Il senso comune pare essere già arrivato a quello che invece si preannuncia un nodo problematico sul quale i legislatori dovranno mettere mano con attenzione. Le prime rigidità da risolvere sono quelle relative alla difesa dei dati personali sui quali vige una regolamentazione molto netta non allineata però alla necessità di far viaggiare i dati, di saperne disporre, di elaborare casistiche molto più approfondite e particolareggiate per ogni singola patologia.
Se n’è discusso grazie al convegno organizzato dall’Osservatorio Sanità e Salute. L’approfondimento delle questioni rimaste attualmente aperte evidenzia una soluzione non immediata. Se infatti ogni singolo paziente è abituato oramai a farsi la diagnosi rudimentalmente guardando alcuni motori di ricerca sul computer, lo stesso non si può fare con altrettanta superficialità quando sono i medici a dover ponderare l’analisi di una patologia ed elaborare una linea curativa.
In tal senso, secondo gli intervenuti, ciascuno per una loro specificità tematica, i lavori sono ancora in alto mare. In oncologia, dove non a caso sussistono sempre i problemi più grandi di interpretazione attraverso la semiologia medica, si sono mostrati alcuni progressi evidenti.
Su queste prospettive interviene Arsela Prelaj, oncologa e coordinatrice del laboratorio specificamente istruito. L’espressione chiave è AI generativa. “Con questo ultimo termine si prospetta la capacità di diagnosticare in anticipo l’insorgenza di una patologia oncologica. Ma anche comprendere in anticipo l’evoluzione o l’involuzione della patologia. In questa dimensione domani avremo un ospedale sempre più decentralizzato e puro luogo di coordinamento delle attività sanitarie varie – quindi diagnostiche, interventistiche, ma anche e soprattutto di elaborazione dei dati – per arrivare a diagnosi e approcci di intervento sempre più precisi e risolutivi”.
Secondo l’ingegnera biomedica Manuela Appendino quella dell’intelligenza artificiale consiste in una dimensione esplorativa che ha bisogno di continue verifiche mediche sia di metodo che di resa in termini di risultati positivi col paziente.
Mentre Gian Luca Foresti, docente dell’Università degli Studi di Udine parlando della sicurezza dei dati sanitari, evidenzia la decisiva delicatezza delle modalità di ricezione e l’importanza di colmare la loro costante incompletezza. “La sicurezza nelle modalità di essere trattati è una costante preoccupazione. Altro problema è il loro aggiornamento costante. Ma fondamentale è la relazione di fiducia tra medico e paziente, proprio per informare bene questi dati. Empatia e compassione non devono mancare”.
Responsabilità e trasparenza sono però i fronti dell’applicazione dell’intelligenza artificiale. Carlo Rossi Chauvenet, docente di Diritto della Protezione dei Dati, guarda proprio ai limiti della condivisione. “I limiti dell’approccio devono valutare se sussistono rischi alti in relazione all’eccesso di conoscenza dei tratti di uno specifico caso di malattia. Ma un dato positivo consiste nella condivisione delle informazioni finalizzate alla cura che debbono essere messi a disposizione in altri contesti medici. Ci sta lavorando l’Unione Europea che finora è rimasta dietro a Cina e Stati Uniti”.
Su tutte l’apologo raccontato in conclusione dal coordinatore Stefano Vella, docente di Metodologia Clinica. “Un tempo il consulto medico avveniva tra vari specialisti ascoltano buon ultimo il patologo che dava sempre la chiave finale, risolutiva, comprendente le questioni aperte dai colleghi. Solo che quasi sempre arrivava tardi, quando il paziente era morto. Ebbene, la prospettiva dell’intelligenza artificiale è che questa tempesta di cervelli con conclusione finale corretta arrivi in tempo reale al presentarsi del malato in situazione clinica”.