Con “Nostra Signora della Santa Morte” il Signor Lacanfora ha creato un romanzo enigmatico e limpido, i cui significati non si consumano in un’unica lettura ma rinascono di volta in volta con nuova attualità. Un romanzo che avvince e sgomenta, ipnotizza e provoca, un romanzo insieme luminoso e tenebroso, il cui nucleo è la passione e il mistero che ogni essere umano porta in sè. La vicenda tratta di realtà ma anche di magia, di un patto con la Santa Vergine ma anche col demonio, di una rapina a mano armata, di una tragedia d’amore e di un’impresa avventurosa svolta in tempi e in un villaggio immaginario situato nel cuore del deserto messicano, conclusa con la salvezza finale del protagonista, concessa da poteri celesti. La vicenda ha insomma i caratteri della leggenda e del mito, ma anche quelli della cronaca più nera.
Signor Dino Lacanfora, la storia del romanzo si svolge in un villaggio di sua invenzione?
Signor Dino Lacanfora:Esatto. Il suo nome è Toro Bravo e si trova nella Zona del Silenzio in Messico, uno dei posti più misteriosi al mondo, insieme al Triangolo delle Bermuda. Il villaggio da me descritto è una sorta di falso paradiso che cela un inferno sotterraneo. Dietro ogni abitante del villaggio si nasconde infatti un criminale impunito. Con un realismo fantastico ho cercato di descrivere il quotidiano di queste persone ponendole poi oltre il limite, come se conducessi un esperimento psicologico. Questi personaggi si comportano apparentemente come abitualmente ci si dovrebbe comportare in una società ‘civile’, e il più
delle volte lo fanno in maniera quasi perfetta. Ma la loro vera condotta è invece caratterizzata da situazioni al limite tenute ben nascoste, fino a che il loro vero pensiero-desiderio-demoniaco si concretizza in azione.
Così il villaggio sembra quasi essere contaminato e nutrito da questa forza malefica e diventa pian piano una sorta di creatura vivente, un villaggio-demone, in grado di manipolare i suoi abitanti. Il suo demonio infatti finisce con l’insediarsi in questi uomini e li guida e li conduce ad atti dissennati. Immette in loro questa infezione, e nei cittadini il demonio perde ogni freno.
Il protagonista del suo romanzo, Carlito Esquelito, compie una rapina a mano armata in una banca e poi si mette in fuga su un maggiolone rubato, questo per riuscire a realizzare un grande progetto con la refurtiva del colpo. C’è un legame tra il signor Lacanfora e Carlito?
Signor Dino Lacanfora:Carlito Esquelito, protagonista di questa storia, è un eroe molto importante per me, personalmente importante. Lui rispecchia in pieno una parte di me, così come molte persone, forse quelle più vicine a me nell’intimo, si rispecchiano in lui. Le persone a noi interiormente vicine credo che in qualche modo finiscano per diventare parte di noi stessi, della nostra crescita, del nostro sviluppo e della nostra vita spirituale. E comunque, ogni volta che nel romanzo dichiaro guerra a Carlito, è come se andassi contro me stesso così come sono o come non sono, sì, è come se mi trascinassi su un patibolo morale, facendo intraprendere a me stesso la medesima strada. Anche se, come ho già sottolineato, Carlito è solo in parte l’alter ego dell’autore e andrebbe visto soltanto come un momento di un destino spirituale.
Il testo è anche un viaggio nell’immenso territorio dell’amore e del sesso. Cosa rappresenta la donna di Carlito nella storia?
Signor Dino Lacanfora:La donna del protagonista, Amanda Gaspàcio (una prostituta che lavora nel bordello del villaggio e che Carlito vuole portare via con sé) è essenziale per lui, perché sollecita in qualche modo quelli che sono i suoi sogni, eccita la sua carnalità, incanala il suo amore e gli conferisce un ruolo e una responsabilità. Nonostante il suo mestiere, questa donna affascina Carlito per quella sovrumana capacità di amare che è in grado di sopraffarlo, indipendentemente dal sesso. E’ soprattutto questa donna a far emergere in Carlito l’eroe folle pronto a tutto per realizzare il suo sogno.
La figura di Nostra Signora della Santa Morte è forse legata all’immortalità dell’anima di questa fetta di umanità che lei racconta?
Signor Dino Lacanfora:Sì, ed è la questione che più mi sta a cuore e più mi tormenta: Dio e l’immortalità dell’anima. Quando i protagonisti del romanzo meditano su Dio pregando la Nostra Signora della Santa Morte, e il signor Lacanfora si unisce a loro in queste riflessioni, non si tratta di un astratto interesse teologico. E’ la questione della vita e della morte di tutti, del fine e del senso della vita e della morte di tutti. L’icona della Santa Morte, costantemente presente in tutto il romanzo, silenziosa, come un’ombra che veglia e protegge la sua piccola fetta di umanità, sembra voler porre ai suoi adepti un’eterna domanda: credere nell’immortalità personale, oppure credere nella morsa di un gelido orrore e sprofondare nelle sabbie mobili del male?
Devo ammettere che scrivendo ho cercato in questi uomini un punto di appoggio per il bene e non ne ho trovato uno che desse affidamento. Il Villaggio, creatura quasi infernale, finisce con il liberare questi uomini dalla loro coscienza religiosa per risvegliare inevitabilmente in loro la belva sviluppando in loro il puro gusto di fare il male:
nell’uomo di Nostra Signora della Santa Morte la conoscenza del bene e l’azione cattiva finiscono con il diventare simultanee. Tali sono i personaggi che in quest’opera potrebbero essere quasi il simbolo dell’umanità intera, impastata di bene e soprattutto di male, demoniaca e angelica insieme, destinata alla perdizione e alla salvezza, all’abiezione definitiva nel male e alla redenzione finale nella sofferenza.
Lo stesso vale per il protagonista?
Signor Dino Lacanfora:Per quanto riguarda il protagonista di Nostra Signora della Santa Morte, egli semplicemente non sopporta la propria condizione umana. Carlito sceglie volontariamente di rapinare una banca per dimostrare a se stesso la propria libertà illimitata. Trasgredisce deliberatamente la legge per dimostrare a se stesso di essere al di là del bene e del male, decide deliberatamente di rischiare di uccidere o di essere a sua volta ucciso per dimostrare a se stesso di appartenere a quell’elettissimo numero di esseri eccezionali ai quali tutto è permesso. Ha un cuore grande ma ha lo spirito di un narcotrafficante che aspira a diventare un grande regista del cinema porno. La superbia è il suo peccato più grande. Eppure la personalità non è unitaria, ma divisa in due: da un lato c’è la personalità onesta e buona, in cui il suo io si riconosce o vorrebbe riconoscersi, dall’altro ci sono gli aspetti peggiori del proprio se stesso, che egli tende a non riconoscere in sé. La lotta fra il bene e il male nel suo cuore sembra interminabile.
Il romanzo si conclude con un lieto fine?
Signor Dino Lacanfora:L’itinerario spirituale del Villaggio, inteso come creatura intelligente e autonoma, culmina nella distruzione, più precisamente nella distruzione degli altri e di sé: un terremoto. Questo destino è implicito nel carattere demoniaco della sua forza; ma è contenuto soprattutto
nelle diverse personalità dei suoi abitanti. Quasi tutti gli abitanti, pur nelle loro grandi differenze che li dividono, sono i prototipi dei diavoli, cioè dei distruttori, di coloro in cui il male prende la forma della distruzione. Così questi abitanti-demoni prendono la figura della Creatura-villaggio, una sorta di demone i cui organi, le cui vene, la muscolatura, sono i suoi edifici, le sue strade, il suo terreno. Il villaggio diviene così il grande spirito, lo spirito intelligente e terribile, lo spirito dell’autodistruzione e del non essere. Si assiste in tal modo alla forza del male che in tutta la sua potenza di negazione vuole prendere possesso della personalità dei suoi abitanti e portarli alla completa dissoluzione.
Quando il romanzo arriva al suo culmine sembra di assistere all’Apocalisse: altari scoperti, assassini, suicidi, uccisioni, il villaggio in fiamme, edifici sbriciolati al suolo, la folla in tumulto, un isterismo generale, infernale. Una giustizia divina, istigata proprio dall’azione di quei demoni, fa crollare tutto. Insomma, se il destino del male è costituzionalmente l’autodistruzione e la morte, questo stesso destino del male preparerà l’avvento del bene. Alla fine del romanzo quello che era il male si capovolgerà in bene, la morte diverrà vita, il negativo prenderà i sublimi colori del positivo, la distruzione si muterà miracolosamente in costruzione.
Prendendo il libro tra le mani si ha la sensazione di toccare, guardare, annusare quella che si potrebbe definire una sorta di opera d’arte…
Signor Dino Lacanfora:In effetti è proprio così, l’oggetto libro che abbiamo voluto ottenere è una vera e propria opera d’arte. Questo grazie al lavoro di tre artisti geniali. In copertina c’è una scultura che l’artista Pamela Ranyaart ha realizzato appositamente per il romanzo, sulla quarta di copertina un’opera di Silvio Giordano, e all’interno un’illustrazione di Riccardo Puntillo.
Giuliano Borgna