Meglio tardi che mai, si dice. Ma forse, quando alcune storie giungono al termine dopo tanta, troppa attesa, è più forte la sensazione di amaro in bocca che questo punto può lasciare rispetto ad una agognata soddisfazione. Dopo un processo che dura da quasi dieci anni, la Procura di Roma ha condannato in primo grado di giudizio trenta fra ex capi di stato ed alti esponenti delle giunte militari delle dittature sudamericane degli anni Settanta ed Ottanta, con altrettanti ergastoli, che difficilmente saranno scontati in maniera adeguata, date le condizioni di salute di quasi tutti gli imputati e la loro età avanzata.
Le persone scomparse, torturate ed uccise senza alcun tipo di processo durante le dittature che più di trent’anni fa hanno fatto sanguinare il sud del continente americano, sono tantissime, ed anche se i numeri al riguardo sono piuttosto confusi, data l’oggettiva difficoltà di fare un conto adeguato, l’orrore perpetrato in quel periodo è quanto di più tangibile ci possa essere. Le associazioni che ancora oggi chiedono verità e giustizia sono molteplici, la più
famosa delle quali è probabilmente quella argentina delle Madri di Plaza de Mayo, a testimonianza di ciò che accadde sotto i regimi dei vari Videla, Pinochet e simili. In quegli anni è stato dimostrato che ci fossero forti legami fra i dittatori sudamericani e una parte di estabilishment americano, nell’ambito di quella che venne definita come Operazione Condor, tramite la quale si puntava ad una stabilizzazione della situazione geopolitica su tutto il continente americano.
Il processo che vede impegnata la Procura di Roma riguarda la sparizione (e la morte) di 23 cittadini di origine italiana per mano di quei regimi sanguinari. Gli imputati del processo sono accusati di sequestro di persona ed omicidio plurimo aggravato, mentre per un vizio di forma e per alcuni problemi procedurali e burocratici non è stata prevista alcuna accusa di stragismo. Gli imputati un tempo appartenenti alle giunte militari di Cile, Perù, Bolivia ed Uruguay erano inizialmente più di 140 ma, ancora una volta a causa di vizi procedurali che si sono andati ad aggiungere ai problemi derivanti dall’età degli accusati, questo numero è andato con il tempo progressivamente scemando.
L’avvocato Luca Milano si è detto deluso dalla requisitoria del pubblico ministero, che, secondo la sua opinione, non ha tenuto conto della posizione dei paesi di appartenenza degli imputati da lui difesi, il Perù, che “non hanno avuto nulla a che fare con i fatti contestati.
Comunque vada a finire questa storia è però chiaro che troppi anni sono passati da quei fatti per fare in modo che adesso, nel 2016, ci sia una piena soddisfazione per la punizione inflitta a chi si è macchiato di crimini tanto atroci più di trent’anni fa. Ma in questo modo, anche se in minima parte, si può fare in modo di dare giustizia a quei giovani che trovarono una morte tanto atroce ad attenderli al varco.
Andrea Ardone