L’idea del pregiudizio è il pericolo più forte che oggi si vive nel mare dell’informazione e della comunicazione in ogni settore. Un parere, una opinione, anche se estemporanea, diventa giudizio, capace di influenzare il lettore anche in modo irreversibile. Il peso della opinione, che può scardinare tutto, lascia dunque la realtà apparentemente senza difese. Come se tutto fosse alla mercé della valutazione personale e potesse essere giudicato all’istante, senza una indagine, un minimo di approfondimento, una conoscenza del fenomeno, della situazione, dei fatti. Perciò è necessario distinguere sempre tra fatti e interpretazione: i fatti sono oggettivi, le interpretazioni sono soggettive. E la corretta comunicazione è un privilegio offerto a tutti per migliorare la conoscenza e la vita sociale. Perciò occorre ridimensionare l’assunto egocentrico secondo il quale la nostra percezione sia quasi con presunzione l’unica possibile, la migliore, la più completa, la più corretta: lo stereotipo inibisce invece la percezione differenziata della realtà, in quanto non la coglie in modo oggettivo. Pregiudizi e stereotipi rappresentano il risultato di una semplificazione della realtà e di una sua precoce generalizzazione, prima ancora che la stessa sia stata percepita, sperimentata, verificata e definita. Se si ha un’impressione globalmente sfavorevole di una persona, si tenderà a sopravvalutare i tratti negativi e a sottovalutarne, quindi, quelli positivi. Stereotipi e pregiudizi rappresentano allora dei veri e propri ostacoli alla comunicazione, in quanto predispongono le persone a percezioni distorte e giudizi parziali, incrementano la tendenza a recepire solo quelle informazioni che confermano il proprio punto di vista, ma soprattutto riducono o addirittura annullano il desiderio di comprendere davvero le persone verso le quali si hanno dei preconcetti di partenza. Ecco allora che il pregiudizio diventa la causa di possibili insuccessi comunicativi. Occorre, dunque, acquisire consapevolezza dei limiti culturali del proprio modo di pensare, sentire, agire, in nome anche di una informazione più etica, imparziale e responsabile.
Un appello a migliorare la comunicazione, attraverso un monitoraggio del linguaggio dei mass media, per non alimentare ulteriore intolleranza, diffidenza e discriminazione, arriva dopo il brutale omicidio avvenuto a Roma nel quartiere San Lorenzo che ha fatto emergere l’uso di una terminologia non corretta da parte di alcuni giornalisti di cronaca nera. Mario Marco Canale, presidente dell’Associazione Nazionale ANDDOS e l’ex deputato Franco Grillini, presidente di Gaynet, invitano gli organi di stampa a superare pregiudizi e ad eliminare la caratterizzazione delle espressioni, come “ambienti omosessuali”, “frequentazioni o giri gay”, “amicizie particolari”, il cui uso delle virgolette attribuisce perfino un senso ironico alle parole che racchiudono.
“L’omicidio del 49enne tedesco avvenuto a Roma ci lascia indignati e pieni di rabbia – recita il comunicato congiunto ANDDOS e GAYNET – non sappiamo ancora il movente né l’orientamento sessuale della vittima, tuttavia, i media hanno più volte parlato di indagini nel “mondo omosessuale” e “negli ambienti gay”. Non possiamo che esprimere la nostra più profonda indignazione per questo uso del linguaggio giornalistico, che alimenta, anche se molto spesso in buona fede, lo stigma sociale verso quello che da molti viene ancora oggi considerato un mondo “perverso” e “criminale”. Qualora dovesse essere confermato un crimine a sfondo omofobo, emergerebbe chiaramente un problema di sicurezza molto grave sul quale siamo pronti a stabilire nuove sinergie con le forze dell’ordine. A prescindere dalla reale natura del crimine, tuttavia, è necessario contrastare le forme di pregiudizio a volte anche dilaganti nella comunicazione: auspichiamo una sempre più intensa collaborazione tra Ordine dei Giornalisti, Federazione Nazionale della Stampa e associazioni LGBTI”. Marco Tosarello