2022 sarà ricordato come l’anno del tracollo. La tendenza non lasciava ottimismo, ma quel che si è visto dal precedente anno per il servizio sanitario la soddisfazione degli utenti si è ulteriormente abbassata. L’andamento non può che confermarsi anche per l’anno in corso. Lo dice Eurispes ed Enpam nel loro Rapporto sul Sistema Sanitario.
IL cosiddetto termometro della salute mostra la linea verso l’allarme rosso specialmente al Sud d’Italia dove la percentuale delle persone in difficoltà arriva al 28,5% arrivando al 30,5% nelle isole. Rinunciano proprio alle prestazioni uno su tre. Causa: indisponibilità delle strutture sanitarie e liste di attesa.
Quaranta miliardi è il costo che gli italiani debbono sostenere per il pagamento del ticket, pari al due per cento del Prodotto interno lordo.
Ma è anche vero che i dati sono incoerenti nei diversi governi territoriali della Sanità. In Lombardia, infatti, c’è un saldo positivo di 809 milioni di euro, in Calabria un deficit di 302 milioni. Questo è anche l’effetto della cosiddetta migrazione sanitaria dal Sud al Nord per avere prestazioni in sicurezza.
Si guarda alle cosiddette Case di comunità per dare una risposta sociale. Una volta insediate dovrebbero dare una concentrazione territoriale pari a una struttura ogni 42mila abitati. Il progetto dell’Enpam è quello di “consentire ai medici di base di aggregarsi in studi più strutturati, organizzati e attrezzati, pur continuando a garantire una presenza realmente capillare e flessibile sul territorio”. Ogni studio con attrezzatura avanzata come telemedicina, ma non si affronta sistematicamente il problema della diagnostica per immagini legata ad altra configurazione organizzativa della Sanità pubblico-privata.
Nel 2019 – anno spartiacque perché non ancora toccato dalla pandemia – la quota del Pil riservata alla Sanità è scesa al 6,2%. Tutto questo in un quadro di progressiva diminuzione di investimento pubblico nella Sanità. Il 2019, considerato l’anno di riferimento centrale perché ancora non toccato dalla pandemia. Quindi se nel decennio sono stati tagliati 37 miliardi di euro (venticinque miliardi solo nel quinquennio 2010-2015), ne hanno sofferto medici e infermieri che non hanno avuto turn-over per il blocco delle assunzioni.
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