“Forse non sarebbe successo se avessi avuto la possibilità di dormirci sopra, forse nella vita di ognuno esistono momenti di panico totale in cui non si riesce a trovare nessun lato positivo nella propria vita, ma se si riesce a superare quel momento, si va avanti.”
Daniela Di Benedetto ritorna a conquistarci con Tre gesti di ordinaria follia, triplice vicenda edita da Tabula Fati.
Tre storie ambientate in periodi diversi, accomunati da una tragedia: una morte violenta, improvvisa e angosciante, che lascerà per sempre un vuoto nei personaggi principali. Una ragazza sordomuta cresciuta in campagna, che dopo tanti anni scoprirà la verità sulla morte dei suoi genitori. Una giornalista infatuata di un famoso attore improvvisamente deceduto, impegnata fino in fondo a indagare sui retroscena che ne hanno causato l’apparente suicidio. Un bambino benestante che si sente inutile, un peso, a causa dei genitori che lo trascurano. Vite diverse, storie diverse, episodi diversi. Ciò che li accomuna è l’improvvisa discesa nell’abisso: la fragilità umana, la vita che oggi ci appare oppressa da mille problemi e fa crollare i più deboli – o i più disperati – spingendoli infine a compiere atti orribili in un solo istante.
Quando il troppo stroppia, insomma – anche se agli occhi degli altri sembra andare tutto bene – diventiamo prede della follia in un solo istante.
Un tema già ricorrente nelle opere passate dell’autrice in diverse gradazioni, che ora trova maggior risalto tra questi episodi brevi ma intensi, ben caratterizzati in ogni parte grazie soprattutto ai suoi personaggi con la loro profonda complessità. Tre gesti di ordinaria follia non può mancare nella vostra collezione, se seguite con passione le opere di Daniela Di Benedetto.
Come nasce quest’opera?
E’ una trilogia di romanzi brevi che hanno qualcosa in comune: l’indagine su un presunto raptus. Intendo un gesto che può sembrare assurdo a chi non conosce affatto la psicologia del personaggio, ma il compito dello scrittore è proprio guidare il lettore nei meandri della psiche portandolo a comprendere pienamente il motivo per cui ha agito.
E io ho approfondito l’analisi dei personaggi al massimo. Nel primo racconto, la protagonista è una ragazza sordomuta che, tardivamente educata, conosce le vicende della vita solo in parte e agisce in base alla sua comprensione parziale: quando insegnavo avevo alunni sordomuti e mi ero documentata sul loro modo di percepire le cose. Nel secondo racconto, una giornalista in cerca di scoop vuole dimostrare che un divo del cinema non è morto per un banale incidente ma si è suicidato; la sua indagine la conduce a conoscere i segreti più intimi del divo e sconvolge anche la vita di lei. Nel terzo racconto, due coniugi benestanti credono di aver dato al loro bambino tutto ciò che gli serve per vivere felice, ma scopriranno che non è così.
Quale messaggio trasmette il libro?
Principalmente ci porta a riflettere sulla solitudine di cui siamo tutti vittime. Ognuno di noi può essere convinto di conoscere bene le persone che gli stanno accanto, ma non è così. Il mondo di ognuno è incomprensibile per tutti gli altri. Non a caso, alla fine di ogni racconto, solo il lettore comprende il movente di delitti e suicidi, ma le persone vicine alla vittima non ne capiranno nulla.
Perché dovremmo leggere questo libro?
Perché provoca forti emozioni, come spero che accada in tutte le mie opere. Ha uno stile cinematografico, sembra di vedere e di sentire le scene, anzi devo dire che l’editor ha voluto smussare certi toni violenti che è nella mia natura usare. Chi legge potrà mettersi nei panni di una ragazza che vive in un mondo senza suoni, di un divo costretto a recitare controvoglia, di una giornalista che non riesce ad esser cinica come vorrebbe, e persino nei panni di un bambino ricco che non si sente amato dai suoi genitori. Il volume è consigliato a chi ama il dramma psicologico privo di prolissità.
Progetti futuri?
Tanti. Questo è il mio diciannovesimo libro, il ventesimo è già uscito e tratta la tematica del raptus autentico, quello causato da psicofarmaci. Si intitola” Preludio alla follia.” Se mi chiedete perché insisto su questo argomento, vi rispondo: ma ascoltate i telegiornali? Gesti inconsulti vengono compiuti tutti i giorni da gente insospettabile, ci sarà un motivo!
Il 29 marzo uscirà il ventunesimo libro, vincitore di un concorso per gialli, “ Morte di un angioletto.” Il ventiduesimo era fra i tre finalisti di un prestigioso concorso ma mi è arrivata una lettera che mi comunica l’esclusione a causa dell’errato numero dei caratteri, a quanto pare non ho calcolato gli SPAZI. Con gli spazi ci sono 8000 battute in più di quelle previste dal regolamento. Non ho parole!!! Ma ci saranno tanti altri concorsi da fare. Inoltre scrivo sceneggiature cinematografiche e testi scolastici. L’importante nella vita è fare un lavoro che piace, e questo è il mio.
Tre gesti di ordinaria follia di Daniela di Benedetto merita 5 stelle su 5.