Si susseguono in questi giorni,in gran parte d’ Italia, le iniziative per ricordare, circa settant’anni dopo, le tragedie delle foibe e dell’ esodo giuliano, fiumano e dalmata: le vicende che, dal 1945 al 1947 “e dintorni”, videro prima l’ assassinio di circa 15.000 italiani ( tra “infoibati” e morti, successivamente, nei “lager-gulag” jugoslavi o durante il trasferimento ad essi), poi l’esilio forzato di piu’ di 300.000 nostri connazionali, costretti a lasciare l’ Istria, Fiume e la Dalmazia solo perchè “colpevoli” di essere italiani e di non voler adattarsi al regime comunista, stalinista “in salsa jugoslava”, di Tito. Alla Camera dei Deputati, alla presenza anche del presidente del Senato, Pietro Grasso, la presidente Laura Boldrini, il ministro degli Esteri e della Cooperazione Internazionale, Angelino Alfano, Davide Rossi, docente dell’Università di Trieste, e Antonio Ballarin, presidente della Federazione delle Associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati, hanno celebrato la “Giornata del ricordo” del 10 febbraio ( istituita dalla legge Menia del 2004): ricevendo, nell’Aula di Montecitorio, studenti delle scuole d’ ogni ordine e grado, accompagnati dagli insegnanti, insieme ai tanti componenti delle associazioni degli Esuli. “Questa non è solo una celebrazione – ha detto la Boldrini – ma l’occasione per ribadire l’impegno delle istituzioni italiane a lavorare insieme con le associazioni degli esuli. Su un monumento nel campo di concentramento di Dachau c’è una frase incisa in trenta lingue diverse, che suona come un monito : “Quelli che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo”. Noi che amiamo la pace, la libertà e la giustizia quel passato continueremo a ricordarlo. Oggi e – vi assicuro – anche negli anni a venire”. “Un impegno”, ha sottolineato, nel messaggio inviato per l’occasione , il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, “che, a 70 anni dal Trattato di Pace che mise fine alla tragica guerra scatenata dal nazifascismo, non può venire mai meno: per abbattere per sempre il fanatismo, padre della barbarie e della crudeltà che si nutrono dell’odio”.
Proprio il Trattato di pace di Parigi del 10 febbraio 1947, purtroppo, espressione del “diktat” dei vincitori della Seconda guerra mondiale, al di là delle specifiche intenzioni dei firmatari finiva col legittimare indirettamente la “Katyn del’ Adriatico”, la vera e propria pulizia etnica iniziata dai titini già nel maggio del ’45, in varie zone addirittura poche ore dopo la partenza degli ultimi reparti nazisti. E, come riconosciuto nel febbraio 2005, sul “Corriere della Sera”, dall’ allora segretario DS Piero Fassino (nei giorni in cui la RAI trasmetteva la fiction sulle foibe “Il cuore nel pozzo”), e, già a dicembre 2004, dall’allora segretario di Rifondazione Fausto Bertinotti ( al convegno sulle “Foibe tra fascismo, guerra e Resistenza”, organizzato dal PRC veneto a Venezia), la sinistra per decenni finse di non accorgersi dei massacri titini: ignorando anche le tragedie familiari degli esuli istriani, fiumani e dalmati, i cui beni erano stati incamerati con la forza dal Governo jugoslavo. Salvo poi sostenere col passare degli anni, aggiungiamo, che responsabili delle foibe erano stati i nazisti; o, in ultimo, che i morti delle foibe erano stati “circa 4 mila e 500 soldati nazi-fascisti, spie e collaborazionisti uccisi in combattimento o giustiziati dai partigiani italiani e jugoslavi durante la Resistenza” ( è quel che tuttora si può leggere, ad esempio, sul sito www.pmli.it, del filocinese “Partito marxista-leninista italiano”). Per non parlare- anche questi sono fatti – di come soprattutto PCI e CGIL accolsero gli esuli al loro ritorno in Italia: bollandoli, il piu’ delle volte, come profittatori fascisti, speculatori, criminali negatori del paradiso marxi-leninista realizzato nella valorosa Jugoslavia (Alfano, alla camera, ha ricordato il caso, a di poco vergognoso, d’una bambina, morta di freddo in uno dei campi profughi che per danni accolsero i reduci da quelle terre, addirittura nel 1957!).
“La commemorazione del 10 febbraio alla Camera è stata esemplare”, dice Marino Micich, direttore del Museo Archivio Storico di Fiume al quartiere Giuliano-dalmata di Roma, tra gli organizzatori, sabato scorso, della cerimonia in ricordo delle Foibe e dell’ Esodo a Piazza Dalmazia, nel quartiere Trieste (nato, negli anni ’20, anche per ricordare la vittoria nella “Grande guerra”).”Perchè anzitutto son stati ribaditi appunto i valori alla base dell’ istituzione, tredici anni fa, della giornata del Ricordo. Dispiace, però che il giorno prima, nella sala giornalisti della stessa Camera dei Deputati, è stato dato ufficialmente spazio ad Alessandra Kersevan, storica di quegli anni su posizioni negazioniste” ( la quale ha sostenuto che le vittime delle foibe furono al massimo qualche centinaio, e in gran parte criminali nazisti, N.d.R.). La storia, comunque, è sempre complessa, mai riduttiva o unilaterale: è noto che, prima della Seconda guerra mondiale, il fascismo al potere aveva attuato, in Venezia Giulia, Istria e Dalmazia, una politica di forte italianizzazione forzata (assegnazione di gran parte degli impieghi pubblici agli appartenenti al gruppo etnico italiano, già completamente estromesso, a vantaggio di slavi e tedeschi, nell’ultimo periodo di dominazione asburgica; abolizione dell’insegnamento delle lingue croata e slovena, imposizione di nomi italiani a tutte le località dei territori assegnati all’Italia col Trattato di Rapallo del 1920, ecc…). “Ma sostenere, come fa certa storiografia negazionista di sinistra”, prosegue Micich, “che le responsabilità per la tragedia del 45-’47, allora, ricadano interamente sul fascismo è davvero antistorico; molto probabilmente, se per assurdo il fascismo non fosse esistito, le cose non sarebbero cambiate. Perchè base della “pulizia etnica” del dopoguerra fu la politica repressiva del regime jugoslavo, che voleva prendere l’intero controllo di Istria e Dalmazia”.
Patrizio Di Tursi, Vicepresidente del Consiglio del II Municipio, con esperienza anche di tenente colonnello nelle missioni di pace del nostro Esercito in Kosovo e Macedonia (1991- ’96), deponendo fiori al piccolo monumento eretto spontaneamente dai cittadini, al centro di Piazza Dalmazia, in memoria dei martiri nel 2009, ha ribadito che questo tipo di iniziative serve proprio a ridare dignità a chi fu vittima degli eccidi e dell’ esilio forzato. Sandra Bertucci, consigliera del II Municipio, ha assicurato l’impegno dell’amministrazione municipale a proseguire questo tipo di politica culturale. Franco Luxardo,. presidente dell’ Associazione Dalmati Italiani nel Mondo-Libero Comune di Zara in Esilio, ha illustrato l’ attuale situazione di Zara, oggi in Croazia ( e che nel 91-’95, durante la guerra di dissoluzione della Jugoslavia, come Ragusa e gran parte della Dalmazia fu duramente bombardata dai serbi). “Oggi”, precisa Luxardo, “dopo il crollo del regime comunista e della stessa Jugoslavia a metà anni ’90, e gli anni, a dir poco ambigui, del regime nazionalista dell’ex-comunista Franjo Tudman (1990-’99), ci sono nuovamente 4-5 comunità italiane a Zara e nelle altre città piu’ importanti della Dalmazia (coi pochi italiani rimasti a Zara, avevamo ripreso i contatti già nel 1992: oggi sono circa 400). Dal 2003, lavorando insieme al nostro ministero degli Esteri e all’associazione dei fiumani in esilio, siamo riusciti a organizzare anche un asilo italiano, il “Pinocchio”: che, finanziato dall’ Italia e dalle varie associazioni degli esuli, ha aperto ufficialmente nel 2013, con una presenza di circa 60 bambini. I rapporti tra le due comunità, croata e italiana, sono buoni, e a Zara abbiamo chiesto recentemente d’introdurre il bilinguismo nella Pubblica amministrazione, sull’esempio di quanto avviene, già da tempo, in Istria”.
Sulla Giornata del ricordo, infine, è intervenuta anche l’ on. Fucsia Nissoli, deputata eletta nelle circoscrizioni del Centro e Nord America: “Ritengo che bisogna tenere alta la guardia contro le violenze commemorando con solennità le vittime dei massacri delle Foibe; facendo memoria dell’orrore dobbiamo lavorare per costruire un futuro di pace e collaborazione tra i popoli. Ma ricordando le vittime
dobbiamo anche riportare alla nostra attenzione la questione degli esuli istriano-giuliano-dalmati”: “e’ nuovamente fermo, infatti”, precisa ancora Micich, “il tavolo dei negoziati fra Italia e Croazia, partito anni fa, e che ancora deve trovare soluzioni eque al problema della restituzione agli esuli dei beni che gli furono sequestrati negli anni dell’ esodo; o almeno del loro indennizzo”.
Fabrizio Federici