Sono 10 le domande che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha rivolto al governo italiano, tra cui se “ il ricorrente signor Silvio Berlusconi ha beneficiato di una procedura dinanzi a un tribunale indipendente, imparziale e costituito per legge? Ha avuto diritto a un processo equo? Ha disposto del tempo necessario alla preparazione della sua difesa?”.
Ed ancora “l’azione per la quale il ricorrente è stato condannato costituiva reato secondo il diritto nazionale al momento in cui è stata commessa? Il ricorrente si è visto infliggere una pena più grave rispetto a quella applicabile al momento in cui la violazione è stata commessa, in ragione della mancata applicazione delle circostanze attenuanti? Il ricorrente è stato processato due volte per la stessa offesa sul territorio dello Stato?”.
La risposta dell’Italia è attesa non oltre il 15 settembre.
A quasi otto anni dalla sentenza della Cassazione che il 1° agosto 2013 condanna definitiva a quattro anni di reclusione (con un anno condonato) per frode fiscale, che costò al fondatore di Forza Italia ed ex presidente del Consiglio la decadenza dalla carica di senatore, la CEDU risponde.
Il fascicolo è intitolato “Berlusconi contro Italia” ed è stato depositato alla Cedu dall’inizio del 2014. Durante questo periodo, però, l’ex premier Berlusconi ha già scontato la pena, ha ottenuto la riabilitazione ed è stato rieletto al Parlamento europeo. La condanna, però ha avuto effetti considerevoli sulla vita politica e privata.
Al centro della richiesta di una revisione ci sono una serie di presunte violazione dei diritti della difesa, dal taglio dei testimoni alle mancate traduzioni in italiano di alcuni documenti. Tutte contestazioni respinte dai giudici italiani, ma che i legali di Berlusconi, avvocati Andrea Saccucci, Franco Coppi, Niccolò Ghedini, Bruno Nascimbene, Keir Starmer e Steven Powles che invece sono state accolte dalla Corte europea di Straburgo.
Gli avvocati dell’ex premier Berlusconi, hanno ritenuto che fossero stati lesi alcuni principi sanciti dalla Convenzione europea sui diritti dell’uomo e, quindi, hanno deciso di proseguire la loro battaglia a Strasburgo. La decisione di ammissibilità è arrivata sette anni dopo.
L’Italia risponderà entro il 15 settembre e poi replicheranno i difensori di Berlusconi, in un contraddittorio scritto che precederà il verdetto finale. I tempi sono del tutto imprevedibili.
Non solo Berlusconi, ma tanti sono i cittadini che “scappano” dall’Italia per avere quella giustizia negata.
Numerose continuano ad essere le condanne all’Italia da parte della Corte Europea di Strasburgo, sintomo che sulla giustizia c’è tanto da fare ancora.
La violazione dei diritti dell’uomo costa all’Italia quasi 18 milioni nel 2018 e cresciuto il valore degli indennizzi per le condanne della Cedu, nel 2015 addirittura 77 milioni. Su 9944 sentenze Cedu non implementate, 2219 riguardano l’Italia, ossia il 22,3%. Una su cinque, quindi. Distanza siderale rispetto a Francia con 56 sentenze non eseguite e Germania con solo 17.
Quando l’Italia viene condannata, vuol dire che pagano tutti i cittadini già violati dei propri diritti, vilati due volte!
Numerose sono le condanne anche per le violenze su donne e bambini che purtroppo nei nostri tribunali raramente trovano quella giustizia dovuta, anzi si precipita, spesso, in un inferno da cui solo dopo anni ed anni di una vita che non può essere vissuta come si dovrebbe, anni di battaglie, di dolore, di perdite economiche ingenti potrebbe trovare giustizia.
L’Europa ci chiede riforme, la Corte Europea ci condanna, Palamara scoperchia il sistema, è ora che anche l’Italia dia giustizia a coloro che subiscono ogni genere di crimine e reato.
Di Giada Giunti