Mullen & al. 1999 hanno individuato cinque tipologie di stalker, distinti in base ai bisogni e desideri che fanno da motore motivazionale. Il risentito: il suo comportamento è sospinto dal desiderio di vendicarsi di un danno o di un torto che ritiene di aver subito ed è quindi alimentato dalla ricerca di vendetta, si tratta di una categoria pericolosa che può ledere l’immagine come la persona stessa. Il problema più grave è legato alla scarsa analisi della realtà perché il risentimento fa considerare giustificati i propri comportamenti che tendono a loro volta a rinforzarli. Il bisognoso d’affetto: una tipologia che è motivata dalla ricerca di una relazione e di attenzioni che possono riguardare l’amicizia o l’amore. La vittima, in genere, viene considerata vicina al partner o amico ideale, una persona che si ritiene possa aiutare, attraverso la relazione desiderata, a risolvere la propria mancanza d’amore e/o affetto. Spesso il rifiuto dell’altro viene negato e reinterpretato, sviluppando la convinzione che egli abbia bisogno di sbloccarsi e superare qualche difficoltà psicologica concreta, ad es. il delirio erotomane o impulso erotico ossessivo. L’idea del rifiuto è vista come attacco all’Io che genera una realtà sostituita da quella immaginaria. Il corteggiatore incompetente: che tiene un comportamento alimentato dalla scarsa o inesistente competenza relazionale che si traduce in comportamenti opponenti, espliciti ed anche aggressivi-villani. Questo tipo di molestatore è generalmente meno resistente nel tempo nel perseguire la persecuzione della vittima stessa, ma tende a riproporre i propri schemi comportamentali e spesso cambiano la persona da molestare. Il respinto: è un persecutore che diventa tale in reazione ad un rifiuto. E’ in genere un ex che mira a ristabilire una relazione oppure a vendicarsi per l’abbandono. Spesso oscilla tra i due desideri manifestando comportamenti estremamente duraturi nel tempo, che non si lasciano intimorire dalle reazioni negative manifestate dalla vittima; la persecuzione infatti rappresenta una forma di relazione che rassicura rispetto alla perdita totale, percepita come intollerabile. Il predatore: è un molestatore che ambisce ad avere rapporti sessuali con una vittima che può essere pedinata, inseguita e spaventata. La paura eccita questo tipo di stalker che prova un senso di potere nell’organizzare l’assalto (colpisce anche i pedofili, i feticisti…).
Fra le categorie psicosociali a rischio di stalking troviamo: i professionisti d’aiuto (medici, psicologi, assistenti sociali, educatori professionali, infermieri ed helper) da un lato perché questi professionisti entrano direttamente in contatto con bisogni profondi delle persone e possono diventare facilmente vittime di proiezioni di affetti e relazioni interiorizzate e dall’altro le eccessive speranze di alcuni pazienti possono essere tradite dalla quotidianità professionale e lo stalking diventa una domanda d’attenzione o una ricevuta di vendetta per l’attribuzione di responsabilità sulla salute o sulla vita propria o dei propri cari, aspetti che non sono in realtà mai completamente nelle mani di nessuno.
In conclusione, i comportamenti di stalking possono essere protratti a lungo con conseguenze psicologiche negative principalmente per la vittima, ma anche per chi la agisce ed osserva. La vittima per quanto possa essere breve il periodo in cui viene perseguitata rischia di conservare a lungo delle vere e proprie ferite profonde. Le conseguenze dello stalking per chi lo subisce sono molteplici e si trascinano per molto tempo cronicizzandosi, e possono sfociare con disturbi d’ansia, di panico, problemi d’insonnia e/o incubi, flashback e disturbi post-traumatici da stress. Lo stalker che agisce compulsivamente tende a seguire i propri bisogni ed a negare la realtà, danneggiando la propria salute mentale e la qualità della propria vita sociale che si deteriora sempre di più con il protrarsi della persecuzione.
Antonella Betti