Prima del 1944, le banche degli stati dovevano avere una quantità di oro nei loro forzieri pari al denaro che stampavano. Con gli accordi di Bretton Woods, si decise che solamente il dollaro dovesse avere la controvertibilità in oro e le altre monete potessero essere scambiate con il dollaro che faceva da garante. Venne sancita, inoltre, la creazione del Fondo Monetario Internazionale. Il FMI aveva il compito di vigilare sulla stabilità monetaria con l’obiettivo di ricostituire un commercio internazionale aperto e multilaterale.
Fino all’inizio degli anni ’70, il sistema fu efficace nel controllare i conflitti economici e nel realizzare gli obiettivi comuni degli stati. La guerra del Vietnam però fece aumentare fortemente la spesa pubblica statunitense e mise in crisi il sistema. Gli USA stamparono, senza avere il controvalore in oro, quasi 90 miliardi di dollari creando un’inflazione globale. Ciò costrinse il presidente Nixon, il 15 agosto 1971, a far cadere la convertibilità del dollaro con l’oro che fu sostituita dal più naturale sistema di cambi flessibili. Caduta la controvertibilità, il denaro non doveva essere addebitato ai cittadini, ma accreditato in quanto esso era divenuto la misura del valore dei beni e servizi che i cittadini producevano.
Nel 1971 il debito pubblico dell’Italia, convertito in euro, era di 16 miliardi e 145 milioni, ma nella realtà questo debito non esisteva in quanto la Banca d’Italia era, come previsto dall’articolo 3 del suo statuto, un ente di diritto pubblico a maggioranza pubblica che poteva stampare la moneta a suo piacimento ripagando i debiti che contraeva.
Nel 1981, il Ministro del Tesoro Andreatta e il governatore della Banca d’Italia Ciampi tolsero, alla banca, l’obbligo di acquistare tutti i titoli di stato che venivano emessi e quindi di finanziare il debito pubblico, che passò così in soli dieci anni da 142 miliardi a ben 850 miliardi.
Con la legge 35/1992 del Ministro del Tesoro Guido Carli, ex governatore della banca in questione, inizia la cessione delle quote di Banca d’Italia a enti privati. Il 95% delle quote andò così in mano a banche private che le avevano acquistate dai principali gruppi bancari, quali Comit, Credito Italiano e Banco di Roma, che ne garantivano la maggioranza pubblica. Gli acquirenti autorizzati a comprare i titoli di stato erano banche commerciali e istituzioni finanziarie private come IMI, Monte dei Paschi, Unicredit, Goldman Sachs e Merryl Linch. Il debito, ora, era divenuto reale in quanto contratto verso istituti bancari privati.
La definitiva privatizzazione della Banca d’Italia, avvenne grazie al governo Prodi che, il 16 dicembre 2006, modificò lo statuto della banca all’articolo 3, facendo sì che essa non fosse più un ente di diritto pubblico. In pochi anni, il debito superò i 2040 miliardi di Euro.
Nel 2001 in Italia è entrata in vigore la moneta europea. L’Euro è una moneta creata dal nulla che viene trasferita dalla Banca Centrale Europea (con sede a Francoforte, in Germania) alle grandi banche commerciali private che a loro volta la prestano agli stati ad altissimi interessi, generando un debito pubblico. La BCE, che gestisce l’euro, ha potere decisionale sulle politiche sociali degli stati che dal 2012, in seguito ai trattati del Fiscal Compact, sono ancora più limitati nelle proprie politiche economiche.
L’Italia è così divenuta ostaggio delle banche e destinata al fallimento.
di Fabio Galli