«Il vento di cambiamento che soffia con l’ultimo voto delle elezioni politiche è parzialmente contenuto dall’elezione di Nicola Zingaretti e della sua coalizione di centro-sinistra, ma non modifica l’immagine di un’Italia diversa: quella che da anni tentiamo di rappresentare in tutte le sedi ed in particolare a chi nella provincia frusinate ha avuto responsabilità politica. Non siamo stati ascoltati e la conseguenza è un successo clamoroso delle forze più lontane da una concezione riformista del cambiamento.
Non ci illudiamo che la “lezione” serva al Partito Democratico e ai partiti della sinistra, così come a Forza Italia, perché vediamo festeggiamenti per il successo di qualche consigliere regionale come se questo spostasse i termini della questione: la fine dell’attrattività di queste forze che hanno animato la scena politica negli ultimi 25 anni.
Il voto di preferenza delle regionali ha attenuato la perdita, ma perché non si coglie che questo è in controtendenza con quello che avviene alle elezioni politiche? Si spera che il voto del 4 marzo sarà cancellato da una prossima imminente consultazione elettorale, come se questi risultati siano un fenomeno passeggero?
Come si può pensare che questo accadrà in presenza di un voto che mette a soqquadro il sistema politico e mette alle corde il Pd, LeU e Forza Italia? Queste stessi partiti hanno detto negli anni che è cambiato il sentimento degli italiani verso la politica, ma cosa hanno fatto per esserne investiti? Nulla perché questo avrebbe compromesso equilibri interni che per esistere si avvalgono delle chiusure blindate alla partecipazione.
Il Pd in particolare si ritrova con milioni di voti in meno, profondamente impopolare, a pezzi. Chi ne ha la responsabilità? Chi , in concreto e fuori dall’ovvio gioco interno di ricatti e tradimenti, se ne fa carico? Certo è che se la squadra del centro sinistra, rappresentata essenzialmente in questi anni proprio dal Pd, fosse stata realmente plurale, creativa, aperta al contributo civico, i risultati sarebbe potuti essere diversi.
Non basterà fare chiarezza lunedì prossimo in una direzione del Pd dove saranno più o meno suggellate le dimissioni del segretario nazionale; necessiterà un serio ripensamento strategico che coinvolga le province come la nostra e tutte le periferie, orfane di un progetto di riscatto dalla marginalità. Da anni attendiamo misure economiche che ridiano sviluppo ad un territorio con elevati livelli di disoccupazione come il nostro che hanno inciso sulla qualità della vita di intere famiglie.
Il dibattito su chi ha vinto e chi ha perso nei nostri comuni non ci appassiona se questo non genera una severa riflessione che consenta di cogliere quanto c’è di potenzialmente nuovo per rigenerare le forze che hanno come obiettivo il bene comune e non gli interessi particolari, di cui è espressione il voto di preferenza (tanto più inquietante quanto più lontano dalle tendenze nazionali espresse così chiaramente) nei nostri territori.
Noi mettiamo a disposizione il nostro Movimento politico per l’innovazione in ogni campo dell’attività, economica e sociale, per sostenere chiunque sia pronto ad impegnarsi nel progettare il futuro e salvaguardare la democrazia partecipativa, oggi tanto mortificata. Lo sviluppo di un territorio è cosa seria e nulla va lasciato al caso perché ne va della qualità di vita o di impoverimento di intere generazioni».
Giuseppina Bonaviri