ROMA – Si è chiusa a Roma la 19esima edizione del Forum Meridiano Sanità ‘Health for all Policies: verso una nuova visione strategica del sistema sanitario per la crescita del Paese’. Ospitato allo Spazio Esposizioni, l’evento ha messo al centro le difformità territoriali, il ruolo della promozione della salute e della prevenzione per un invecchiamento attivo e in salute e la strategia nazionale delle Life Sciences.
Il monitoraggio dell’erogazione dei Lea sul territorio nazionale ha messo in luce come solo 13 regioni e province autonome siano risultate adempienti nelle 3 macro-aree Prevenzione collettiva e salute pubblica, Assistenza Distrettuale e Assistenza Ospedaliera, evidenziando un importante grado di difformità e un forte gradiente nord-sud con ripercussioni sull’equità di accesso alle prestazioni sanitarie. Inoltre, a livello complessivo, le aree Prevenzione e Assistenza Distrettuale mostrano le maggiori criticità, con l’Area Prevenzione che ha ottenuto il punteggio complessivo più basso e l’Area Distrettuale che è peggiorata nell’ultimo triennio. L’Area Ospedaliera è l’unica in costante miglioramento, con tutte le regioni, ad eccezione della Valle d’Aosta, che nel 2022 hanno incrementato il loro punteggio rispetto al 2020.
L’attuale sistema di monitoraggio dei Lea deve superare alcune criticità che lo contraddistinguono per diventare uno strumento più completo e accurato, in grado di restituire una fotografia della capacità dei Servizi sanitari regionali di rispondere ai bisogni di salute dei cittadini. Se il sistema di monitoraggio deve permettere di valutare in modo sistematico l’erogazione delle prestazioni sanitarie essenziali, garantendo l’appropriatezza e l’efficienza nell’utilizzo delle risorse pubbliche e assicurando che le stesse siano effettivamente fornite a tutti i cittadini in modo uniforme sul territorio, è necessaria un’integrazione della griglia di indicatori di monitoraggio per catturare la complessità e la diversità delle sfide affrontate dai sistemi sanitari regionali.
Appare ad esempio prioritario superare la distinzione tra indicatori CORE e non-CORE, garantire la disponibilità di flussi di dati completi e affidabili in tutte le regioni e definire nuovi indicatori a partire da quelli relativi alla salute mentale e ai soggetti ad alto rischio cardio-metabolico nell’area Distrettuale, alle coperture delle vaccinazioni indicate nel calendario vaccinale/di immunizzazione e al monitoraggio delle infezioni correlate all’assistenza nell’area Prevenzione. La prevenzione, come sottolineato ieri dal ministro della Salute, Orazio Schillaci in apertura del Forum Meridiano Sanità, è anche la prima leva su cui agire se ‘vogliamo che un sistema universalistico come il nostro possa continuare a essere sostenibile, in considerazione dei trend demografici ed epidemiologici’.
‘Nonostante gli investimenti in prevenzione siano in grado di migliorare la resilienza sociale ed economica del Paese- ha spiegato Daniela Bianco, Partner di The European House – Ambrosetti e Responsabile Practice Healthcare di TEHA Group– al centro delle nuove regole europee di programmazione economica, nel Piano Strutturale di Bilancio di Medio Termine 2025-2029 occupano uno spazio residuale”. ”Nel nuovo regime di Governance europea- ha proseguito- la spesa sanitaria e, in particolare, la spesa per la prevenzione, può essere considerata un investimento in sicurezza sociale, allo stesso modo degli investimenti in difesa, digitale e green, non concorrendo quindi al deficit e offrendo maggiore flessibilità agli Stati Membri, a partire dall’Italia caratterizzata da un elevato indebitamento’.
LE DIFFERENZE DI SPESA IN PREVENZIONE IN ITALIA
In Italia permangono ampie differenze di spesa in prevenzione tra le varie regioni e province autonome, con poche regioni che superano il target di spesa in prevenzione del 5%. La spesa pro capite in prevenzione, con una media nazionale pari a 109,6 euro nel 2023, oscilla tra un massimo di 160,8 in Molise e un minimo di 85,9 in Liguria, con un differenziale per singolo cittadino di quasi 75 euro, in riduzione rispetto agli anni precedenti. Alla variabilità regionale si aggiunge una criticità relativa all’allocazione delle risorse dedicate alle singole voci: anche nel 2023, le voci di spesa più propriamente dirette alla salute delle persone (sorveglianza, prevenzione e controllo delle malattie infettive e parassitarie, sorveglianza e prevenzione delle patologie croniche) rimangono al di sotto della soglia del 50% del totale.
LA SURVEY DI MERIDIANO SANITA’ E SWG SULLA PREVENZIONE
Secondo una survey realizzata da Meridiano Sanità con Swg, che ha avuto come oggetto proprio le opinioni e i comportamenti degli italiani nei confronti della prevenzione, solo il 23% degli italiani si definisce molto proattivo verso la prevenzione, sostenendo di impegnarsi regolarmente per uno stile di vita sano e sottoporsi a controlli medici periodici. Tra le ragioni sottese a una limitata propensione/partecipazione alle attività di prevenzione figurano le barriere economiche tra i senior, e il senso di benessere percepito e di mancanza di tempo, soprattutto tra i giovani: tutti fattori che, insieme al timore di fare scoperte negative in fase di controllo, contribuiscono a ridurre la frequenza dei controlli preventivi.
Con riferimento agli stili di vita, il 18% dichiara di non presentare alcun fattore di rischio tra consumo di alcol e tabacco, dieta non equilibrata e sedentarietà, con percentuali che aumentano tra i laureati e tra quanti abitano nelle grandi città. Un altro 18%, invece, presenta almeno 3 fattori di rischio, con valori più elevati tra la Gen Z, gli abitanti di Isole e nord-est e gli abitanti dei piccoli centri.
GLI SCREENING E L’ADESIONE ALLE CAMPAGNE DI IMMUNIZZAZIONE
Guardando agli screening il 30% dei cittadini di età compresa tra 50 e 70 anni ha dichiarato di non aver mai eseguito lo screening del colon-retto, percentuali che scendono al 15% per la cervice uterina nelle donne di 25-64 anni e al 13% per la mammografia nelle donne di 50-69 anni. Preoccupante anche che circa il 40% dei cittadini non esegua gli screening oncologici da più di 1 anno.
In termini di adesione alle campagne di immunizzazione, l’indagine mette in luce un aumento significativo della propensione degli italiani verso i vaccini anti-pneumococco, anti-Herpes Zoster e anti-Hpv, con un particolare incremento tra le donne, mentre tra i giovani emerge una generale e crescente apertura nei confronti della vaccinazione. Se in termini di vaccinati e possibilisti rispetto a queste campagne vaccinali, la percentuale di adesione si aggira intorno al 50%, tra coloro che mostrano atteggiamenti meno propensi, la vera causa di una scarsa adesione alle campagne vaccinali sembra essere la mancanza di comunicazione, tanto che, secondo la survey, 1 italiano su 4 potrebbe avvicinarsi a queste vaccinazioni grazie a una maggiore informazione.
La qualità delle informazioni relative alla prevenzione viene percepita come scarsa, contraddittoria e confusa da quasi l’80% degli intervistati, che denunciano una carenza di dati e notizie adeguate: solo i neo-genitori e coloro che godono di una migliore salute esprimono giudizi più positivi. Per migliorare la comunicazione sulla salute, è necessaria una combinazione di iniziative di tipologie tra loro differenti: i Boomers preferiscono un contatto diretto con il medico o il farmacista e apprezzano le campagne istituzionali frequenti, mentre i giovani danno maggiore importanza alla sensibilizzazione attraverso eventi in presenza. Nella comunicazione il tono di voce e lo stile comunicativo devono essere semplici e chiari e provenire da professionisti, mentre tra i giovani, l’aspetto visivo della comunicazione è particolarmente rilevante.
L’INDAGINE DI MERIDIANO SANITA’
Meridiano Sanità ha condotto anche un’indagine con le Direzioni Prevenzione delle regioni e province autonome italiane, volta a comprendere se, in che misura e con quali modalità, le regioni hanno realizzato campagne di comunicazione sulle tematiche di prevenzione nel corso dell’ultimo anno (2023). A oggi, 3 regioni su 4 dichiarano di essersi dotate di un piano o di una strategia di comunicazione delle attività del Piano Regionale Prevenzione (43%) o di aver previsto una sezione/capitolo dedicato a queste tematiche all’interno del Piano regionale di Comunicazione (29%). Una regione su 3 dichiara invece di avere un ufficio/settore specificamente dedicato alla comunicazione in quest’ambito. Il finanziamento delle attività di comunicazione in prevenzione avviene principalmente attraverso l’utilizzo di fondi regionali, pari all’86% delle regioni.