Scoppia la bufera nel Pdl. Dopo le dimissioni di massa dei ministri imposte da Silvio Berlusconi,
l’ormai ex vice premier Angelino Alfano si ribella al Cavaliere, definendosi contrario a posizioni
estremiste. Un modello sostenuto dagli ex ministri Maurizio Lupi, Beatrice Lorenzin, Gaetano
Quagliarello e Nunzia De Girolamo, i quali, dissociandosi dai falchi, vedono proprio nell’attuale
segretario la possibile guida di una forza moderata.
Una presa di distanza che non ha niente a che fare con il tradimento. I dissidenti ribadiscono la
propria lealtà al Cavaliere, senza però riconoscersi in quella “destra radicale” che non ha esitato ad
etichettarli come adulteri. Un colpo di scena messo in atto proprio da colui che più si mostrava
servile nei confronti di Berlusconi, emblema del crollo di un idolo e probabile causa di una severa
scissione.
Si aprono nuove frontiere pure nel Pd con l’entrata in scena di un nuovo personaggio, il dalemiano
Gianni Cuperlo. In vista delle primarie per l’elezione del nuovo segretario, fissate per l’8 dicembre,
Cuperlo sfida il favoritissimo sindaco di Firenze. Un passato da segretario della Fgci, l’ultimo di
questa organizzazione giovanile appartenuta a Berlinguer, Occhetto, D’Alema, il candidato triestino
è consapevole delle scarsissime possibilità di vittoria, ma non per questo si arrende.
Ha una certa passione per i perdenti, in particolare per la figura di Antonio Salieri, riconoscendo in
lui quel profondo tormento scaturito dall’impossibilità di essere il numero uno. Una frecciata contro
il rivale Renzi-Mozart? Di lui attacca soprattutto la furia verbale, ponendosi agli antipodi con la sua
sobria figura di anti-leader.
A chi lo vede come un nostalgico candidato della vecchia sinistra, lui risponde con “incorreggibile
ottimismo”, citando il francese Jean-Michel Guenassia, e si prepara al duello in tv con l’avversario
fiorentino. Nonostante la rivalità, si dimostra socievole nei confronti del rottamatore, comprendendo
la potenza della sua carica rinnovatrice. Eppure, in caso di vittoria di una corrente così eversiva si
avrebbe una scissione della fazione post-comunista, contrapposta all’egemonia di Renzi.
I partiti che più hanno segnato il governo delle larghe intese si ritrovano quindi in un clima assai
disomogeneo. Quelli che dovrebbero garantire l’unità del paese si rivelano meno compatti di quanto
dovrebbero invece dimostrare, per non perdere quel minimo di fiducia rimasto nelle autorità
politiche. I marchi italiani vengono intanto svenduti all’estero, sotto lo sguardo critico dell’UE: il
cambiamento potrà pure essere alle porte, ma le importanti questioni sulla legge elettorale e sulla
stabilità non verranno di certo risolte in questo labile contesto.
Enrico Letta, nel frattempo, si mostra deciso nel voler proseguire la sua opera, chiamando a sé i
ribelli del Pdl e biasimando aspramente la condotta di Silvio Berlusconi. In caso di ritorno alle urne
con il porcellum al Senato, infatti, si otterrebbero nuovamente delle larghe intese. Uno sviluppo che
il premier vorrebbe assolutamente evitare. Giada Consigli