Sono trascorsi sei anni dalla pandemia da H5N1v2, il virus appartenente al ceppo dell’aviaria che ha dato inizio all’apocalisse zombie causando la pressoché totale estinzione del genere umano.
Domenico, suo figlio Sebastiano e la moglie Lucrezia, scampati per il rotto della cuffia a orde di non-morti famelici, si sono rifugiati in una cascina diroccata nel folto dei boschi delle colline torinesi, riuscendo a sopravvivere fino a oggi.
Gualtiero Ferrari in Zetafobia2– La città morta
L’isolamento della famiglia è bruscamente interrotto dal transito di un’automobile sulla Provinciale che serpeggia a fondo valle. Purtroppo la macchina, la prima a percorrere quella strada da mesi, termina la propria corsa contro una cabina elettrica nel centro del paese. All’interno dell’abitacolo una giovane donna è in travaglio e in procinto di dare alla luce il proprio figlio. Accorso sul posto per controllare, Domenico è riluttante, ma alla fine l’aiuta a partorire mentre Sebastiano abbatte gli zombie radunatisi lì intorno.
La situazione precipita, e la donna strappa a Domenico una scomoda promessa che lo costringe a recarsi presso l’ex distretto militare di Torino.
Appena padre e figlio tornano a casa, s’innesca un’accesa discussione: rischiare la vita mantenendo la parola data o dimenticarsi dell’intera vicenda? Lucrezia e Sebastiano la spuntano, convincendo Domenico a recarsi in città nonostante quest’ultimo sia convinto che la scelta corrisponda a un vero e proprio suicidio.
Il percorso che dalla periferia porta la famiglia sino alla Caserma è un viaggio nel passato. Le vie sono irriconoscibili e dense di pericoli mortali.
Entrati in contatto con altri sopravvissuti i protagonisti scoprono che molti sono regrediti, perdendo umanità ed empatia, mentre altri hanno fatto della parola comunità il proprio credo.
Giunti al Distretto la famiglia viene trattata con sospetto, soprattutto quando tutti i suoi membri rimangono bloccati a causa d’uno sciame di migliaia di zombie di passaggio in città.
I militari delimitano una linea di difesa e ingaggiano i mostri. La battaglia è brutale e a lungo incerta, ma i non-morti sono troppi e il fronte rischia di cedere.
Poco prima che gli zombie riescano a espugnare la Caserma arriva la cavalleria che, dotata di un’enorme potenza di fuoco, rovescia le sorti della battaglia.
Domenico, Lucrezia e Sebastiano approfittano della confusione del combattimento per tentare la fuga, ma le cose non vanno come le avevano pianificate.
Cosa risponderesti alla domanda CHI SEI?
Risponderei che sono un lettore con la passione per la scrittura, vecchio d’anagrafe ma ancora bambino dentro.
Come nasce la tua esperienza nella scrittura e dunque nella pubblicazione?
Come tutte le cose belle della vita la scrittura nasce un po’ per caso e con molta fortuna. Stavo attraversando un periodo personale complicato: leggevo molto, moltissimo, e mi ero fissato sul genere zombie. Nel giro di qualche settimana avevo finito i grandi classici ed ero passato agli autori meno conosciuti, per poi arrivare a romanzi e racconti che il grande pubblico non avrebbe mai letto. Ne terminai uno davvero scadente. Trama approssimativa e stile sciatto, per non dire di peggio. Ricordo che pensai: “Saprei scrivere di meglio”. Ecco, partì così. Il giorno seguente scrissi l’incipit di ZETAFOBIA e da allora non mi sono più fermato.
Perché le persone dovrebbero scegliere proprio la tua penna?
Ci sono moltissimi autori italiani di grande talento che scalpitano per farsi conoscere. Non spetta a me dire se appartengo a questo gruppo, non posso giudicare me stesso, né posso valutare il mio talento. Gli scaffali delle librerie sono pieni di autori stranieri, bravi – anzi ottimi – ma a tutti i lettori chiedo di dare una possibilità anche a noi… anche a me. Leggeteci e leggetemi, poi valutate con onestà se davvero siamo così indietro rispetto ai nostri colleghi d’oltreoceano.
Qualche anno fa nelle classifiche dei thriller spadroneggiavano i mostri sacri di tradizione americana. C’è voluto del tempo ma a guardare le stesse classifiche, oggi, i nomi degli scrittori italiani svettano nelle primissime posizioni. Date un’opportunità a chi come me scrive per passione, potreste scoprire un nuovo mondo di letture.
Come definiresti il tuo stile?
Direi piuttosto asciutto e diretto. Nella scrittura non amo perdermi troppo in descrizioni eccessivamente particolareggiate o in viaggi onirici infiniti. Qualche pennellata di colore per poter trascinare il lettore nel vivo della storia, quella sì, ci deve essere, ma punto moltissimo a far provare emozioni forti: se alla fine di una scena il lettore ha le lacrime agli occhi, è spaventato o arrabbiato, beh… vuol dire che sono riuscito nel mio intento.
Quali sono i progetti futuri?
In questo momento sto lavorando sull’ultimo romanzo della saga di ZETAFOBIA. Avevo sospeso durante la pausa natalizia per dedicarmi a un paio di racconti che non volevano saperne di aspettare pazientemente il loro turno, così li ho scritti entrambi e mi sono liberato la testa dalla loro ingombrante presenza. Inoltre sto partecipando a un prestigioso concorso letterario nazionale con un romanzo distopico, una sorta di visione prospettica e disagiata del futuro ambientato qualche anno dopo la fine della pandemia da COVID-19.
Qual è il rapporto con i social?
Amore e odio, come tutti, credo. I social media sono importanti, soprattutto per farsi conoscere e per far conoscere i propri scritti ai potenziali lettori. Oltre a questo devo dire che nel corso degli anni ho avuto l’occasione di costruire alcune conoscenze che superano il mero rapporto digitale consentito dai social, e di questo sono felice, però bisogna sempre fare attenzione a non confondere ciò che accade su internet con la vita, quella vera intendo.