Stili pittorici – Manet, oscillante tra l’impressionismo e il precedente verismo, in questa opera dipinge una realtà ponderata, ritraendo un istante all’interno del Bar delle Folies Bergère, frequentate all’epoca dalla borghesia in cerca di facile compagnia femminile. La cameriera, con un’espressione tra l’annoiato e il rassegnato, è rappresentata dietro al bancone, circondata da stoviglie, bottiglie di liquori e frutta. Gli elementi più intriganti dal punto di vista semiotico sono i due ampi reversi celestini della giacca blu che spiccano sul vestito della donna in primo piano.
Stili esistenziali – Si tratta della penultima opera di questo pittore che muore nel 1884, a causa delle complicazioni di un’ulcera su una gamba. In effetti Manet muore a cinquant’anni, come in contrapposizione alla lunga vita del suo quasi omonimo amico Claude Monet, rivale in arte. Sembra che lo stesso destino che aveva concesso a Manet di esprimere una serie di capolavori, debba porre fine alla sua vita a causa delle conseguenze di una malattia cronicizzata e all’ epoca incurabile. Ad una più attenta osservazione dei quadri realizzati, si può cogliere qualcosa di più. Infatti la scelta dei soggetti dipinti, stante anche alle di lui indipendenza economica, è stata determinata dalla preferenza più rispondente al tenore della propria vita. L’ambiente frequentato così come risulta dalle molteplici opere, è soprattutto quello del piacere, dello svago, della compagnia femminile, delle notti folli tipiche degli artisti dell’epoca che trovavano espirazione dall’alcol in generale e dall’assenzio in particolare. Insomma una vita stravagante, che senza ristrettezze economiche dava a lui la possibilità di ottenere ciò che all’epoca era abbastanza facile con l’estro pittorico e soprattutto con la disponibilità di denaro. Ecco che allora il tormento della malattia che non era un’ulcera mal curata cui si diceva, ma una patologia ben più grave e dolorosa alleviata probabilmente dall’uso di alcolici e in particolare di assenzio. Pur non essendo un bevitore di assenzio come alcuni dei suoi colleghi, Manet potrebbe aver subito l’influenza tossica di questa sostanza alcolica attraverso le suggestioni degli amici pittori. Le ipotesi in questo campo offrono una spiegazione plausibile, poiché la malattia, potrebbe averlo spinto a cercare nell’ antidolorifico assenzio anche la cosiddetta “ebbrezza lucida” per la creazione artistica.
Irrealtà prospettiche – Nell’osservare attentamente il quadro di cui trattasi, dal punto di vista prospettico, emergono incongruenze apparentemente inconciliabili; incongruenze che un pittore di levatura come Manet difficilmente commetterebbe involontariamente. Egli ha, piuttosto, adottato un approccio quasi metafisico per conferire al primo piano dei personaggi e agli oggetti circostanti una dislocazione nello spazio che rispecchia il loro valore simbolico all’interno della composizione. Inizialmente, si nota che la cameriera si trova dietro al bancone, mentre sulla parete dietro di lei si erge una grande specchiera che riflette l’affollamento del salone, tipico di un locale frequentato dalla borghesia maschile, come il bar delle Folies Berger, ben conosciuto anche dallo stesso Manet. La riflessione dell’immagine della ragazza appare sullo specchio vicino, ma l’angolo prospettico del dipinto non dovrebbe consentire la riflessione della schiena come dipinta da Manet. Questa è una licenza pittorica che, tuttavia, si distingue per la sua discordanza con la realtà quotidiana.
Il distinto signore – Lo stesso paradosso prospettico si applica alla figura retrostante alla cameriera: il distinto signore di una certa età con un cappello a cilindro che sembra conversare con la donna. La prima stranezza di questo personaggio, consiste nella rappresentazione angolare. L’immagine dal punto di osservazione, non potrebbe essere riflessa dallo specchio nel quadro. La seconda stranezza è la maggiore grandezza spaziale rispetto alle altre figure più vicine. Il simbolismo emergente suggerisce che Manet non sia ignaro di queste incongruenze apparentemente banali, ma piuttosto un artista ispirato da un sortilegio cronico di grandezza creativa, capace di distorcere la realtà; questo anche attraverso il personaggio del quadro ingrandito in proporzione alla sua maggiore distanza dal punto di osservazione rappresentante se stesso: soggetto e oggetto di auto creazione.
L’ immedesimazione – Anche qui come spesso avviene, sia nell’arte, sia nella letteratura, i personaggi rappresentati esprimono molto frequentemente un’autocelebrazione raffigurando in questi le presunte virtù del proprio io. Ecco che il delirio di grandezza tipico dell’intossicazione cronica dell’assenzio non esclude una composizione così creativa da rivelare attraverso l’incongruenza della realtà dipinta, una sorta di preludio alla apoteosi di questo grande artista. È così che il quadro delle Folies Bergère manifesta una sorta di doppio significato: il primo è quello del suo classico stile “verista” a cui malgrado il subentrato stile impressionista nella pittura dei suoi contemporanei amici e colleghi , non si è mai voluto allontanare; il secondo è quella della surrealtà creativa dell’arte che Manet ha inteso intenzionalmente rappresentare con la semiotica di questa opera d’arte nella quale si riescono a cogliere i suoi ultimi fatali passi sul viale del tramonto.