Polemiche dopo la sentenza del Consiglio di Stato contro le trascrizioni delle unioni samesex
Stop ai matrimoni contratti all’estero: non si placano le polemiche dopo la sentenza del Consiglio di Stato contro le trascrizioni dei matrimoni dello stesso stesso. Le Associazioni attiviste sono sul piede di guerra per una sentenza che ha letteralmente deluso la comunità Lgbti che si dichiara sempre più discriminata. Il giudice Carlo Deodato, relatore della sentenza, si definisce sul suo profilo Twitter “giurista cattolico” e “uomo libero e osservatore indipendente di politica, giurisdizione, costumi e società”, ma i movimenti accusano il magistrato di occuparsi sul popolare social di questioni relative al ‘gender’ ed alle persone lgbti. “La sentenza è collegiale, non capisco questo attacco contro la mia persona – si difende il giudice Carlo Deodato – ho solamente applicato la legge in modo a-ideologico e rigoroso, lasciando fuori le convinzioni personali che non hanno quindi avuto influenza sulla sentenza”.
Anche Lega e Centro Destra hanno commentato come vergognosi gli attacchi mediatici al magistrato. Esulta il Ministro Angelino Alfano: “Il Consiglio di Stato mi dà ragione su tutta la linea: i matrimoni tra persone dello stesso sesso non sono previsti dalla legge italiana, pertanto la trascrizione fatte dai sindaci sono illegittime e la vigilanza è di competenza dei Prefetti”. Contro questa sentenza del Consiglio di Stato pronto il ricorso a Strasburgo: per le associazioni Lgbti è l’Italia che deve andare in Europa dove ci sono matrimoni egualitari e diritti civili per tutti.
“La sentenza del Consiglio di Stato, che boccia le trascrizioni dei matrimoni omosessuali contratti all’estero, è la testimonianza inequivocabile che la giustizia e ormai entrata in un vicolo cieco di contraddizioni sulla questione dei diritti delle persone LGBT – afferma il presidente nazionale Mario Marco Canale dell’Associazione ANDDOS – per cui oggi si pone più che mai un ulteriore allarme per il legislatore, specie dopo la recente condanna dell’Italia da parte della Corte europea per i diritti umani. La sentenza è infatti in palese contrasto con ben quattro TAR e con quanto affermato dalla Cassazione, 4184/2012, che in base al disposto dell’art. 9 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (Carta di Nizza) e dell’art. 12 della Convenzione europea dei diritti umani (CEDU), come interpretato dalla Corte di Strasburgo, afferma che nella nozione di matrimonio rientra anche il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Pertanto, se in passato la differenza di sesso, tirata in ballo dal Consiglio si Stato, era ritenuta condizione necessaria al fine di contrarre validamente matrimonio, al contrario oggi, nonostante il Codice civile non sia esplicito sul punto, la differenza di sesso non è più rilevante per l’enucleazione di una nozione di matrimonio nel nostro Paese. Il problema che si pone oggi è che, nonostante un’interpretazione chiara della nozione di matrimonio alla luce della legislazione internazionale, nei casi specifici del nostro Paese, da ultimo quello delle trascrizioni, non solo le sentenze entrano in contraddizione, ma si produce una situazione intollerabile in cui la giustizia amministrativa entra in rotta di collisione con quella ordinaria. Riteniamo che questo episodio presenti gli estremi per ricorrere alla Corte di Strasburgo e crediamo sia necessario approvare immediatamente una legge che possa aprire la strada alla piena uguaglianza tra i cittadini nel diritto al matrimonio. Le unioni civili, in tal senso, sono un primo e necessario passaggio politico che va concretizzato immediatamente”. Marco Tosarello