Da quasi una settimana molteplici scioperi e proteste stanno travolgendo la “Regione Amministrativa Separata” di Hong Kong. Il motivo risiede nell’avversione della popolazione asiatica alla nuova legge elettorale annunciata dal governo cinese il 31 agosto. Gli studenti, principali portavoce della sommossa, chiedono le dimissioni dell’attuale governatore della regione Chung – Ying Leung. Quest’ultimo parla di «dimissioni impossibili».
Dal 1 luglio 1997 Hong Kong smise di essere una colonia britannica, ritornando sotto il controllo di Pechino. La “Joint Declaration” del 1984 tra Cina e UK stabiliva però che la regione avrebbe dovuto conservare la propria autonomia politico-economica in seguito al passaggio di sovranità. Hong Kong si caratterizzava per un sistema liberal-democratico, differente da quello cinese, tanto che si stabilì di regolare le loro relazioni in base al principio “uno stato, due sistemi”. La Repubblica Popolare Cinese (RPC) non ha mai visto di buon occhio questa situazione poiché, secondo gli statisti cinesi, l’immagine del paese a livello internazionale potrebbe a lungo risentirne. Inoltre Hong Kong è una zona commerciale molto importante, di grande interesse per Pechino.
In vista delle elezioni del 2017, il governo della RPC ha annunciato la scorsa estate che il successore del governatore Leung verrà scelto dai residenti della regione tra candidati favoriti dal governo stesso. A questa notizia buona parte della popolazione di Hong Kong, e in particolare gli studenti, ha dato il via a una sommossa che rischia di mettere in seria difficoltà Pechino. Questo perché una pesante repressione delle proteste, oltre a mettere ulteriormente in cattiva luce la Cina a livello mondiale, scoraggerebbe un ipotetico rappacificamento con il regime nazionalista di Taiwan.
La situazione attuale non sembra presagire miglioramenti. Qualche giorno fa era stato concordato con Leung un incontro pubblico tra la “chief secretary” Carrie Lam e i rappresentanti degli studenti. Questi ultimi hanno successivamente rifiutato la proposta, in seguito a degli avvenimenti che lasciavano trapelare un disinteressamento da parte della polizia nel proteggere i protestanti da atti violenti o addirittura l’ingaggio di organizzazioni mafiose del sud della Cina per fermare i rivoltosi. Nelle ultime ore si sta esaurendo anche la pazienza dei residenti filocinesi di Hong Kong, che hanno dato vita a degli scontri con gli studenti, in particolare nel quartiere popolare di Mongkok. Nel frattempo il governatore della regione dà l’ultimatum ai protestanti di liberare le strade più importanti entro lunedì, pena il duro intervento del governo e delle forze di polizia.