Scrittore, giornalista, critico cinematografico, Direttore del Festival Cinema & Letteratura “Del racconto, Il Film” e Presidente e Fondatore Coop Soc “I bambini di Truffaut”, ma soprattutto docente. Professore di Lettere a Bari, un insegnante come pochi, una persona che veramente è in grado di coinvolgere i ragazzi, vista la sua grande esperienza nell’ambito scolastico confrontandosi spesso con situazioni di disagio sociale.
Giancarlo Visitilli con il suo primo romanzo “Una storia sbagliata” edito da LiberAria Editrice, ci accompagna in una Bari divisa fra case borghesi e periferie degradate, che fanno da sfondo a questo romanzo dove amore e violenza si fronteggiano ripetutamente. Il romanzo ha come protagonisti, Saverio e Anna di 16 anni. Lui con una vita familiare complicata e una rapina alle spalle finita male, lei studentessa del liceo classico e proveniente da una famiglia benestante di Bari. Il destino li unisce, ma allo stesso tempo li divide. Uno in carcere, l’altra fuori ad aspettarlo. Una storia senza salvezza, in cui lo spazio e il tempo rimangono categorie adatte solo per il volo, per andare via senza previsione di ritorno.
Incontriamo il Professor Visitilli che ci regala del tempo per conoscerlo meglio.
Giancarlo Visitilli, docente in un liceo, giornalista e critico cinematografico, impegnato anche nel sociale, qual è il filo conduttore che le permette di intersecare tutte queste attività? Il desiderio di reinventarsi un quotidiano diverso da quello a cui si é costretti. Inventarsi storie, narrazioni, mondi, é l’unico espediente offertoci da noi stessi per renderci la vita migliore. E crescere diversamente, rispetto a quando non riusciamo a vedere e incontrare bellezza
Nei suoi scritti parla di “scuola” e di “ragazzi”, pensa che oggi la scuola veramente li aiuti a crescere ed affrontare il futuro 2.0 oppure è proprio il contrario? In qualche modo, e in ogni caso, la scuola salva, perché sagoma, ti forma… il più delle volte e fino a una certa età senza consapevolezza. Compito di noi educatori, adulti, é quello di rendere consapevole il cammino delle nostre bambine, bambini e adolescenti in rapporto alla loro crescita, al loro cambiamento, nel bene e nel male. Senza la scuola saremmo altro
Qual è la sua idea di scuola? Il luogo deputato dove imparare a sbagliare, per cercare di non errare al modo di come avessi potuto, se non avessi intercettato la scuola. A scuola si impara a convivere con la propria erranza
Oggi è professore, ma è stato studente, con il senno di poi come valuterebbe i suoi insegnanti? Il più delle volte sono critico, con la maggior parte di loro. La scuola, nonostante é ciò di cui dicevo prima, resta ancora troppo staccata dalle nostre vite di insegnanti, studenti, bidelli, presidi… Credo in una scuola che ha a che fare con il nostro quotidiano, che cammina con le nostre vite e tenta di rendercela migliore. La scuola deve essere il luogo del bene-essere e il posto della Bellezza
Autore di alcuni libri, come “E la felicità, prof?” o “E’ bravo, ma potrebbe fare di più. Ha le capacità, ma non le sfrutta”, saggi che ruotano intorno alla sua esperienza di professore. Ad ottobre ha pubblicato “Una storia sbagliata” che nonostante abbia per protagonista due adolescenti difficili, si cimenta in un romanzo. La scelta di cambiare tipologia, da cosa nasce? Non ne faccio un problema di genere letterario. In tutti i libri, le storie, gli scritti ci sono sempre e soltanto gli stessi temi: quelli delle persone reali e quotidiane con cui con-vivo il mio quotidiano. Quindi, bambine, bambini, adolescenti, studenti, mamme, padri (sempre meno), insegnanti ed educatori. Leggere prima tantissimo e scrivere dopo, cercando di fare sempre più sintesi di quanto letto, diventa una forma di restituzione a quello che é il mio mestiere: creare storie perché la storia di tutti sia migliore, pur restando sempre nella condizione di essere cangiante, errante…
“Una storia sbagliata” dopo un mese dall’uscita è già alla sua prima ristampa, a cosa pensa sia dovuto il successo di questo romanzo? Sono convinto che quando si racconta il noi, l’interesse delle lettrici e dei lettori diventa consequenziale a quello che si legge. Oggi chi ci narra più per davvero? I personaggi di questo romanzo, Saverio e Anna, Rocco e Beppe, Caterina, li abbiamo nelle nostre case, nei nostri condomini, in classe, a scuola, in strada, negli uffici… ma non ce ne accorgiamo. perché abbiamo dismesso di guardarci, di interessarci gli uni agli altri. E il Covid non c’entra, al massimo ha acuito tutto ciò.
I protagonisti di questo romanzo, Saverio ed Anna, sono due ragazzi completamente diversi, in un’età difficile. Ci può raccontare cosa rappresentano per lei questi due adolescenti? Tutti i personaggi delle storie che racconto, sempre, dal primo libro, sono persone reali che in qualche modo ho intercettato nella mia vita di insegnante, di educatore e di responsabile di una cooperativa, I bambini di Truffaut, che si occupa di bambine, bambini e adolescenti con problematiche e svantaggio socio-psico-culturale. A me sembra di raccontare sempre la stessa storia. perché non si smette mai di leggere, nelle vite di ogni giorno, qualcosa che ha a che fare con le storie che si leggono, si ascoltano e sia guardano, per esempio al cinema e a teatro
I personaggi di “Una storia sbagliata” sono frutto di fantasia oppure sono persone esistenti? Come dicevo prima, tutti i protagonisti dei miei scritti sono reali. Saverio, per esempio, é un bambino che ho conosciuto tanti anni fa in Coop e da allora é sempre lui il protagonista dei libri, che vive, soffre, cade, si rialza, forse un giorno morirà, non so… Ma ha un volto, degli occhi precisi. Compresa la casa e il lugo di lavoro dove ancora abita
Per concludere, nell’immediato futuro sta già scrivendo il suo prossimo successo? Nei primi di dicembre mi cimenterò con la scrittura di un libro che ho già scritto ma su cui dovrò lavorare ancora tanto, per contratto in uscita nel 2023, non so. E poi sono in attesa di sapere l’esito dei testi di alcune canzoni per cantanti e cantautore, anche rispetto a Concorsi internazionali dove potrebbero finire.
Eleonora Francescucci