Cassino, ospedale Santa Scolastica: negli ultimi giorni si è temuto il black out delle sale operatorie. Non per un guasto elettrico ma per la mancanza di medici anestesisti, una carenza atavica, risolta con sole tre nuove presenze temporanee provenienti dalla Campania. L’annuncio più temuto è arrivato il 3 giugno, con il blocco degli interventi chirurgici non urgenti. Fratture, tumori, fibromi, nei, ernie, emorroidi, varici e altre patologie differibili sono rimaste al palo con il rischio di restare ferme per giorni. Si trattavano solo le urgenze. Solo un accordo in extremis tra la direzione aziendale e l’assessorato alla Sanità della Campania ha risolto, o almeno tamponato una situazione che si protrae almeno dal 2015, anno in cui il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, in una manifestazione organizzata nella provincia di Frosinone garantì l’immediata assunzione di almeno 22 medici per tutta la Asl. Niente di tutto questo “nessuna programmazione – ironizzano alcuni medici del Santa Scolastica – tanto che dopo il lockdown che ha rinchiuso i cittadini dentro casa, si potrebbe parlare ora del lockhospital e i tre medici provenienti dalla Asl di Caserta sono soltanto un pannicello caldo che certo non risolve una politica aziendale e regionale altamente deficitaria”. Già il 5 ottobre 2015 il Corriere della Sera aveva parlato di blocco dell’attività. “Mancano gli anestesisti e da martedì 6 ottobre – scriveva 5 anni fa il quotidiano di via Solferino – saranno quindi garantiti solo gli interventi urgenti. Tutti gli altri verranno rinviati. Dei tre anestesisti in servizio uno è in malattia e gli altri due non si sono dichiarati disposti a coprire i turni di lavoro”. Proprio la stessa situazione che si è riproposta nei giorni scorsi, con la breve tregua dovuta all’accordo con la regione confinante. In organico cinque medici, più i tre in prestito, non risolvono certo il problema dei turni cui non si riesce a far fronte e, dopo il ciclone del Covid-19, secondo i sanitari sarà difficile tornare alla normalità. “Non tutta è colpa del virus – denunciano gli operatori sanitari – e le carenze dovute a precise responsabilità incombono come un macigno sulla nostra sanità”. Identica situazione nella sanità pontina, dove la carenza di specialisti è uno dei problemi, insieme alla inadeguatezza di molte strutture, primo tra tutte l’ospedale Santa Maria Goretti di Latina, le cui attese in pronto soccorso hanno creato negli ultimi mesi non pochi disagi. Sebbene il territorio sia interessato da importanti investimenti in edilizia sanitaria, dal raddoppio delle sale operatorie dello stesso Goretti alla realizzazione di un nuovo nosocomio che dovrà sostituirlo, il territorio continua a soffrire per la mancanza di servizi. Primo fra tutti l’emodinamica a Formia con attività nell’arco delle 12 ore, reperibilità notturna e la risonanza magnetica che è in fase di attivazione. Il tutto, in attesa che si compia l’iter per l’avvio della progettazione del nuovo ospedale del Golfo, che sarà dipartimento di emergenza di 1° livello. Difficoltà per la ripresa post-pandemia anche ai Castelli romani, con l’ansia di recuperare le prestazioni soppresse causa virus e le difficoltà organizzative che impediscono una razionale programmazione degli appuntamenti. La Asl Roma 6 ha informato con una nota di essere impegnata in tale attività di ripresa ma non è in grado di fornire date e indicazioni precise, così i cittadini, dopo aver chiamato il Recup regionale, si sentono rispondere che saranno richiamati “appena possibile”. Saranno necessari almeno sette giorni poi, sulla base della cosiddetta “classe di priorità” indicata sulla prescrizione, esami e visite saranno scaglionati nel tempo. Poco per assistiti che attendono da tre mesi, soprattutto disorienta la carenza di informazioni precise che non fa che creare preoccupazione a coloro che chiedono solamente che sia rispettato il diritto alla salute e siano garantiti i livelli essenziali di assistenza.