Proprio nella serata di ieri “il Giornale” – quotidiano notoriamente avverso a tesi di centro-sinistra – sembrerebbe aver deciso di schierarsi con una narrazione ‘mainstream’ della pandemia così titolando: «Ecco cosa non torna nell’inchiesta di Report», con tanto di intervista all’illustre virologo Di Pierri che ha prontamente fatto chiarezza sfoggiando tutte le conoscenze in merito a vaccini e somministrazioni, additando Ranucci come complottista e giudicando «infelici» le sue affermazioni.
Stiamo parlando di una bufera mediatica che vedrebbe travolto – ingiustamente – un grande giornalista d’inchiesta, al quale è veramente assurdo contestare cosi una professionalità, giacché egli avrebbe dichiarato più volte di essersi vaccinato, ma non per questo, avrebbe rinunciato a essere un cittadino che si pone domande lecite.
Non sarebbe la prima volta che ‘l’industria del malato’ genera un circolo vizioso di malattia e cura, (vedi Aviaria e vendita di Tamiflu negli USA)ricavando profitto extra dalle vendite di medicinali.
Quindi anche se per Di Pierri «parlare di business per le case farmaceutiche è come dire che l’appetito è il business di chi fabbrica spaghetti», soffermiamoci a pensare a quanto grande possa essere questo appetito.
A Ranucci è stata criticata anche la dichiarazione fatta sull’immunità di gregge che non può essere raggiunta, ennesimo errore a detta del Giornale, per una trasmissione che arriva a milioni di italiani ed alimenta la ristretta minoranza di scettici e no vax.
Eppure è lo stesso Di Pierri ad aver affermato che il termine immunità di gregge fu definito appositamente per il vaccini anti-morbillo, che ha una protezione assoluta e definitiva per tutta la vita-, mentre i nostri vaccini RNA invece, proteggono leggermente meno e la protezione tende a ridursi nel tempo.
Con questa affermazione non si può perciò negare di nutrire il dubbio che l’ambitissima immunità, sia stata usata come mezzo-esca per invogliare a vaccinarsi.
Insomma la gogna mediatica è dietro l’angolo e per Ranucci non ha tardato ad arrivare, come accade quando il messaggio trasmesso fa storcere il naso e non trasmette fiducia sulla terza dose.
In conclusione, piuttosto che prendere le parti di un soggetto specifico, -ritornando a ribadire che Ranucci abbia dovuto premettere di essersi vaccinato, prima di poter aprire la sua inchiesta,-PaeseRoma ritiene che sarebbe più proficuo parlare proprio di questa criticità.
Si dirà che se non si affermano determinate cose non si può neppure iniziare a discutere. Ma è proprio questo il punto, se servono tali premesse e sottolineature, tutto il resto del dibattito è parzialmente falsato e il rischio è quello di trovarsi in un recinto di finta opposizione.
Francesca Ruggiero