“Padova che nessuno conosce” è il quinto volume che l’autrice padovana Silvia Gorgi, dedica alla sua città, e dopo aver raccontato con i suoi precedenti quattro libri i luoghi meno turistici, le storie poco note, le leggende dal sapore antico, i segreti del suo passato, nonché misteri, stranezze, e curiosità, con questo quinto lavoro presenta Padova attraverso un ruolo che ha avuto nel passato e che oggi non ha più. Quello di Centro culturale, scientifico, d’intellettuali. Questa è la città che ritroverete in Padova che nessuno conosce, pubblicato da Newton Compton editori, e in tutte le librerie.
La città di Padova, nel corso della sua straordinaria storia, tra il XIII e XIV secolo era al centro della produzione letteraria con uno dei capolavori del Medioevo, opera di un padovano, Rolandino. Un secolo in cui, in città, si stava formando un circolo d’intellettuali che darà vita al “preumanesimo”. In questo clima, Albertino Mussato viene coronato “poeta” per la tragedia Ecerinis, in cui Ezzelino III diviene “figlio del demonio”. Un’opera che fa discutere, e che spinge lo stesso Dante a prendere posizione sulla dinastia dei da Romano. Sul finire del Trecento, Cennino Cennini, alla corte dei Carraresi, compone il primo trattato sulla pittura: Il Libro dell’Arte, con un concetto dell’Arte che anticipa il Rinascimento. Mentre compare, nelle corti europee, un ballo che le conquisterà: la “danza pavana”, primato tutto patavino.
Dal XVI secolo Padova diviene fulcro della rivoluzione scientifica e medica, a partire dalla definizione di “teatro anatomico” del medico Alessandro Benedetti. E gli anatomisti della sua scuola conquisteranno artisti come Leonardo e Michelangelo. Il fascino oscuro della dissezione dei cadaveri di Vesalio e di Fabrici d’Acquapendente, gli studi sulla sifilide e i suoi rimedi, fra cui il profilattico, descritto per la prima volta da Gabriele Falloppio, l’anatomia patologica di Giovanni Battista Morgagni, sono punti fondamentali nel percorso, lungo secoli, della medicina patavina. Un percorso costellato da una serie di libri, che a Padova hanno preso forma, e che, da Padova, hanno cambiato il mondo.
Silvia Gorgi è una giornalista che scrive di cinema, arte e nuove tendenze, per i quotidiani del gruppo editoriale GEDI (L’Espresso) e per Sugarpulp Magazine, per il quale segue come inviata i festival cinematografici internazionali (Venezia, Cannes, Berlino, Transilvania). Alcuni suoi servizi di viaggio sono stati pubblicati da «Elle Italia» e «il Venerdì di Repubblica». Laureata in Scienze Politiche, dopo una specializzazione in Giornalismo, all’Università di Padova, è diventata responsabile di uffici stampa per associazioni, registi, attori, produzioni cinematografiche. Speaker radiofonica, ha ideato Nordest Boulevard, dapprima programma radio, oggi società di pre-produzione cinematografica, di cui è amministratrice unica. Ha curato mostre di artisti in Veneto e a Berlino. Collabora come responsabile contenuti all’organizzazione di vari festival culturali. E per quest’altro nuovo volume che ha scritto per la sua città le abbiamo fatto alcune domande:
Come nasce la passione per la scrittura e perché hai scelto di raccontare la città di Padova?
“La passione per la scrittura nasce prima in ambito giornalistico, con un percorso di studi che mi ha portato, dopo la laurea in Scienze Politiche, a specializzarmi con una laurea specialistica, di due anni in giornalismo, e da lì è poi iniziata una collaborazione con i giornali, i siti, etc…. La scrittura dei saggi è arrivata, invece, grazie a un’occasione, Newton Compton Editori stava cercando un autore/trice padovano/a, o legato alla città, che potesse raccontarla nella collana che dedicano alla storia del nostro Paese, dal titolo Quest’Italia. Dopo il primo saggio scritto per loro, del 2016, Forse non tutti sanno che a Padova, il rapporto si è consolidato nel tempo, e, in me, è nata una vera passione non solo nel portare avanti le ricerche sulla storia della mia città, ma anche e soprattutto nella voglia di narrare queste vicende storiche, quasi in forma narrativa, facendo opera di divulgazione, ma mantenendo vivo uno spirito curioso e appassionato. Oggi sto anche lavorando, oltre ai saggi, alla stesura di sceneggiature e reading, perché la scrittura è diventata un mezzo per costruire storie su piani diversi.”
Questo è il quinto libro che scrivi su storie e segreti di Padova. Come riesci a trovare tanto materiale?
“Direi che una storia tira l’altra. Quando inizi a fare ricerca, c’è sempre materiale in più che trovi e che metti da parte, magari non si è riuscito a sviluppare entro la data di consegna del libro, magari necessita di altro lavoro di approfondimento, e man mano diventa una sorta di circolo direi “virtuoso” in cui chi “più” cerca, più trova”.
Come svolgi le tue indagini per scoprire tutte queste storie?
“Diciamo che mi affido a fonti storiche. Passo dunque molto tempo in biblioteca per la preparazione del libro, ma non tralascio nemmeno la consultazione dei giornali d’epoca o contemporanei, a seconda del tema del capitolo, i siti di approfondimento, insomma mi serve mettere assieme fonti miste, per dare concretezza alle varie storie che trovo, non escludendo quelle fonti che mi possono essere utili per dare alla narrazione anche quella nota di “colore” che, magari, attenendosi solo a dati o a studi degli storici a volte non si avrebbe.”
Su “Padova che nessuno conosce” racconti la lotta fra il Comune patavino, che difendeva la sua libertà, contro l’invasione di Ezzelino III. Cosa ti ha colpito maggiormente di questa storia?
“Molti elementi. Il primo è che Padova nella lotta contro il tiranno Ezzelino III da Romano difendeva la libertà acquisita, e questa città è sempre stata profondamente legata alla libertas, non a caso il motto dell’Università, la seconda più antica d’Italia, risalente al 1222, è Universa Universis Patavina Libertas: tutta intera, per tutti, la libertà nell’Università di Padova. Un motto che sottolinea la libertà di pensiero e opinione che caratterizza l’Ateneo fin dalla sua origine, e che bene rappresenta anche lo spirito della città. E, anche nel 1237, quando Ezzelino III della famiglia da Romano entra in città e la conquista, il Comune lotta strenuamente per cercare di mantenere la sua indipendenza. Un altro elemento che mi ha affascinato è stato riportare alla luce una figura di letterato e di umanista qual è stato Rolandino da Padova.
Questo notaio ha il merito di aver scritto la Cronica un’opera pubblicata nel 1262, considerata dagli storici, uno dei capolavori del Duecento, che descrive come nessun altro il Veneto di quel secolo. E non solo fa scuola, ma, visto che utilizza una maniera di raccontare gli eventi storici che è appunto “fare cronaca del tempo”, rompe con la tradizione dei cosiddetti “annali patavini”, lunghi elenchi che riportavano solo il succedersi dei podestà. Rolandino fa invece, quasi in forma moderna, “cronaca”, descrive il suo tempo con le battaglie, gli intrighi politici, i giochi di potere e anche i gossip, diciamo così, del tempo, come ad esempio i pettegolezzi sui matrimoni di Ezzelino; e nel farlo compie un’analisi critica e storica di quel tempo.
Rompe, dunque, una tradizione e innova. Il tutto mi riporta a considerare l’importanza della città, di Padova, anche nel secolo successivo, quando proprio in quel clima letterario, nel 1315 viene coronato poeta Albertino Mussato per la tragedia in latino che scrive, ispirandosi a quelle di Seneca, Ecerinis, che avrà come protagonista sempre Ezzelino III “il tiranno”, che in quest’opera diviene addirittura figlio del demonio. È un periodo molto particolare perché, nella città patavina si formano i cosiddetti preumanisti, fra cui, oltre a Mussato, ricordo Lovato de’ Lovati, prima dell’arrivo a Padova, per volere della famiglia dei Carraresi di Petrarca, nel 1349.
Il fermento umanistico fra Duecento e Trecento fu davvero un elemento caratterizzante, che dette a Padova un’importanza ben al di là dei suoi confini. Il ruolo che ha avuto questa città nel passato, un ruolo centrale, e che oggi non ha più, lo analizzo, in maniera ancora più marcata, nella seconda parte, dove invece racconto la sua anima scientifica. Ci si ritrova, infatti, in un percorso in cui metto in luce l’importanza dell’università patavina nella scoperta del metodo scientifico, nello studio del corpo umano, nell’evoluzione della medicina, fino ai giorni nostri.
Dal XVI secolo Padova diviene fulcro della rivoluzione scientifica e medica, a partire dalla definizione di “teatro anatomico” del medico Alessandro Benedetti. E gli anatomisti della scuola patavina, da Marcantonio della Torre a Realdo Colombo, conquistano artisti come Leonardo e Michelangelo. Il fascino oscuro della dissezione dei cadaveri di Vesalio e di Fabrici d’Acquapendente, gli studi sulla sifilide e i suoi rimedi, fra cui il profilattico, descritto per la prima volta da Gabriele Falloppio, l’anatomia patologica di Giovanni Battista Morgagni, sono punti fondamentali nel percorso, lungo secoli, della medicina patavina. Un percorso che conduce ad una eccellenza che ancora oggi spicca. Perché è proprio nella città patavina che prende forma una nuova idea di scienza, un nuovo metodo scientifico, che fonda tutto sull’osservazione reale del corpo. Un viaggio lungo i secoli, tutto costellato da una serie di libri, quelli scritti da grandi medici, spesso anatomisti, da grandi umanisti, opere che a Padova hanno preso forma, e da Padova hanno cambiato il mondo.”
Hai trovato delle difficoltà nel riuscire a completare questo tuo quinto libro su Padova?
“Ci sono sempre, perché spesso hai a che fare con un tempo che diventa sempre più breve e che vorresti dilatare, ma che ti conduce troppo precocemente alla cosiddetta deadline, ossia alla data di consegna del manoscritto. Poi devo dire che la mia sfida, in questo quinto libro, è stata quella di non raccontare la “Padova che nessuno conosce” attraverso diciamo singole curiosità, ma quella di dividere il libro in due parti, le due anime di Padova, e dedicare all’una e all’altra un viaggio lungo i secoli che potesse far capire come questa città sia stata d’importanza centrale nello sviluppo della storia non solo d’Italia ma del mondo, attraverso una serie di libri che sono stati composti, creati, pensati a Padova, da personalità di grande talento e ingegno nei secoli; e che da qui questi grandi umanisti, medici, scienziati, sono stati davvero in grado di cambiare idee, regole stabilite, mentalità, approcci scientifici, influenzando gli studi, le scienze, nel mondo.
L’introduzione del metodo scientifico, l’idea di teatro anatomico, la pratica della dissezione dei cadaveri, la libertà di studio da sempre elemento caratterizzante il Bo, l’Università di Padova, università in cui Galileo Galilei non solo insegnò (la cattedra di Galileo è ancora perfettamente conservata e visitabile ai turisti), ma disse di aver trascorso i 18 anni più belli della sua vita (dal 1592 al 1610) – anni in cui scoprì i satelliti di Giove, anni in cui iniziò la rivoluzione scientifica – sono stati la base su cui si sono sviluppati vari rami della Medicina e della Scienza, che racconto nella seconda parte del libro.
Da sempre e in tutte le pubblicazioni fatte finora ho dedicato particolare spazio alla storia della medicina patavina. La fisiologia moderna, l’anatomia, l’anatomia patologica sono fortemente legate a Padova, alla sua università, qui Santorio Santori, grande amico di Galileo, considerato il padre della fisiologia moderna, mise a punto la “statera medica” o “sedia di Santoro”, una bilancia particolare con cui il medico cercava di valutare le variazioni quotidiane del corpo umano, strumento che sarà alla base dell’avvio dei moderni studi sul metabolismo, e che si può considerare oggi la bilancia pesapersone ante litteram, apparecchio nelle case di ognuno di noi; il suo termoscopio, provvisto di scala di misurazione, si caratterizza come il “primo termometro della storia”. Sempre all’Università di Padova William Harvey scoprì la circolazione sanguigna etc etc…
Nomi straordinari hanno attraversato la città e non solo come docenti o studenti della sua Università, ma anche come turisti percorrendo le rotte del Grand Tour. Pensate che, nell’800, sono giunti in città i coniugi Shelley, Percy Bysshe, il poeta, e Mary, autrice di Frankenstein o il moderno Prometeo, approdati sui Colli Euganei poiché volevano vedere i luoghi in cui avevano trovato ispirazione e serenità poeti come Francesco Petrarca (ad Arquà Petrarca muore il 19 luglio 1374) e Ugo Foscolo (al tempo de Le ultime lettere di Jacopo Ortisdimorò, fra l’estate e l’autunno del 1796, nella villa Cittadella-Vigodarzere, negli immediati dintorio di Abano Terme). Per raccontare l’Italia attraverso i suoi articoli giunse pure Pierre Jules Theophile Gautier, l’autore di Il Capitan Fracassa, nel 1850, mentre Proust andò a visitare il capolavoro di Giotto, la Cappella degli Scrovegni, nel caldo maggio del 1900; e prima di loro Goethe descrive Padova nei suoi Ricordi di viaggio in Italia nel 1786/87, e Stendhal, nella pagina del suo diario di viaggio dedicata alla città del giugno 1817.
Ma Padova è stata anche location, “quinta”, per grandissimi autori che vi hanno ambientato delle loro opere: da Nathaniel Hawthorne (l’autore de La lettera scarlatta) a Victor Hugo, a Ernest Hemingway, a Oscar Wilde, e impossibile non citare il primo di tutti, William Shakespeare, visto che la prima scena del primo atto de La bisbetica domata si apre proprio in Piazza Capitaniato a Padova. Se volete sapere tutti i particolari, le varie opere, perché la scelsero… be’ trovate tutto nei volumi che ho dedicato alla città.”
Cosa ti aspetti da questo tuo nuovo libro ?
“Mi aspetto e spero che l’affetto dimostrato per i volumi precedenti continui anche per questa quinta prova, che i padovani e non padovani siano spinti dalla curiosità di immergersi in secoli passati per scoprire le meraviglie nascoste delle nostre città italiane. In particolare a Padova, ricollegandomi anche a vicissitudini odierne, leggendo questo volume, si ha ben chiaro come non sia per nulla un caso che personalità della medicina come quelle di Andrea Crisanti, Giorgio Palù, Antonella Viola, siano legate all’Università di Padova, di come Mario Draghi, l’attuale Presidente del Consiglio, vi abbia insegnato Macroeconomia, alla fine degli anni Settanta, e vi abbia ottenuto, successivamente, il 18 dicembre 2009, anche una laurea honoris causa, in “Scienze Statistiche”; del resto la sua Storia parla da sé. Spero anche che, in un momento come questo, in cui il settore della Cultura è stato fortemente colpito dalla crisi pandemica, ci sia la voglia di sostenerlo, anche attraverso l’acquisto di un libro, per dare una mano a reggere un sistema che è fragile, per supportare le librerie che sono luoghi di relazione e socialità di un territorio. Infine, spero che, in un momento storico come quello che stiamo vivendo, in cui è necessario stare molto a casa, rispetto a solo un anno fa, estraniarsi dal quotidiano, concentrarsi sulla lettura, immergendosi in un viaggio lungo i secoli, possa essere ancora un piacevole modo per trascorrere il tempo.”
di Marcello Strano