ROMA – Stefano Fassina, viceministro del Pd a Palazzo Chigi, ha dato l’addio alla poltrona dopo quanto detto da Matteo Renzi nella conferenza stampa fiorentina.
Ieri, alla fine della riunione della segreteria del Pd, il rottamatore a una domanda su cosa ne pensasse della richiesta di rimpasto del governo avanzata più volte da Fassina ha risposto: “Fassina chi?”. E subito il viceministro ne ha tratto le conseguenze rassegnando le proprie dimissioni al premier Letta. Nella motivazione comunicata ufficialmente al presidente del Consiglio era scritto: “Le parole del segretario Renzi su di me confermano la valutazione politica che ho proposto in questi giorni. La delegazione del Pd al governo va resa coerente con il risultato congressuale. Non c’è nulla di personale. È questione politica. È un dovere lasciare per chi, come me, ha sostenuto un’altra posizione. È responsabilità di Renzi, che ha ricevuto un così largo mandato proporre uomini e donne sulla sua linea. Di conseguenza restituisco irrevocabilmente il mio incarico al presidente Letta. Ringrazio il presidente Letta per la fiducia che mi ha concesso. Ringrazio anche il ministro Saccomanni per l’opportunità che mi ha dato per lavorare con lui. Ringrazio i colleghi, il viceministro Casero e i sottosegretari Giorgetti e Baretta per l’ottima intesa che abbiamo avuto. Continuerò a dare il mio contributo al governo Letta dai banchi della Camera“.
Ad apprezzare la scelta dimissionaria sono stati molti esponenti del centrodestra.
Daniela Santanchè, ha commentato :“Spiace vedere che Fassina ha più coraggio e dignità di Alfano, non si può stare al governo con chi ti umilia e ti sbeffeggia tutti i giorni”.
Mentre Gianni Cuperlo, presidente dell’Assemblea nazionale del Pd, ha dichiarato:” Sono colpito per le dimissioni e ancor più dispiaciuto per l’episodio che le ha generate. In un partito servono le idee ma, assieme, serve il rispetto per le persone. Tutte, a cominciare da quelle che fanno parte della tua stessa comunità. Oggi la battuta del segretario del nostro partito non è stata una traduzione felice di questo spirito. Mi auguro si tratti di un incidente e nulla più”.
Ernesto De Benedictis