Francesco Ponzetti, nasce a Roma nel quartiere Monti e un po’ come eredità dei suoi genitori, un po’ perché originario di una delle città d’arte per eccellenza, sin da piccolo mostra chiari segni di quello che poi diventerà da grande: un’artista.
Un’artista a 360 gradi che unisce un elemento materico come la sabbia all’acrilico, all’olio o all’oro creando dei capolavori ad enorme impatto visivo. Le sue navi volanti, paesaggi fantasiosi e figure dalla fervida immaginazione sono il sunto di qualità, innovazione e perfezione. I soggetti disegnati da Ponzetti rappresentano figure e luoghi fantastici piene di mistero stimolando l’immaginazione di chi li osserva. L’impronta tridimensionale coloristica del “prima” ma anche del “non ancora” racchiudono il segreto surrealistico del magico e si svela nel dipanarsi dell’esistente investendosi di tasselli del divenire. Incontriamo l’artista che ci racconta di se e della sua arte.
Com’è avvenuto il primo contatto con l’arte? A mia memoria da sempre. Deve essere genetico, non c’è dubbio! Circa due anni fa una mia zia mi ha portato un disegno che ho realizzato quando avevo quattro anni, fatto con colori a cera sovrapposti e grattati su uno sfondo azzurro intenso, gli stessi colori che spesso uso oggi.
Le tue opere sono molto particolari, effettuate con l’approccio materico della sabbia, colori accesi e predominanti, come nasce una tua opera e soprattutto a cosa ti ispiri? Per me un’opera è composta da tre elementi: tecnica, immagine e concetto. La tecnica per ora è fissa (sabbia e colori accesi) e rende gradevole la visione ma l’immagine e il concetto sono variabili. A volte vorrei far passare un concetto e allora cerco un’immagine che possa trasmetterlo, altre volte invece sento l’esigenza di realizzare una determinata immagine e il concetto viene fuori man mano che la realizzo, ad ogni modo realizzare un’opera diventa un percorso, da immagine a concetto o viceversa.
I luoghi del sogno, i personaggi, i cosmi e le navi volanti sono i soggetti delle tue opere, cosa ti ha portato a focalizzarti in questo genere un po’ fiabesco, rispetto ad una scelta più realistica? Non sono mai andato veramente a fondo della questione ma credo che tali immagini siano state per me un tentativo di evasione dalla realtà. Trovo infatti molto rilassante immaginarmi in luoghi nuovi, remoti e pieni di mistero… di possibilità.
Jim Morrison diceva che “i sogni sono come le stelle, basta alzare gli occhi e sono sempre là”, qual è il tuo punto di vista in base a questa affermazione, visto che con la tua arte sei “un creatore di sogni”? Jim Morrison è stato uno tra i più grandi artisti musicali della nostra epoca e come ogni artista è abituato ad andare oltre la ragione per trovare ispirazioni. Per un artista un bicchiere va oltre il suo normale utilizzo di recipiente di liquidi; un bicchiere si può trasformare in una lente per deformare le immagini, può diventare parte di un’opera fisica o musicale se frantumato, può diventare tela e chissà cos’altro. Ecco, in questo luogo oltre la ragione si possono trovare i sogni ed evidentemente per Jim bastava alzare gli occhi per poterci entrare.
I sogni interpretati nelle tue opere, li analizzi più da un punto di vista psicologico oppure da un punto di vista esoterico? Sicuramente psicologico, sempre psicologico, psicologico a oltranza…
Pensi che per lo stile della tua arte il fatto di essere nato e cresciuto a Roma sia stato un punto a favore? Roma rende tutto difficile il doppio ma dieci volte più bello.
Per concludere, ci puoi raccontare, se ce ne sono, quali sono i tuoi progetti artistici per il futuro? Difficilmente faccio progetti perché trovo più stimolante lasciar agire l’istinto. Ad ogni modo ultimamente sto cercando di ampliare l’aspetto social della mia arte, fino a oggi un po’ troppo trascurato e vorrei strizzare l’occhio all’arte digitale e al metaverso.
Agostino Fraccascia