ROMA – È il 2006 quando a Sara, 11enne di Napoli, viene diagnosticato un tumore di Wilms, o nefroblastoma, cancro che colpisce i reni, neoplasia caratteristica dell’età pediatrica. La giovane, che oggi sta per compiere 30 anni, viene presa in carico dall’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. ‘Non è stato facile trasferirmi in una città che non era la mia e lasciare tutto: la casa, gli amici, i genitori, la scuola.
Eppure ho ricevuto un supporto enorme, sia in ospedale che presso l’associazione ‘La Casa di Peter Pan’, che ha accolto anche mia mamma. Sono guarita una prima volta nel 2007, l’anno dopo mi sono ammalata nuovamente per poi guarire definitivamente nel 2009. È stato un percorso duro: ho perso i capelli, ho cambiato il mio aspetto fisico ma oggi sto bene, ho fatto tutti i controlli e sono guarita. Ai ragazzi che devono affrontare il cancro dico di lottare, di sorridere, di affidarsi ai medici e di chiedere aiuto quando ne hanno bisogno‘.
Martina è di Bari e di anni ne ha 17 quando il cancro entra prepotentemente nella sua vita e in quella della sua famiglia. ‘Si è trattato di un fulmine a ciel sereno. Non avevo grandi sintomi ma, a seguito di una febbre che si presentava una volta a settimana, il mio medico di base, che è stato davvero lungimirante, mi ha consigliato di fare una radiografia.
Ulteriori esami strumentali hanno poi evidenziato un linfoma. Oggi che ho 21 anni mi reputo comunque fortunata per aver scoperto la malattia fin da subito, la mia è una storia felice. Voglio inoltre sottolineare che sono stata curata in un centro davvero ottimo, non solo da un punto di vista medico ma anche dal punto di vista umano, grazie al lavoro d’equipe portato avanti dalla psiconcologa, dal musicoterapeuta e da tante altre persone che mi hanno regalato momenti di evasione da quelle tristi mura’.
Carmen è originaria di Casapesenna, alle porte di Caserta. Ha 16 anni, da 15 è una paziente oncologica. Una vita intera abbracciata alla neoplasia. Carmen, che oggi frequenta il liceo Stile e moda, ha infatti solo un anno quando le viene diagnosticato un astrocitoma pilocitico della regione ottico diencefalica. ‘Purtroppo il reparto dove sono stata curata da piccolina è stato chiuso durante la pandemia. Nonostante questo mi reputo fortunata ad essere stata presa in cura lì, perché mi è stato insegnato che anche se si ha un tumore non ci si deve mai sentire inferiore a nessuno e non ci si deve mai porre alcun limite, perché l’unico limite siamo noi stessi. Ringrazio Paolo Viti, perchè mi ha insegnato come affrontare il tumore, e ringrazio i medici del reparto, che sono stati come una famiglia: si vedeva che lavoravano davvero per passione’.
Con Daniela, 47enne di Velletri, facciamo un passo indietro nel tempo. ‘Io appartengo all’era dell’oncologia pediatrica degli anni 80, quando non si conoscevano tante realtà di oggi: non c’era lo psicologo in reparto, non c’erano i reparti di oncologia pediatrica, non c’era nulla. La mia gratitudine va innanzitutto ai medici che mi hanno curato, ma soprattutto a quei genitori che, dopo la perdita di un figlio, hanno trovato il coraggio di fondare associazioni di volontariato che in qualche modo hanno acceso i riflettori su questi bisogni. Quando ad essere colpito è un bambino va in tilt tutto l’equilibrio di una famiglia: io avevo tre anni quando mi è stato diagnosticato un neuroblastoma. Vivevo in un paese vicino Roma, mia madre si è dovuta trasferire perché non esistevano i day-hospital ma io venivo ricoverata per periodi molto lunghi, a volte anche due mesi. Quindi non vedevo mio padre e le mie sorelle se non sporadicamente’.
Daniela oggi è endocrinologa all’ospedale San Carlo di Nancy a Roma, è esperta di ecografia del collo e docente presso la Scuola italiana di ecografia tiroide della Società Italiana di Ultrasonologia in Medicina e Biologia (Siumb). ‘Al cancro nel bambino si è meno abituati rispetto a quello che colpisce un adulto, e questo lo dico anche da medico perché ho avuto la fortuna non solo di guarire ma di restituire tutto quello che la vita di bello mi ha donato, prendendomi cura della salute delle persone. Quando si fa una diagnosi di cancro all’adulto fa male, si è tristi, ma quando è il bambino ad essere il protagonista è davvero un qualcosa di terribile‘.
I NUMERI
Sara, Martina, Carmen e Daniela sono solo quattro di tante, troppe persone che ogni anno ricevono una diagnosi di cancro: secondo i dati dell’Associazione Italiana di Ematologia e Oncologia Pediatrica (Aieop), sono circa 1.400 i bambini tra 0 e 14 anni e 800 gli adolescenti tra 15 e 19 anni.
Sara, Martina, Carmen e Daniela si sono raccontate all’agenzia Dire a margine del convegno ‘Oncologia Pediatrica in Italia: cosa c’è di nuovo? Come evolvono le Terapie, come evolvono le Associazioni dei Genitori’.
Ospitato presso l’Aula Gruppi Parlamentari della Camera dei Deputati, l’evento è stato organizzato dalla Federazione Italiana Associazioni Genitori e Guariti Oncoematologia Pediatrica Ets (Fiagop), con il contributo scientifico di Aieop e grazie al contributo non condizionante di Norgine.
In una sala gremita hanno preso posto, l‘uno accanto all’altro, medici, associazioni di pazienti ed esponenti delle istituzioni. ‘Nel nostro Paese– ha detto il vicepresidente della Camera, Giorgio Mulé– l’80% di chi ha un tumore in età pediatrica guarisce. Lavoriamo per mettere in condizione i medici di avere e scoprire nuove terapie, di affrontare con soluzioni terapeutiche sempre più innovative il cancro infantile, con quella medicina personalizzata che oramai si è fatta strada nella cura. Di strada ne è stata fatta, lo sappiamo. Erano meno del 60% i piccoli che guarivano dai tumori cinquant’anni fa, oggi siamo a quasi 90% di guarigione nel caso di leucemie e linfomi. Non ci basta. Accanto alle terapie va indagato il perché delle cause- ha proseguito- individuare i fattori di rischio genetici e ambientali, lavorare a testa bassa sulle diagnosi precoci, sulla capacità di bloccare leucemie, tumori cerebrali, linfomi, neuroblastomi, nefroblastoma e tumori ossei allo stadio iniziale. Ci siamo tutti, nessuno si tira indietro’.
“Qui in Parlamento siamo tutti della stessa parte della barricata– ha poi precisato Mulè- non c’è differenza di partito o di schieramento. Mi piace dire che non esiste maggioranza e opposizione. Mi piace ricordare il piccolo ma fondamentale tassello che abbiamo introdotto due mesi fa, prevedendo la presenza di uno psicologo nei reparti di oncoematologia pediatrica negli ospedali pubblici. Piccoli passi, uno dopo l’altro per arrivare il più possibile vicini al 100% di guarigioni“.
Nel corso dell’evento si è parlato proprio dell’importanza della figura dello psiconcologo. La coordinatrice alla Camera dell’Intergruppo parlamentare ‘Insieme per un impegno contro il Cancro’, Vanessa Cattoi, ha sottolineato che ‘l’approccio psicologico, soprattutto nei confronti dei più piccoli, quindi dei malati oncologici pediatrici, è fondamentale. È importante non solo per loro ma anche per tutto il nucleo familiare che accompagna il bambino in questo percorso di cura.
L’impegno dell’Intergruppo e di tutti noi parlamentari, indipendentemente dall’appartenenza partitica, è di portare avanti questo importante tema, che abbiamo già affrontato attraverso una proposta di legge depositata sia alla Camera che al Senato’.
“Da questo convegno- ha commentato il presidente Fiagop, Paolo Viti– è emersa la cosa più importante, ovvero il collegamento tra medici e associazioni di pazienti, che lavorano insieme. I medici fanno ricerca, si impegnano sul fronte delle nuove strategie mediche e sui nuovi farmaci, noi abbiamo il compito di aiutare a livello economico e psicologico le famiglie dei piccoli pazienti oncologici, senza dimenticare che supportiamo la ricerca, offriamo accoglienza e la possibilità di praticare attività sportiva e riabilitazione fisica. Ogni anno perdiamo 500 bambini: dobbiamo abbattere questi numeri, il vero obiettivo è arrivare a zero“.
“L’80% dei bambini guarisce dal cancro ma questo non è sufficiente– ha spiegato la presidente Aieop, Paola Mastronuzzi– perché noi speriamo di ottenere un 100%. Ovviamente in medicina un 100% non esiste, ma aspiriamo al 100% perché ogni bambino ha diritto di vivere una vita intera, come se non si fosse mai ammalato di cancro. È per questo che i nostri sforzi sono concentrati sul migliorare la percentuale di bambini guariti, ma soprattutto a migliorare anche la qualità della vita dei bambini che guariscono da un tumore sofferto in età pediatrica“.
Un convegno dal rilevante valore scientifico e sociale quello ospitato alla Camera: i più illustri oncologi pediatri italiani hanno infatti esposto i risultati dei più aggiornati studi e delle ricerche nell’ambito delle innovazioni terapeutiche che stanno migliorando la qualità della vita dei piccoli che ogni giorno combattono contro il cancro.
DALLE TERAPIE INNOVATIVE ALL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE
“Le terapie innovative- ha dichiarato Franco Locatelli, professore ordinario di Pediatria all’università Cattolica del Sacro Cuore, direttore dell’area di Oncoematologia Pediatrica e Terapia Cellulare e Genica dell’Irccs ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma e presidente del Consiglio Superiore di Sanità– rappresentano chiaramente la direttrice lungo la quale si sta orientando l’oncologia pediatrica. Oggi ne abbiamo diversi modelli, che vanno dalle forme di immunoterapia alle terapie molecolarmente mirate. Grazie a esse riusciamo a recuperare pazienti che falliscono i trattamenti convenzionali e possiamo anche immaginare di ridurre l’intensità dei trattamenti chemioterapici. Investire in ricerca è fondamentale per tutta la medicina, per il futuro di un Paese, ma particolarmente per chi si occupa della cura di bambini ammalati di cancro“.
Nel corso dei lavori spazio anche al ruolo dell’Intelligenza artificiale nell’ambito della neuro-oncologia pediatrica. “L’Intelligenza artificiale può essere di grande supporto in tanti modi e questo avviene già nel nostro reparto- ha informato Diana Ferro, research and data scientist presso l’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma– perché aiuta il medico a reperire evidenze e informazioni in maniera più facile dalla letteratura, aiuta il radiologo a interpretare meglio le diverse radiografie o risonanze magnetiche e può anche aiutare l’oncologo a capire quali siano i percorsi terapeutici migliori per il paziente sulla base, ad esempio, della genetica. Ma l’Intelligenza artificiale può aiutare anche il paziente attraverso la caratterizzazione delle sindromi di predisposizione al cancro per capire, una volta guarito, come continuare a sopravvivere. Tutta questa Intelligenza artificiale ha bisogno di moltissimi dati: è quindi importante che i pazienti capiscano che il dato viene trattato nel rispetto della privacy e con il solo desiderio di portare avanti le cure e la speranza”.
Ad arricchire il convegno le relazioni di Michela Casanova, Dirigente Medico presso la Pediatria Oncologica della Fondazione Irccs Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, che ha fatto il punto sulle ‘Novità nel trattamento dei tumori solidi’, Anna Maria Alfani, consigliera Fiagop e presidente Open, che ha parlato del ‘Fondamentale contributo delle associazioni alla ricerca scientifica’, Carmelo Rizzari, Professore di Pediatria presso l’Università di Milano-Bicocca, che si è soffermato sul tema ‘L’evoluzione dei protocolli Aieop per le leucemie acute: dalla dimensione nazionale a quella internazionale’, e di Alberto Garaventa, Direttore della UO di Ematologia e Oncologia Pediatrica presso l’Istituto Giannina Gaslini, che ha tenuto una Lectio Magistralis sul tema ‘Neuroblastoma: una sfida attuale’.
Nella parte finale del convegno sono intervenute Francesca Poli e Rosmara Mesto dell’Associazione Apleti Bari, che hanno discusso di ‘Riabilitazione e sport’, mentre Rossella Marsala, consigliera Fiagop e volontaria Ageop Ricerca, ha acceso i riflettori sul ‘Sostegno psicologico: il ruolo delle associazioni dei pazienti a fianco della sanità, supporto essenziale per il sostegno psicologico e la cura’.