“Le domande erano sempre le stesse, esattamente come un anno prima, come l’ultimo pomeriggio trascorso nel suo amato parco vicino a casa. Le stesse, identiche domande, dopo più di un anno ancora senza la benché minima risposta. E con ogni sforzo aveva provato a dimenticare, a non temerne il ritorno, o anche soltanto la paura ad esso legata, ma dannazione, tutto era tornato. Tutto quanto”.
Paure, tormenti, dubbi, sogni e speranze vorticano a lungo nella testa di Allison, protagonista di quest’opera autopubblicata di Valentine Shanti: Il colore delle foglie d’autunno. Sogni e speranze la spingono soprattutto a fuggire dalla casa del padre oppressore, ricco avvocato di successo che vorrebbe plasmare il suo futuro in ogni singolo aspetto. Così, armandosi di coraggio e qualche risorsa, spezza le catene di quella vita opprimente e intraprende un lungo viaggio che la conduce fino in Vermont. L’incontro con l’anziana ed eccentrica Emily le assicurerà un lavoro come erborista. Un nuovo inizio, dunque una nuova vita… ma le ombre del passato non si lasciano alle spalle così facilmente; e mentre l’odiato padre si ostina a darle la caccia per riportarla a casa, Allison dovrà fare i conti con una nuova minaccia, ben più oscura e inquietante, in agguato nel profondo dei suoi incubi e in attesa di colpire.
Ricordi, stati d’animo e introspezioni padroneggiano questo romanzo in modo brillante; nonostante il notevole numero di pagine si rivela scorrevole e lo leggiamo velocemente, trasportati da una curiosità crescente nei confronti di questa giovane, nella sua costante ricerca della libertà, senza mai arrendersi al vortice di oscurità che infuria nell’ambiente in cui è cresciuta. Libertà di vivere secondo i propri desideri: dovremmo averla tutti, in fondo, e l’autrice si rivela abile nel ricordarcelo attraverso queste pagine ricche di verità.
Come nasce questo libro?
Devo dire che sin da bambina le storie nei libri hanno rappresentato il mio passatempo preferito; insieme ai diversi personaggi vivevo avventure, emozioni, difficoltà. Mi tenevano compagnia, e grazie a penne autorevoli sono cresciuta imparando che la vita può essere vista e vissuta da punti di vista molto diversi tra loro ma ugualmente interessanti. E questo, perché forse dobbiamo sempre cercare la via di mezzo, l’equilibrio in ogni occasione che la vita ci pone dinnanzi. L’idea vera e propria di questo libro è nata quando ho deciso che dopo aver letto tante storie era venuto il momento di impegnarmi a scriverne una tutta mia. Ci ho messo tantissimo tempo perché era appena nato mio figlio e scrivevo praticamente solo di notte. Ma nonostante la stanchezza, che ricordo molto bene, rifarei ogni cosa.
Quale messaggio vuoi trasmettere?
Sicuramente che i figli non ci appartengono solo perché in quanto genitori abbiamo dato loro la vita. Per quanto difficile sia da ammettere, un figlio è una persona a sé, non un’estensione di chi l’ha messo al mondo. È questo il dolore più grande che la mia protagonista porta nel cuore, il fatto di non essersi mai sentita compresa nella sua natura così differente da quella del padre. Di essere cresciuta senza essersi mai sentita ascoltata.
E come secondo messaggio direi che per il tanto male fatto ad altri non c’è passato che tenga. Riuscirà sempre a tornare indietro e a riscuotere il prezzo dovuto.
Leggi il mio libro perché…
Perché l’ho scritto con il cuore, davvero. È una storia lunga perché ho desiderato intenderla come un viaggio in cui accompagnare il lettore alla conoscenza dei pensieri e delle emozioni che ogni personaggio vive. Se osservato con attenzione, anche chi appare estremamente negativo è, in fondo, semplicemente una persona che ha sofferto in passato. Non tutti però hanno la forza di trasformare la sofferenza in qualcosa di luminoso.
Progetti futuri?
Per il momento devo ammettere di non averne. Ma credo anche che l’ispirazione sia a noi più vicina di quanto pensiamo; è solo che a volte non si riesce a sentirla.