Nelle notizie dell’homepage del sito di ANMIC – l’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi Civili della sede provinciale di Roma, a Piazza Bologna – fra gli ultimi documenti inseriti, c’è il file PDF che riporta i termini della nuova sentenza, depositata il 29 febbraio u.s. dal Consiglio di Stato, che ha ricusato il ricorso dell’Esecutivo contro una sentenza datata 11 febbraio 2015 del Tar del Lazio, giudicante illegittima – nella sezione riguardante il reddito disponibile inclusivo di pensioni legate a situazioni di disabilità, indennità di accompagnamento e indennizzi Inail – la riforma dell’ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente).
Primo punto. Ma, in parole povere, chi è e cos’è l’ISEE? Usando un linguaggio comune, si può dire che è figlio dell’INPS e che l’acronimo ha nei lemmi che lo compongono la natura: in base ad un’apposita normativa, secondo criteri di concomitanza tra canoni patrimoniali, elementi reddituali e peculiarità del nucleo familiare, calcola la situazione economica e determina quei requisiti reddituali d’ingresso per usufruire di benefici, assistenza e agevolazioni sociali – una specie di keywords per l’esonero, al cittadino disagiato, dal pagamento di alcuni servizi pubblici quali, per esempio, ticket sanitario o mense scolastiche. L’ISEE, in pratica, è uno strumento dinamico e aggiornato di welfare per coloro che necessitano di servizi sociali. Secondo punto. Ma che cosa si vuole intendere con la voce servizi sociali? «S’intendono tutte le attività relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti o a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere o superare le condizioni di disabilità, di bisogno o di disagio individuale e familiare. Sono escluse dal concetto di servizi sociali, come definito dalla legge sulla riforma dell’assistenza sociale dell’8 novembre 2000 n° 328, soltanto le prestazioni previdenziali e sanitarie, nonché le attività di amministrazione della giustizia» come segnala a proposito sul tema, la guida dell’ANMIC stessa, nel capitolo IV.
«Indennità non è reddito, ma un sostegno», affermano i giudici amministrativi. Il provvedimento giurisdizionale – notevole decisione – ha messo di fronte due protagonisti eccellenti, Governo e Cittadini, su un argomento caldo, qual è quello del campo dei diritti ai servizi sociali (un cantiere dai perenni lavori in corso), facendone del primo, il vero imputato e sconfitto, e elargendo per i secondi, i cittadini disabili, una vittoria importante in un momento non troppo felice per il Paese, falcidiato da questioni di etica travisata in politica per chiari intenti promossi all’incetta di voti e consensi in prossimità degli appuntamenti elettorali per le elezioni amministrative.
Inoltre, sulla pagina, scaricabile da ANMIC, a chiare lettere si precisa che «Sul nuovo Isee il governo ha torto», e ancora, per il Consiglio di Stato che «l’indennità dei disabili è un sostegno, non può essere considerata come reddito». E poi si conclude «Bocciata quindi la richiesta dell’esecutivo di annullare la sentenza del Tar del Lazio, che aveva accolto i ricorsi dei portatori di handicap contro il conteggio che somma indennità a stipendio, entrato in vigore nel 2015, e con cui perdevano il diritto ad alcuni benefici.». Merita una nota di riguardo, la pronta risposta, al suddetto verdetto, del ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Giuliano Poletti:«come Governo non possiamo che prendere atto della sentenza appena depositata dal Consiglio di Stato e provvederemo ad agire in coerenza con questa decisione.».
A questo punto, affinché ci si sorprenda che la giustizia esista ancora e per marcare una volta per tutte quella linea sottile e inaspettata che ci conduce quotidianamente dentro le storie a buon fine, è d’uopo citare anche l’art. 38 della Costituzione Italiana «Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale» e ricordare che, se la parola sociale è usata per ben 23 volte nella nostra Carta, una ragione ci sarà, anzi 23 ragioni ci saranno e non sarebbe una cattiva idea quella di usarle per stabilire nuova sicurezza all’Italia tutta.
Maria Anna Chimenti
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