Mentre il vile assalto dei terroristi islamici al periodico satirico di Parigi “Charlie Ebdo” mostra ulteriormente la pericolosità dell’integralismo mussulmano a un’Europa incerta sulla sua stessa identità, internamente divisa, e quasi riluttante a difendersi seriamente, in Medio Oriente s’incancrenisce sempre più il conflitto israelo-palestinese. Conflitto che movimenti come Al-Qaeda, e soprattutto l’ Isis, alimentando nell’opinione pubblica occidentale i comprensibili fenomeni di islamofobia generalizzata già esistenti, contribuiscono a relegare ulteriormente in secondo piano.
Di tutto questo parliamo con Luisa Morgantini, parlamentare europea del gruppo Sinistra Europea-Sinistra Verde Nordica, già Vicepresidente del Parlamento di Strasburgo dal 2007 al 2009; e Presidente di “Assopace Palestina”, associazione di volontariato che da anni promuove iniziative nonviolente per la fine del conflitto israelo-palestinese.
Lei che è stata Vicepresidente del Parlamento Europeo, come pensa che potrebbe agire l’ Europa comunitaria per la soluzione del conflitto mediorientale?
Intanto l’Europa già ora, cioè con tutti i limiti derivanti dall’ architettura istituzionale realizzata da Maastricht in poi, potrebbe giocare un ruolo piu’ rilevante nella situazione mediorientale. Invece si limita a sostenere economicamente l’ Autorità Nazionale Palestinese ( peraltro, spesso senza controllare l’effettiva destinazione di questi fondi, N.d. R.) e a denunciare le illegalità che a volte compie Israele, soprattutto con la politica degli insediamenti in Cisgiordania ( criticata recentemente, infatti, dalla “Lady PESC” Federica Mogherini, N.d. R.). Politica contraria al diritto internazionale: il quale riconosce l’obbiettivo dei “Due popoli, due Stati”, ma nei confini dell’ Israele di prima della Guerra del ’67, e con Gerusalemme Est capitale dello Stato di Palestina (pur con le indispensabili garanzie per la tutela dei luoghi santi e dei diritti di tutte le sue componenti etniche e religiose).A queste denunce,
però, non segue mai alcuna azione perché siano effettivamente applicate le risoluzioni dell’ ONU che da decenni chiedono il ritiro di Israele dalla Cisgiordania e quelle, piu’ recenti, della Corte Internazionale di Giustizia de L’Aja sulla questione del “Muro” eretto da Israele, dal 2002 in poi, ufficialmente per proteggersi dal terrorismo. Le quali dicono che Israele ha sì il diritto di erigere questo muro difensivo, ma solo lungo i confini della Cisgiordania, e non (come invece è avvenuto) sconfinando, per il 42% della sua lunghezza, nel territorio palestinese e annettendosi larghe aree di terra fertile, con importanti falde acquifere.
Ma come potrebbe concretamente reagire l’ Europa?
Con concrete sanzioni: anzitutto sospendendo l’accordo di associazione fra Israele e l’ Unione Europea, dove l’art. 2 prevede chiaramente la sospensione di quel Paese che non rispetti pienamente i diritti umani (col conseguente blocco dell’importazione di qualsiasi suo prodotto).Ma la UE dice che è meglio non far nulla di tutto questo, perché altrimenti Israele non la considererebbe più un interlocutore valido per il raggiungimento della pace: senza rendersi conto che così, invece, Israele continua a fare la sua politica prendendosi gioco dell’ Unione Europea.
Il Parlamento Europeo, però, il 17 dicembre scorso ha approvato a a larga maggioranza una risoluzione che sostiene “in linea di principio” il riconoscimento dello Stato di Palestina, proprio nei termini che Lei ricordava prima: e invita i singoli Stati membri della Ue a procedere appunto in questo senso. Mentre, nelle stesse ore, la Corte Europea di Giustizia, “per motivi procedurali”, ha addirittura annullato la decisione del consiglio Ue di mantenere Hamas, cioè la forza politica palestinese integralista, contraria all’Olp e ad Al Fattah, che tuttora governa a Gaza, dopo le regolari elezioni del 2006, ma dopo anche il “golpe” contro Al Fattah del giugno 2007, dalla lista europea delle organizzazioni terroristiche…
Sì, ma in questa risoluzione c’è anche l’ambiguità di legare il riconoscimento diplomatico dell’ Autorità Nazionale Palestinese allo sviluppo dei negoziati di pace israelo-palestinesi: dei quali la Ue conosce benissimo l’attuale situazione di stallo. La posizione degli Usa, anche più determinanti, forse, per la soluzione del conflitto mediorientale, cade addirittura nel ridicolo, quando sostiene che la richiesta palestinese di entrare nell’ Onu a tutti gli effetti (dopo l’entrata solo come osservatore nel 2012, ndr) è una mossa puramente unilaterale. Perché, a suo tempo non fu altrettanto unilaterale, senza alcuna trattativa coi palestinesi, la richiesta di Israele di entrare fra le Nazioni Unite nel 1948? La responsabilità del prolungarsi dell’occupazione israeliana in Cisgiordania, voglio dire, è di tutta la comunità internazionale.
E come definirebbe, in tutta questa vicenda, la posizione italiana?
Penosa, direi: mentre diversi Parlamenti europei ( tra cui quelli di Svezia, Gran Bretagna e Francia) han riconosciuto recentemente lo Stato di Palestina, il nostro Parlamento non riesce neanche a discutere le varie risoluzioni e mozioni (da quella del gruppo interparlamentare per la pace, che riunisce Sel, Pd e Centro, a quelle presentate da singoli parlamentari) che esortano il Governo Renzi a fare altrettanto.