Volti di donne, linee inconfondibili che intrecciate fra di loro creano un turbinio di emozioni, che donano una decisa identità al disegno. Le donne di Francesco Tonarini, che abbiamo l’opportunità di apprezzare nei suoi quadri, hanno l’aspetto dei sentimenti e tutti i materiali usati racchiudono un po’ tutta la sua esperienza disegnativa.
Il 2022 ha riservato a questo artista una consacrazione importante con la mostra “Silentium” a Roma, curata da Marina Sonzini dedicata a Pier Paolo Pasolini nel centenario della nascita, dove ha esposto il suo ritratto del grande regista e poeta che ha fatto il giro d’Italia, suscitando forti emozioni. Stessa reazione è stata riservata anche per la mostra “Califarte” presso la Galleria Ess&rrE al Porto Turistico di Roma, dove anche qui ha immortalato con la sua matita un ritratto di un Califano maturo, dagli occhiali a specchio dove si riflettono le immagini del cadavere di Pasolini in quella notte del 1975. Era la sua interpretazione di “Pierpaolo”, la struggente canzone che il cantante ha dedicato al poeta. Ultima esposizione che si è chiusa qualche giorno fa sempre presso Galleria Ess&rrE, ha visto protagonista assoluto, lo stesso Tonarini con la personale “Il libero disegno dell’anima”.
In quest’ultima occasione, incontriamo l’artista che ci parla di sé.
Francesco, com’è iniziato il suo percorso con l’arte? Non ho memoria di un periodo della mia vita in cui mi scopro senza matita e carta. Se è vero che la prima forma di comunicazione sono gli scarabocchi su superfici chiare, personalmente ho fatto del disegno una seconda lingua. I grandi maestri del passato hanno fatto il resto influenzando nel tempo il mio stile.
Fra tutte le tecniche pittoriche, cosa l’ha spinta ad utilizzare la matita, la china o l’acquerello, piuttosto che altri materiali? Sono perdutamente attratto dal profumo della carta. Ho fisicamente bisogno di un rapporto senza filtri con il foglio e tendo a omaggiarlo con materiali opportuni, matita, china, acquerello nella misura in cui la carta sia capace di accoglierli senza procurarle violenza.
Parlando del suo concittadino, Amedeo Modigliani, cosa si accomuna e cosa vi distingue? Parlando del maestro Modigliani non si può che amare il suo inconfondibile tratto figlio della cultura e tradizione Toscana e la sua sorprendente capacità nel trasformarlo in commovente originalità che lo pone fra i “grandi” della storia dell’arte. Per rispetto e umiltà sorvolo su improbabili somiglianze con la sua opera, tuttavia faccio mio il suo dogma per cui “non si può prescindere dal disegno”. Nei suoi quadri, vediamo ritratti, spesso di donne, cosa significano per lei, in senso profondo questi volti? Ritengo che qualora si vada alla ricerca di raffinatezza e grazia queste possano essere trovate nei volti delle donne, amo le sfide. Il cercare di imprigionare nei miei disegni i sentimenti, le passioni, la sensibilità e le sofferenze proprie dell’universo femminile, costituisce per me la massima sfida, senza certezza di vittoria.
Quando afferma che i suoi quadri sono una sorta di autoritratti, può spiegarci cosa intende? Cerco di lasciare nei miei disegni una traccia di me. In sede di realizzazione c’è sempre un momento in cui il soggetto appare indefinito, in questo frangente quello che compare ritratto è il mio volto. Una volta terminato il disegno, quando il soggetto viene alla luce, lascio delle imperfezioni che costituiscono una definitiva testimonianza dei miei sentimenti che rendono ciascuno di loro una sorta di autoritratto.
Il 2022 è stato un anno in cui ha partecipato a molteplici mostre, che spinta le hanno dato nella sua carriera da artista? La mostra come concetto costituisce un passaggio ineludibile per qualsiasi artista che voglia condividere con gli altri le proprie opere. Ho avuto la fortuna di partecipare a numerose esposizioni collettive e personali, indubbiamente il 2022 ha segnato un salto di qualità in ottica curriculare. Ho avuto l’opportunità di esporre i miei disegni in palcoscenici prestigiosi come Roma, Matera e Alba Adriatica nei quali ho potuto omaggiare la memoria di grandi personalità della cultura italiana. Ogni singola mostra costituisce al tempo stesso un punto di arrivo e una base di partenza per continuare in questa impervia strada. Quest’anno che ormai volge al termine sento particolarmente l’onore e la responsabilità di far fede alla mia passione di disegnatore.
Sempre quest’anno ha avuto la possibilità di portare in mostra opere ispirate a due artisti importanti, uno in ambito musicale e l’altro letterario cinematografico, come Franco Califano e Pier Paolo Pasolini, può regalarci un suo pensiero in merito a questi due artisti, sia dal punto di vista della personalità di entrambi che per quanto riguarda le opere che ha creato con loro come soggetti? Pier Paolo Pasolini era uomo di grande cultura che si arricchiva delle esperienze degli altri esseri umani ed aveva la rara dote di saper cogliere dignità e bellezza anche nei meandri più oscuri della società. Fu fra i primi a capire che la poesia si celava proprio nell’uomo, nelle sue tradizioni, nella sua resistenza alle tentazioni del consumismo. Fu forse per questo che amò frequentare gli strati più umili della società, forse perché’ cercava nella società la vera essenza dell’uomo e poco gli importava di ricevere in cambio una carezza o una ferita mortale . con lo stesso spirito andava incontro alla carezza e alla ferita . gli era estraneo il concetto di compromesso il che gli creò non pochi nemici. Ho provato a riprodurre nei miei disegni questa sua fermezza di spirito che traspare dalle moltissime immagini e foto che di lui ci sono rimaste. Amante, come detto, delle tradizioni che sono esse stesse cultura fino a rendere poesia un dialetto quasi incomprensibile. Stesso spirito era presente in Franco Califano, portavoce orgoglioso di romanità nei modi di fare e nel suo stesso dialetto che proprio Pasolini aveva reso immortale nei suoi romanzi. Non è un caso che proprio Califano abbia deciso di dedicare una bellissima canzone a Pasolini quasi a ricambiare quell’amore verso le borgate capitoline che accompagnarono anche la sua morte. Quella canzone è diventata un disegno. Disegno di due spiriti affini che non si sono mai incontrati e che pure erano così vicini.
Per concludere, può anticiparci, se ci sono, i progetti che la riguardano nell’immediato futuro? Per fare un passo avanti farò qualche passo indietro e riprenderò alcuni lavori fatti in passato per dar loro una struttura più decisa e qualora se ne presenti l’occasione presentarli (o ripresentarli) al pubblico. Sto uscendo adesso da una mostra personale che per definizione non richiede un tema conduttore preciso. I prossimi lavori che proporrò invece avranno temi precisi e si ispireranno a personalità della letteratura americana e dell’arte toscana. Vivremo e vedremo.
Agostino Fraccascia