«L’acqua a Frosinone – dove le tariffe idriche sono state tenute ferme per anni a causa di amministratori occupati solo a fare affari, nonostante si richiedesse l’impegno con il gestore ad aumentarle in parallelo con gli investimenti dello stesso – è diventata un caso nazionale.
Peccato che Frosinone si ritrovi sempre in classifiche nazionali negative e che nessuno, neanche un cittadino, provi mai a sottolinearne le ragioni. Tocca come sempre a noi farlo.
Noi che, non avendo collusioni alcune con enti, amministrazioni, governi locali, lobby e politica tipizzata continuiamo ad avere seriamente a cuore le sorti della nostra terra. Rimaniamo una minoranza libera, pensante, indipendente che non vive paure, che non è ricattabile e che chiede rispetto per le battaglie sostenute.
Dal 1954 al 1968 sono stati fatti investiti idrici dalla politica dello 0,24% del Pil con un successivo crollo al 0,15% molto inferiore al necessario. Una volta che i costi sono stati trasferiti dallo Stato alle tariffe, l’adeguamento al nuovo modello è apparso troppo lento (dati Istat). E così facendo gli abitanti della nostra provincia ciociara pagano ad Acea il doppio dei romani a causa di un conguaglio deciso dal Commissario nominato dal Tar e poi ratificato dal Consiglio di Stato.
Paghiamo per l’incapacità strategica e programmatica che da decenni la classe politica ci impone. Immobilità e demagogia ha causato questi danni e l’emergenza idrica col ciclo idro-illogico ne sono le immediate conseguenze. Questi problemi non vanno attribuiti all’eccezionalità della situazione meteorologica di questo anno, bensì alle non scelte reiterate dalla classe politica-amministrativa (questo dato è confermato dagli esperti di settore, dai numeri e soprattutto dalle sanzioni che l’Europa ci infligge).
La legge Galli del 1994 fu di rottura così come la svolta del mandato indipendente di regolazione dell’Autorità del 2012 ed infine la riforma della governance passata nel 2014. Cosa c’è da fare, allora, ora dato che siamo in ritardo? Non rimane che investire. Non dimentichiamo che il piano industriale pronto per novembre avrà investimenti per 100 milioni sulla rete per risolvere definitivamente il problema, chiarendo che sono questi ultimi a risultare inversamente proporzionali agli stessi investimenti.
Tra il 2016 e il 2019 gli investimenti sono stati e continueranno ad essere triplicati. Purtroppo però, non avendo per decenni fatto nulla, troppo ci sarà da recuperare occorrendo raggiungere i livelli virtuosi della Francia, Olanda e Germania. Cosa faranno i nostri amministratori e chi ha responsabilità regionali come prevede di agire? Sganciare le tariffe dalla politica e dai localismi per arrivare ad una singola tariffa nazionale definita dall’Autorità sul modello energetico del gas? Si batteranno per questo e per la gente che li ha votati troppo spesso ingenuamente? Essendo imminenti, però, le regionali e molte elezioni amministrative locali chi terrà a bada questi squadroni infolliti dall’odore di potere e di sangue? Certo è che bisognerà adeguarsi raggiungendo quei livelli di investimento europei necessari se vogliano la salvezza di questa terra. Un dubbio ci assale».
Giuseppina Bonaviri