Di video caricati in rete ne troverete a volontà. Per non parlare delle foto scattate dagli automobilisti di passaggio sulla provinciale 105. Ma alla strage di braccianti avvenuta nelle campagne del foggiano, tra Ascoli Satriano e Castelluccio dei Sauri, basta un colore per essere raccontata: il rosso. Rossa è la marea di pomodori caduti a terra nell’impatto tra i due veicoli. Rossi, i cappellini distribuiti ai lavoratori da USB (Unione Sindacati di Base) insieme a Rete Iside per proteggersi dal caldo infernale nei giorni scorsi. Rosso è il sangue che torna a macchiare un luogo di lavoro. Rosso è il colore di una sinistra dal volto mutato che oggi tace e gira il capo dall’altra parte, come se nulla fosse, alla pari di altri partiti politici.
Dalle cronache delle ultime ore si è appreso che sono quattro gli uomini morti al momento dell’impatto con il tir, cinque quelli feriti, tra cui anche il conducente del tir stesso che non ha riportato serie lesioni. Nel veicolo non sono stati trovati documenti ma la polizia indaga per chiarire sei i lavoratori di ritorno dai campi fossero sottoposti a caporalato. Questa è la cornice che sarebbe servita per affrontare la vicenda sul serio. “Sarebbe” – certo, se il rosso di prima fosse contato qualcosa. Stavolta ha vinto il nero: il colore della pelle di Amadou Balde, di 23 anni, della Guinea, Ceeay Aladje, gambiano, di 20 anni, e Moussa Kande, di 27 (tre delle quattro vittime, uniche ad essere già state identificate).
La notizia è rimbalzata sui maggiori telegiornali nazionali. I sindacati non hanno esitato ad alzare la voce. Ivana Galli, segretaria generale Flai Cgil ha osservato che «l’incidente allunga la lista dei morti sul lavoro e delle condizioni di poca sicurezza anche in itinere» tornando a chiedere un sistema di trasporto pubblico per la sicurezza e incolumità dei lavoratori. Non si è fatto attendere nemmeno l’intervento dell’Arcivescovo Pelvi, che invitando tutti alla messa che si svolgerà oggi alle ore 19 in Cattedrale, ha parlato di «persone uccise dal frutto del loro sudore già vittime d’ingiustizia, appesantite dalla fatica di una visione di vita non in sintonia con la loro storia» di fronte a cui non si può rimanere indifferenti.
Considerando il flusso di dichiarazioni e notizie, qualcosa –rimane da ipotizzare- sarà andato storto. Sarà stato troppo preso dal post dell’ospitata ad Agorà il Ministro del Lavoro e Vicepremier Luigi di Maio, per non accorgersi di una notizia tanto importante e non scrivere nulla sull’accaduto. D’altronde dopo l’attenzione ai riders e il famigerato Decreto Dignità, Di Maio avrebbe avuto tutto il diritto (oltre il dovere) di esprimere un semplice pensiero di solidarietà e postarlo come di consueto su fb o twitter. Avrà avuto una connessione internet debole sulle spiagge della Romagna il Ministro dell’Interno Matteo Salvini che, nel dubbio, ha preferito caricare un selfie con mojito allo mano dedicandolo ai suoi followers: ”Vi voglio bene Amici, alla salute!”. Che il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte si pronunci solo in specifiche occasioni non è una novità e ciò porta a supporre che la morte dei braccianti non sia stata una di quelle.
L’accidentale disattenzione ha colpito anche le opposizioni, in primis il Partito Democratico, da due mesi a questa parte in prima fila quando si tratti di scagliare il proprio monito a colpi di hashtag e tweet contro gli errori e le dimenticanze degli avversari. Ma niente. Saranno stati intenti a ultimare i preparativi per la Festa dell’Unità.
Il silenzio è la risposta in coro della politica, ipocrita e assordante. Se è vero che “il personale è politico” e si può star certi che un piatto di pasta e una bella emoticon produrranno ritorno in termini elettorali, ciò che è politico viene ad essere sottoposto prima a scrupoloso controllo per essere sicuri che rientri nella sfera dell’interesse personale, visto che quello pubblico può sempre attendere. È chiaro che l’incidente che ha coinvolto gli otto extra-comunitari non abbia superato la prova.
Nonostante il tema sia solo uno, il lavoro e la mancanza di sicurezza e lo sfruttamento che ne derivano, il “nero” non perdona. In questi casi anche una semplice frase di vicinanza diventa compromettente se c’è chi sia subito pronto a tradurla in dimenticanza di altre vittime italiane mentre la questione delle morti sul lavoro dovrebbe fondere e amalgamare le differenze in un sentimento di comune sofferenza e indignazione.
Se il personale è l’occupazione dei politici, allora il fardello della vera politica rimane a chi politico non è, perlomeno di professione. Aboubakar Soumahoro è uno di loro. La prima volta che è intervenuto in televisione è stato a Propoganda Live. Il trentottenne italiano originario della Costa D’Avorio e sindacalista dell’USB ha parlato del suo amico Soumaila Sako, bracciante giunto dal Mali fino in Calabria e ucciso lo scorso 2 giugno dentro una fabbrica da diversi colpi di fucile. Ha spiegato con chiarezza i punti di debolezza di quello che ha rinominato “Decreto Di Maio” e risposto, con la gentilezza e la genuinità che lo contraddistinguono, ad attacchi a sfondo razzista, spiegando che il suo impegno a favore dei lavoratori va oltre il colore della pelle.
Anche sulla provincia 105 Aboubakar c’era. Si è ripreso con il telefono davanti al mare di pomodori ancora in terra: «qui otto braccianti, otto braccianti, non extra-comunitari, non migranti, otto lavoratori sono morti sul lavoro». E ha attaccato chi nelle ultime ore ha proseguito operazioni di demistificazione quando l’unico vero nodo della questione è, a suo avviso, la firma di un piano nazionale che a livello provinciale prevedrà un aumento inferiore a un euro per chi lavora nei campi. «Da quanto tempo non mettete gli stivali e venite a vedere in quali condizioni i braccianti sono costretti a spaccarsi la schiena. Venite all’assemblea ad ascoltare i lavoratori perché sono anni che vivete nei salotti a fare convegni che non hanno mai migliorato le condizioni. Noi ci siamo per i lavoratori italiani e immigrati, regolari o senza permesso di soggiorno, perché sono prima di tutto esseri umani. Prima gli sfruttati».
Per ora l’unica cosa certa resta la manifestazione provinciale che si terrà mercoledì 8 agosto, organizzata da Flai Cgil Puglia insieme a Fai e Uila e ad Arci, Libera, Terra, Consulta sull’immigrazione di Foggia e Cerignola, Casa Sankara. Si auspica che presto venga appurata l’identità dei lavoratori e fatta chiarezza sulle loro condizioni. Nel frattempo, i politici si ricorderanno di loro? Per ora, riprendendo l’In Memoria che Ungaretti dedicò all’ amico Marcel, esule in Francia e suicida, “forse noi solo sappiamo ancora che vissero”.