Dolore. Un concetto da cui si cerca di stare lontano, una problematica che in alcune culture viene addirittura oscurata o negata. Oggi più che mai, però, si può e si deve sdoganare l’idea per cui il dolore non sia curabile, soprattutto quando diventa cronico.
Con il patrocinio dell’Associazione italiana per lo studio del dolore – AISD, di FederDolore – SICD, Fondazione ISAL, Fondazione Onda e della Società italiana di Medicina generale – SIMG, Sandoz Italia ha lanciato da Milano una campagna di informazione che mira proprio a una maggiore consapevolezza non solo dei pazienti, ma anche del personale medico sanitario e di tutti coloro che conoscono questa forma di dolore per via indiretta. “E tu sai cosa si prova? Superare il dolore si può” è infatti l’emblematico titolo scelto per puntare i riflettori su una problematica che ancora troppo spesso viene trascurata.
Sandoz ha inoltre supportato un’indagine promossa dalla Fondazione Onda – Osservatorio nazionale sulla salute della donna e del genere. Il sondaggio è stato realizzato da Elma Research e i risultati parlano chiaro. Su una popolazione di 600 intervistati, perfettamente divisi tra uomini e donne, è emerso che il 34% ha avuto o affronta ancora il dolore cronico. A dare una definizione della patologia è stata la professoressa Maria Caterina Pace, docente di Anestesia e rianimazione all’università “Luigi Vanvitelli” di Napoli: “Si tratta di un dolore persistente che dura da almeno tre mesi, impattando gravemente sulla vita quotidiana della persona. Tra le tipologie più frequenti abbiamo il dolore muscolo scheletrico, ma c’è anche quello oncologico, da fibromialgia e così via. Non si può stabilire una vera e propria età media in cui la problematica insorge, perché dipende dalla malattia a cui il dolore è correlato”.
Le conseguenze sulla quotidianità sono notevoli. Non si parla solo della difficoltà nei movimenti, ma del fatto che il dolore assorbe tantissima dell’attenzione del paziente, con inevitabili ripercussioni sulla vita sociale e lavorativa.
“Quello che abbiamo scoperto è che il dolore cronico, magari diversamente da quello che potevamo aspettarci, è riconosciuto come una patologia a tutti gli effetti anche da chi non ne soffre”, ha affermato Sara Carloni, Director Quantitative Research di Elma Research. “Viene data a questa problematica una dignità pari a quella di altre patologie invalidanti. Perfino chi non ne ha esperienza la vive come se fosse difficilmente curabile”.
Che al dolore cronico non ci sia rimedio è una falsa percezione causata dalla poca informazione sul tema. “Nonostante quasi tutti abbiano sentito parlare della patologia, l’informazione rimane a un livello superficiale, tant’è che il 55% dei nostri intervistati ha dichiarato di volerne sapere di più per capire come muoversi nel caso in cui si sviluppasse questa problematica”, ha aggiunto Carloni. “La consapevolezza tocca molto da vicino la popolazione e per l’86% di chi ha risposto al sondaggio le fonti da cui si vorrebbero maggiori notizie sono innanzitutto farmacisti e medici di medicina generale, i primissimi a cui il paziente si rivolge quando accusa un dolore che cresce e dura nel tempo”.
Oltre a questo, ci sono altre due criticità notevoli quando si parla di dolore cronico. La prima riguarda il lungo percorso che porta alla diagnosi. Come emerso dal sondaggio, l’11% non ha ancora ricevuto una diagnosi che certifichi la malattia. “In media passano 6-7 mesi dal sintomo iniziale prima che le persone si rivolgano quantomeno al farmacista”, Carloni è entrata nel dettaglio dei dati. “C’è una tendenza a temporeggiare, a cercare il rimedio fai da te. La cosa ancor più impattante è scoprire che dal primo sintomo al rivolgersi a un medico passano due anni e poi altri 12 mesi per arrivare alla diagnosi effettiva. Se facciamo i conti, il paziente necessita di circa tre anni affinché sia riconosciuto il suo status di persona affetta da dolore cronico”.
L’altro punto dolente è la presa in carico di chi affronta la malattia. La denuncia è arrivata dalla professoressa Pace: “È difficile, perché tutto sommato c’è una scarsa informazione e la rete di terapia del dolore funziona male. In alcune parti c’è, in altre no. Dove è presente non sempre funziona bene, non tutti i professionisti della salute sono informati. Negli ospedali mancano veri e propri team multidisciplinari, il medico tende alla settorializzazione. Un problema, questo, che parte dalle università e continua nel mondo del lavoro. Che cosa dovrebbe fare il paziente? Cercare un centro di terapia del dolore”.
Prima di arrivare alla patologia e alla sua cronicità, si può fare tanto per contrastare l’insorgere della problematica. “Inizialmente l’approccio dovrebbe essere preventivo”, ha ricordato ancora la professoressa Pace. “Si dovrebbe intervenire sugli stili di vita, sulla capacità di movimento. Se e quando il dolore arriva, sono importanti fisioterapia e riqualificazione dello stile di vita, ma il farmaco è necessario nella maggior parte dei casi, a seconda del tipo di dolore che andiamo a prendere in considerazione”.
Del dolore, però, si può anche sorridere, soprattutto se la risata diventa un mezzo per far sì che il messaggio della campagna di Sandoz arrivi a destinazione.
A fare da testimonial nella lotta al dolore cronico sono Corrado Nuzzo e Maria Di Biase, coppia comica sul palco e nella vita che si è messa a disposizione proprio per sensibilizzare attraverso ciò che sanno fare meglio: coinvolgere gli spettatori con uno sketch. Il video, presentato durante il lancio della campagna, sbarcherà nei cinema in autunno con lo scopo di raggiungere il più ampio pubblico possibile, ma è già disponibile sui social dei due artisti.
“La comicità permette di diffondere messaggi importanti in maniera leggera, ma efficace e soprattutto senza banalizzare situazioni di vita reale”, ha detto la coppia. “Una battuta ti rimane in testa, ma sedimenta e, in un secondo momento, può suscitare una riflessione più profonda. Speriamo con il nostro video di contribuire a diffondere il diritto a non soffrire e curare il dolore cronico”.
Mauro Noviello, Head BU Retail&Specialty di Sandoz, ha chiuso la prima giornata dedicata alla campagna informativa. “Operiamo ormai da dieci anni nell’ambito della terapia del dolore”, ha raccontato. “Siamo attivi nel promuovere la cultura di accesso alle terapie antalgiche, invitando i cittadini a rivolgersi ai medici per individuare il percorso di cura più adeguato. Vogliamo che questo messaggio passi anche attraverso il sorriso, perché pensiamo che in questo modo riesca a entrare più velocemente e più nell’intimità del paziente”.
La strada che porta alla consapevolezza e alla decisione di dover agire per affrontare e superare il dolore cronico passa anche da qui.