ROMA – Lo scorso giovedì all’Auditorium Capitolino, il leader di viale dell’Astronomia, Giorgio Squinzi, ha commentato l’esito delle ultime elezioni europee, dichiarando: “Il mandato popolare dato al principale partito di Governo e al suo leader Matteo Renzi, testimonia la voglia di cambiamento che c’è nel Paese. Questa voglia attende fatti che diano sostanza alle riforme e alla crescita”.
Alla vigilia del semestre italiano dell’Ue il patron di Mapei si rende disponibile nella battaglia contro la troppa austerity in Europa, ma in cambio chiede a Renzi di realizzare le riforme sulla burocrazia, sul fisco, sul welfare, sugli ammortizzatori e sui contratti : “Premier non ci deluda”, dice dal palco al vincitore delle elezioni.
“Temo che anche quest’anno la crescita che vorremmo vedere non ci sarà e, assieme alla crescita, non ci sarà il lavoro. Non è questa l’Italia che vogliamo. Non ci rassegniamo a un Paese stanco, sfiduciato, vittima di mali antichi, astruso e ostile alla cultura d’impresa. E’ arrivato il momento di costruire un’Italia nuova, di superare le vecchie logiche, non avere paura del nuovo. Dalla crisi possiamo uscire solo decidendo ciò che da almeno due decenni non abbiamo avuto il coraggio di fare. Cambiare decidendo”, avverte Squinzi continuando nel suo discorso all’assemblea.
“L’articolo 41 della Costituzione, quello che stabilisce che l’iniziativa economica privata è libera in Italia non è più un diritto garantito, Confindustria non lo può più accettare. Le imprese sono un bene di cui il Paese dovrebbe essere orgoglioso. Bisogna pertanto favorire la contrattazione aziendale virtuosa, che lega i salari ai risultati aziendali, cioè privilegiare la natura dei salari, piuttosto che la loro fonte e consentire di decontribuire e detassare quello di produttività anche se nasce dall’autonoma decisione dell’imprenditore. Confindustria chiede anche di semplificare e migliorare la disciplina del contratto a tempo indeterminato, rendendolo più conveniente e attrattivo per le imprese e non c’è invece bisogno, di un nuovo contratto neppure a tutele crescenti”, aggiunge in conclusione Squinzi facendo poi un appello al sindacato: “Guardiamo al mondo. Non chiudiamoci conservativamente nel nostro familiare ma ristretto orizzonte domestico. Il tempo delle eterne liturgie è trascorso. Per questo dal sindacato mi aspetto uno sforzo di innovazione”.
Ernesto De Benedictis