Con una consistente maggioranza, l’aula della Camera ha dato ultimamente l’ OK al Ddl del governo sulla controversa riforma della scuola. A settembre- sempre che il Senato confermi quanto è uscito dalla Camera – sono parecchie le novità che prof e studenti troveranno tornando in classe: ma il “cahier de doleances” è assai lungo. Una lettera, firmata da una cinquantina di deputati PD di “Area Riformista”, è stata promossa dall’ ex-capogruppo dem alla Camera, Roberto Speranza, e da Gianni Cuperlo, per chiedere ai senatori dem “l’impegno del Senato per portare a ulteriori e necessari cambiamenti” le questioni che restano senza soluzione.
Della contestata “riforma Renzi” della scuola parliamo con un tecnico della materia: Laura Marsilio, già assessore capitolino alle Politiche scolastiche nella prima Giunta Alemanno (2008-2010), oggi responsabile per i problemi della Scuola di Fratelli d’Italia- AN.
D.Parliamo anzitutto dei Piani di offerta formativa (POF) delle scuole: cosa cambierà con una legge del genere?
R. Il Piano di offerta formativa, nella nuova versione del ddl approvata dall’aula di Montecitorio, anzichè esser redatto dal solo dirigente scolastico, viene preparato dal collegio dei docenti, e approvato dal consiglio di circolo o di istituto. In realtà si torna sostanzialmente alla normativa già vigente, e la “novità” consiste, apparentemente, nella triennalità del piano. Triennalità che, però, sarà solo virtuale: tant’ è vero che, nelle modifiche apportate, il POF viene definito, non a caso, “rivedibile annualmente”, perchè vincolato alle risorse del Ministero.Finirà solo col complicare il lavoro degli operatori della scuola.Per quanto riguarda il “potenziamento” dell’offerta formativa, con un elenco lunghissimo di materie inseribili nel curriculum degli studenti (tra cui storia dell’arte,ingiustamente cancellata negli ultimi anni, musica ecc…, N.d.R.), questo, appunto, è già previsto dalla vigente legge sull’autonomia
scolastica. Diverso sarebbe stato affidare alle scuole poteri di vera flessibilità, con la capacità di togliere, semmai, qualche materia per sostituirla con altre.
Ma i programmi restano invariati: possono essere promosse, semmai, attività progettuali, come peraltro ogni scuola già poteva fare, anche insieme agli Enti locali (come avvenuto a Roma, ad esempio, nel biennio 2008-2010, coi progetti dell’assessorato alla Scuola sulla lingua L2 per stranieri, i “Ludi motorii” per l’educazione motoria alle primarie,i “menu regionali”, per l’ educazione alimentare, ecc.).
D. E per quanto riguarda le “classi-pollaio”, eccessivamente piene?
R. Non è stato assolutamente definito un cambiamento della norma sul numero di alunni per classe. Il ddl recitava: “la possibilità di ridurre il numero degli alunni per classe dovrà, …, nel rispetto del limite sulla dotazione organica prevista, comportare un aumento di tale limite in altre classi”: in- somma, la coperta è corta e si tira da un’altra parte, a parità di classi costituite. Nella nuova previsione, non viene esplicitato il numero minimo per la formazione delle classi.
D.L’impressione è quella d’un’altra riforma pasticciata: direi sullo specifico esempio dell’ Università, con pochi veri cambiamenti e molti adempimenti burocratici in piu’ per i docenti.Ma cosa si prevede per il finanziamento di questa scuola?
R. Ad esempio, un fenomeno come il bullismo può anche oggi esser contrastato utilizzando i fondi 285 contro la dispersione scolastica, o i fondi delle scuole stesse, o quelli della compartecipazione dei privati. Peccato che la legge citata non venga adeguatamente rifinanziata, e che i finanziamenti della stessa legge 440 sull’autonomia scolastica siano sempre più ridotti, e recentemente falcidiati anche dalla legge di stabilità del 2014. Il Documento di Programmazione economico-finanziaria, cui è stato legato questo ddl, fissa la spesa per l’istruzione al 3.5% del PIL, calando dal 3,7: ulteriormente lontano dalla media europea, che ammonta al 5.7%. Questo ddl è senza reali coperture. Per l’edilizia scolastica si prevedono solo 40 milioni per il monitoraggio degli edifici scolastici: il resto dei fondi sono recuperi di risorse stanziate da precedenti governi e non spese, e fondi europei non utilizzati.
D. Veniamo ai temi dove da sempre è piu’ acceso, con toni spesso ideologici, lo scontro destra-sinistra:
finanziamenti agli istituti privati, detraibilità fiscale dei finanziamenti alla scuola, ecc…
R. Sul tema della detraibilità siamo contro i pregiudizi ideologici, e per il rispetto della partecipazione al sistema pubblico, a tutti gli effetti, anche delle scuole paritarie, con la garanzia per le famiglie d’ una vera libertà di scelta. E’ il Governo, direi, che alimenta tali contrapposizioni: quando, anzitutto, sulla scuola pubblica non destina risorse aggiuntive, ma anzi le taglia, perchè possa così autofinanziarsi, con un forte contributo dei privati, quella che è solo una presunta riforma della scuola, a partire dalle stesse assunzioni. Casomai sarebbe stato più opportuno, in questo momento, assicurare la defiscalizzazione dei contributi alla scuola dell’infanzia: dove lo Stato non assicura l’offerta generalizzata. Contraddittorio, poi,l’azzeramento del punteggio sul servizio dei docenti nelle scuole paritarie: che rischierà di creare, a inizio anno scolastico, un “esodo” verso le scuole pubbliche.
D. …E su assunzioni, turn-over,aggiornamento dei meriti?
R. Si promettevano 150 mila assunzioni, ora 100 mila scarse, e il turn over sappiamo avvicinarsi a circa 55.000 unità: quindi parliamo di meno della metà delle assunzioni tanto propagandate. Capiamo la vera novità dell’immissione in ruolo: per la prima volta i nuovi assunti non verranno assegnati ad una sede scolastica, ma “individuati” da un “albo territoriale regionale”, da un dirigente scolastico, con contratto rinnovabile triennalmente; in base non più a una graduatoria trasparente, fatta di punteggi maturati con titoli e servizio, ma in base ad un CV o un colloquio. Si tratta, in pratica, d’ una chiamata diretta vera e propria, che precarizza e mortifica la docenza e può determinare livelli qualitativi diversi nel potenziale formativo delle varie scuole, con la lotta all’accaparramento dei docenti migliori. E che mina la libertà di insegnamento garantita dalla Costituzione ( vedi gli articoli 3, 33 e 34). Per quanto riguarda l’assicurazione delle assunzioni, anche in caso di non scelta o inerzia del dirigente scolastico, il Ministero in teoria assicura per tutti il collocamento, secondo il fabbisogno delle varie scuole. Ma a tutt’ oggi il monitoraggio sul fabbisogno non è stato mai fatto.
Questa legge, poi,prevede che, allo scadere dei 36 mesi di servizio, i docenti non potranno più lavorare: per non incorrere nell’abuso della reiterazione della supplenza, denunciata dalla UE. Il Governo assicura che potranno continuare a lavorare, ma ha solo rimandato il problema, non rendendo retroattivi i 36 mesi ma facendoli decorrere a partire dall’entrata in vigore della legge sulla “Buona Scuola“. Eventualità che, unita alla possibilità di non poter vincere un concorso, profila lo scenario drammatico di un vero e proprio licenziamento dal mondo della scuola di persone che finora ne hanno assicurato con passione e dedizione il funzionamento.
di Fabrizio Federici