Si chiama “ageismo sanitario”. Consiste nella strisciante tendenza a classificare, quindi declassificare, la persona sofferente che però ha superato gli ottantacinque anni di età. Si dice nei discorsi tra le persone ma ancora non era stato tematizzato ufficialmente in sede medica il fatto che quando il paziente è particolarmente anziano, oltre che specificamente ammalato, si tende a lasciarlo andare. Non si tratta di evitare l’accanimento terapeutico ma di adottare le cure di cui come persona ha pieno diritto.
Nasce così una carta contro l’ageismo sanitario con azioni concrete per combattere il pregiudizio negli ospedali.
Geriatri in mobilitazione. Lanciano un appello sui diritti alla cura per l’anziano e accusano il Servizio sanitario nazionale di non investire risorse su questo obiettivo. Secondo i dati evinti dai geriatri cardiopatici quattro anziani (sopra gli 85 anni) su dieci non ricevono sufficienti cure. Mentre quando si tratta di patologie cardio-cerebrovascolari (riguardano il 60% di coloro che hanno superato i 65 anni di età e l’80% di coloro che superano gli 85 anni) il quasi disinteresse clinico è diventato la prassi.
Si inizia dalle prescrizioni farmacologiche e si finisce ai controlli richiesti dalle linee guida che quando la persona supera i fatidici 85 anni si dimezzano. Solo quattro anziani su dieci, si rileva nei dati dei geriatri, sono sufficientemente trattati.
È nata così la Carta di Firenze. Si tratta del primo manifesto mondiale contro il cosiddetto ageismo sanitario. Vuole combattere lo stereotipo dell’anziano e introdurre elementi che obblighino il medico alla massima vigilanza sanitaria. Sarà presentata al congresso ‘Anti-ageism Alliance, il 5 e il 6 aprile a Firenze organizzato dalla Fondazione Menarini con il patrocinio della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria.
In Italia quelli che superano gli 85 anni di età sono due milioni duecentomila persone.