“Il Trattato di Maastricht va ricordato e analizzato in una logica bilaterale, dal lato europeo e dal lato italiano. Viene dopo la caduta del Muro e indirizza il nostro Continente nel nuovo mondo globale che si sta aprendo. Maastricht è del 1992, il Wto viene subito dopo, nel 1994. In questi termini una valutazione assolutamente positiva, ben sapendo che è work in progress, tutto è work in progress”, dice ad adnkronos l’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti in occasione dei 30 anni dalla firma del trattato, il 7 febbraio 1992, che gettò le basi della Ue, sottolineando come “dopo Maastricht sono venute tante scelte positive ma anche tanti errori. L’ipotesi era che l’Unione basata sul mercato comune fosse modello per un mondo che a sua volta superando le ideologie si unificasse nella logica del mercato. Non è stato propriamente così, non è stata l’Unione ad essere modello e paradigma del mercato, ma è stato il mercato ad entrare in Europa trovandola impreparata. Eliminati completamente i dazi, troppe regole imposte a imprese europee, costrette a competere con imprese estere prive di regole. C’è ancora molto da fare e può essere fatto”.
Sul versante italiano rammenta che, Guido Carli, all’epoca ministro del Tesoro, sul volo di Stato di ritorno da Maastricht “dice ‘abbiamo aggiunto al vincolo Atlantico un ancora più forte vincolo europeo’ e Andreotti dice ‘a Roma non sanno quello che abbiamo fatto’. Mani pulite inizia 15 giorni dopo, il Britannia attracca poco dopo, avviando un processo più ‘elegante’ ma simile a quello parallelo avviato in Russia con gli oligarchi, i signori delle privatizzazioni. L’effetto finale è stato quello di abbattere progressivamente la grande industria italiana. Un processo simile non c’è stato né in Germania né in Francia”.
TRISTANO QUAGLIA