Veronica attua una finta pausa formale per ricomporsi e ricomporre idee. Ricomincia a rievocare reminiscenze, a rilento, con gli occhi svogliati e parlantina spossata. Play. Rec.
Ciò da cui non fui immune, furono gli effetti della chemioterapia, che piano piano s’intrufolarono fino a imprimere la loro presenza. Reagii con un taglio netto alla perdita, che sarebbe stata lenta e inesorabile, dei miei bei capelli lunghi, dorati e fluenti.
Rammento ancora quando mi presentai tutta in ghingheri, con la testa quasi rasata e un trucco impeccabile, all’uscita da scuola di Lula, Luca e Luna, alla cenetta con Marco, alla classica domenica coi familiari. E, avvolta di charme, così feci alla riunione periodica con i miei colleghi, per i colloqui con gli insegnanti dei miei figli, per il tè settimanale con le amiche, per il teatro con gli amici, al meeting di lavoro annuale dell’azienda di mio marito. Il risultato fu sbalorditivo: sex appeal a go go. Il mio new look non era male, aveva un non so che di grazia e appariscenza insieme – quel che si potrebbe etichettare, sopra le righe, con il termine di “conflitto amabile” – tanto che conquistò il consenso di tutti, conoscenti e non. Qualcuno di loro azzardò, e mi propose di inviare qualche foto, per partecipare ad un concorso in cui si richiedevano canoni di bellezza come la mia per un film sulle donne e il loro fascino. Fui lusingata. Fui tentata. Non fui interessata a farlo. Non fui abbastanza coraggiosa da farlo. Non ero un ricordo da legittimare. Non era un ricordo che volevo trattenere a tutti i costi. Ero un ricordo di cui potevo fare a meno.
I cicli di chemioterapia si conclusero. Ma non le cattive notizie. Il traguardo raggiunto, che poteva essere motivo di festa, divenne l’anticamera di un’altra tegola che si abbatté sulla nostra famiglia. Gli oncologi, mi prescrissero una terapia ormonale, che sarebbe stata la fonte di circa cinque lunghi anni di menopausa indotta, e per me e Marco, che volevamo avere altri bambini, fu un duro colpo accettare di non veder crescere la famiglia e non dare altri fratelli o sorelle a Lula, Luca e Luna. I colloqui con i psicologi ci aiutarono a metabolizzare il nuovo impedimento a tornare alla normalità. Non ometterò mai di narrare l’aneddoto sulla ginecologa, che sorridendo, ammiccando e sdrammatizzando, in occasione di una visita pianificata proprio per la terapia ormonale, ci disse di approfittare della situazione per alimentare il nostro già soddisfacente rapporto di coppia. Dopo ogni rievocazione dell’episodio, riesco sempre a strappare confidenze, strizzatine d’occhio, ilarità, battutine e doppi sensi da chiunque! E’ una pratica che fa mettere sempre da parte la mestizia della cosa e, questa storiella, lo fa adesso, proprio nello stesso modo di come lo fece allora. Stop.
Veronica arrossisce. Tempo di uno sguardo, prende il via la quieta risata spontanea, che si riversa, senza sconquasso, sulla serietà del narrato. La donna, spinta a modificare l’impasse, associa curiosità e particolari, sotto il velo sereno della forma amicale, alla ricerca di smorzare imbarazzi. L’effetto è il contrario. Altra gaffe. Rentrée faticosa: eccola che sistema l’orecchino. D’istinto un’occhiata nella trousse. Lucidalabbra rosso frutta. Si muove, pigra e ordinata, come dinanzi a telecamere per il ciack di ripresa: provascenanumero, silenzio, si gira. Play. Rec.
Siamo al finale, e come ogni finale che si rispetti, il mio sarà a lieto fine. Forse l’ho sempre voluto. Forse mi è stato regalato. Fatto sta che la realtà fu più rosea delle aspettative. La terapia ormonale fu sospesa prima della scadenza concordata con i medici. Le mie condizioni di salute erano molto buone. Finalmente tornò il ciclo mestruale. Non trascorse molto e rimasi incinta. Io e Marco aspettavamo una bambina. Monica sarebbe stato il suo nome. Nel frattempo decidemmo anche altro: ci saremmo sposati e pensato anche ad avere un altro figlio che avremmo chiamato Ezio. Così è stato. Quell’esplosione di vita non fece che alimentare la mia salute e, non ebbi bisogno di riprendere la terapia ormonale, consigliatami dai dottori, dopo aver partorito Monica, perché ero in ottima forma. Furono due anni intensi e scalcianti, colmi di qualsiasi sfumatura che possa avere il bene, l’affetto, il sentimento. Due anni colmi di quei miracoli che solo l’amore può realizzare. Ne ero circondata e custodita. Medicina e ricerca hanno contribuito a loro modo.
L’esperienza della malattia ha cambiato di molto la mia vita. Ho visto tutto sotto un’altra luce. Ho capito tantissimo di me stessa: mi stimo e mi rispetto, e non trascuro più quei desideri mossi da sano egoismo aggrovigliato al volermi bene. Ho altre priorità e i valori sono cresciuti. Non potrei mai rinunciare alla famiglia e ogni secondo da poter trascorrere insieme è diventato unico e importante. Ho preferito mettere via il mio lavoro nonostante potessi svolgerlo. Adesso sto bene, e vorrei tanto che la scienza medica e lo screening potessero aiutare tante altre donne a vincere il tumore così come hanno fatto con me perché – e con ciò concludo – ho vissuto, e non dichiarato o sentito dire, l’espressione meravigliosa che spesso e volentieri “finanche quello che pare complicato e irrealizzabile può mostrarsi avverabile”. La vita ha vinto. Il cancro ha perso. Io, Veronica, vivo. Stop.
La donna si alza senza fretta, saluta e si allontana ottimista e risoluta dondolando sui fianchi. Si volta per un immane sorriso e un languido segno d’intesa. Dietro di se lascia la scia di un breve promemoria da aggiungere alla volontaria cronistoria a salvaguardia dell’intento preventivo prefisso. Ricerca, prevenzione e informazione sono terapie vincenti. Veronica ha rimesso in sesto la sua vita. Altre donne possono farlo. Veronica è il monito positivo. Altre donne possono esserlo. Quello del seno è il primo tipo di tumore per propagazione e mortalità nella popolazione femminile, ma al contempo, grazie alle migliori consapevolezze delle caratteristiche di questa neoplasia e all’evoluzione nella diagnosi precoce e nel campo farmacologico, le sue possibilità di cura nel nostro tempo si sono ampliate e moltiplicate.
Maria Anna Chimenti