«Il risultato delle elezioni regionali in Molise forniscono incontrovertibili informazioni sul mutamento in atto nell’orientamento politico degli italiani.
La coalizione che ha sostenuto il neo-presidente Donato Toma, nel voto di ieri supera il 43,8% dei consensi contro il 16,8% del candidato presidente di centro-destra del 2013. Due sono stati i fattori determinanti di questo recupero della coalizione di centro-destra: l’aver ampliato il numero delle liste a supporto del candidato (ciò è dovuto alla frammentazione d’interessi in assenza di una capacità a coagulare ) ed una maggiore caratterizzazione di destra della coalizione. La Lega di Salvini con l’8,3% entra in consiglio regionale e seppure non riesca a superare Forza Italia (i forzisti prendono il 9,4 %), contribuisce a dare un profilo politico più identitario di quello centrista della coalizione del 2013.
Il Movimento 5 stelle nella comparazione fra le due ultime elezioni regionali aumenta i propri consensi quasi raddoppiandoli: nel 2013 la lista conquistò il 16,8 dei consensi; nel 2018 raggiunge il 31,6%. Un risultato molto significativo ma che è molto più contenuto dell’exploit registrato nelle Politiche del 4 marzo, ove il Movimento è stato il primo partito del Molise con il 44,8% dei consensi. Possiamo affermare che ancora una volta il voto amministrativo conferma la difficoltà che incontra il Movimento a trasferire sul piano locale i larghi consensi che raccoglie con la battaglia politica che conduce sul piano nazionale. Le ragioni di questa diversità, verificabile anche nella nostra provincia, sono individuabili in due ragioni: esponenti politici ed amministrativi locali degli M5s vivono di luce riflessa il consenso che il Movimento acquisisce sul piano nazionale e non sanno farne tesoro fino in fondo, non riuscendo a declinare nei Comuni e negli entroterra la discontinuità politica professata dai vertici del Movimento; una seconda ragione è la maggiore capacità delle forze politiche presenti sul territorio da più tempo di registrare gli interessi -di tutti i tipi essi siano- e di conseguenza di interpretare con maggiore disinvoltura la cultura locale.
In questo scenario si colloca il risultato del Partito Democratico e dei partiti che con esso hanno formato la coalizione per le elezioni regionali del Molise. Un esito che conferma la critica condizione in cui versa il partito sia nella vita interna che per la formazione del nuovo governo.
Nel 2013 una coalizione molto ampia di centro-sinistra vinse le elezioni con il 50,2% ed il Pd vi contribuì conquistando il 14,8% dei voti; in quelle di ieri la coalizione ha unito, oltre al Pd e Liberi e Uguali, un numero di liste che ha raggiunto il 17% dei voti; i voti raccolti dal Pd nella coalizione sono stati l’8,7% ed il 3,2% quelli di LeU. Un crollo di circa 36 punti di percentuale della coalizione facendone una comparazione tra il risultato del 2013 ed il 2018 e, di 6 punti di percentuale per il Partito Democratico, mettendo a confronto le due elezioni. Ma quali sono le ragioni di questa crisi?
Le indagini condotte sui flussi elettorali verificatisi in occasione delle elezioni politiche del 4 marzo hanno rilevato che una
buona parte dei voti persi dal Pd in quella competizione sono andati al Movimento 5 stelle, all’astensione ed in alcune realtà locali anche alla Lega di Salvini. Una prima osservazione che possiamo fare di questa mobilità elettorale è che gli elettori del Pd (e dei partiti della sinistra) sono non solo delusi (a torto o a ragione, non è questa l’occasione per approfondire), ma in stato confusionale perché i riferimenti culturali del Pd e dei partiti della sinistra hanno poco da condividere con le affermazioni che in campagna elettorale han fatto Lega e Movimento (al di là di repentini cambiamenti che questo movimento introduce invece in questi ultimi mesi, contraddicendo la “purezza” del mandato dei propri aderenti al programma presentato). Uno stato confusionale che, crediamo, derivi da una responsabilità diretta del Pd per aver praticato una conduzione verticistica (in contraddizione con la storia dei partiti che, invece, gli avevano dato vita) e soprattutto per non essersi preoccupato della condivisione sulle soluzioni che stavano proponendo ai tanti seri problemi economici e sociali con la sua “base storica”. Cosa evidentemente trascurata perché -si può pensare- che parlare con i concittadini sia faticoso, poco gratificante, sconveniente quando invece dovrebbe essere tutt’altro.
Infine, l’insuccesso della sinistra nel suo insieme pone un quesito al Pd che è il maggiore azionista di quest’area politica e culturale: vuole lavorare per una ricomposizione delle forze che fanno della libertà, dell’uguaglianza, della giustizia sociale e della partecipazione, il cardine dell’agire politico quotidiano?
Le elezioni del Molise, sintonicamente con quelle del 4 marzo ci dicono che molti rami di questo albero che ha nelle radici i valori appena richiamati, sono secchi. Per incuria, per mancato aggiornamento, per cattiva volontà, per cultura scaduta nella dimenticanza o volutamente da atteggiamenti di tutela per la sola casta, per incompetenze, per arroganza?
Da dove ripartire? E’ quello che ci prefiguriamo di fare in provincia di Frosinone con la Costituente per la buona politica che avrà un primo incontro il prossimo 7 maggio».
Giuseppina Bonaviri