AGI – Confermare le dimissioni respinte la settimana scorsa dal presidente della Repubblica oppure andare avanti. Mario Draghi è a un bivio.
Sono le ultime ore di trattative prima delle sue comunicazioni al Senato. I partiti aspettano le decisioni del presidente del Consiglio, quest’ultimo le decisioni dei partiti.
L’attesa è per capire se ci sono margini per proseguire nell’azione dell’esecutivo, se l’ex numero uno della Bce, fermo sul no ai veti, riscontrerà le condizioni per modificare la posizione espressa al Capo dello Stato dopo il non voto del Movimento 5 stelle sul Dl aiuti.
I partiti si attendono un intervento con il quale Draghi possa ribadire i temi dell’agenda sociale, illustrare la situazione a livello internazionale – oggi c’è stata una conversazione telefonica con il presidente ucraino Zelensky al quale il capo dell’esecutivo ha ribadito il sostegno dell’Italia -, porre i riflettori sul Pnrr e sui rischi dell’economia.
Poi il premier dovrebbe ascoltare le considerazioni delle forze politiche. Qualora – e questa dovrebbe essere la direzione in caso di vere aperture dei partiti – ci fosse un voto di fiducia e’ stato deciso che avverrà in serata mentre il premier parlerà alle 9,30.
A palazzo Madama tra l’altro bisognerà capire se a parlare sarà Salvini o il capogruppo del partito di via Bellerio Romeo. La Lega oggi ha ribadito la propria strategia: nessuna esclusione del voto anticipato, possibilità di votare la legge di bilancio subito.
E le proprie ‘condizioni’: un governo senza M5S e con segnali di discontinuità sulle politiche da portare avanti (e anche su alcuni ministeri chiave).
‘Paletti’ che l’ala governasti – che comprende anche i presidenti di Regione – ritiene eccessivi in questa fase. E anche i ministri azzurri sono sulla stessa posizione nell’invocare un sostegno a Draghi senza se e senza ma. Ma nella riunione fiume che si è tenuta a villa Grande i leader del centrodestra di governo hanno rilanciato sui temi sul tavolo.
Il ragionamento è che se i Cinque stelle si sfilano occorrerà cambiare l’agenda: rivedere il reddito di cittadinanza (così da recuperare risorse per finanziare l’azzeramento del cuneo fiscale), puntare sulla pace fiscale e sulla rottamazione delle cartelle esattoriali, sull’investimento sul nucleare di ultima generazione e un fermo contrasto all’immigrazione clandestina.
Un’ulteriore fibrillazione nella maggioranza si è innescata soprattutto dopo l’incontro in mattinata tra Draghi e Letta, richiesto da quest’ultimo.
Per il centrodestra – e per Salvini in primis – si è trattato di una sgrammaticatura politica, tanto il leader della Lega, il coordinatore azzurro Tajani, insieme al leader dell’Udc Cesa e a Lupi di Noi con l’Italia sono stati ricevuti in serata a palazzo Chigi.
E nella sede di Campo Marzio si attendono segnali entro stasera, perché è vero che ci sarebbe tutto il tempo domani per un confronto interno al Movimento 5 stelle, ma è chiaro che il giorno clou della crisi di governo dovrebbe essere preparato in maniera ‘ordinata’.
L’epilogo, invece, è ancora in forse perché Draghi intenderebbe capire prima la postura delle forze politiche. Anche se, stando ad altre fonti parlamentari della maggioranza, il ‘paletto’ riguarda la partecipazione del Movimento 5 stelle nel governo potrebbe essere rimosso, considerato che nelle prossime 48 ore (dopo l’appuntamento al Senato Draghi sarà giovedì alla Camera) un gruppo di parlamentari del Movimento 5 stelle dovrebbe staccarsi.
Fonti parlamentari del Movimento 5 stelle riferiscono che i ‘governarti’ pentastellati intenzionati a votare la fiducia al governo Draghi erano in procinto di preparare un documento questa mattina.
Per rimarcare di fatto quanto detto da Crippa al termine della conferenza dei capigruppo: “È chiaro che se aprirà ai principali temi posti all’interno dei nove punti da parte del Movimento 5 stelle, diventa ingiustificabile non confermare la fiducia”, ha detto la guida M5S a Montecitorio.
Al momento sarebbero una ventina i deputati che potrebbero smarcarsi dalla linea Conte, due o tre invece i senatori. Le pressioni affinché Draghi non lasci sono fortissime, oggi è arrivato l’allarme di Fitch e Moody’s ed è ancora alta la preoccupazione tra i governasti che spingono affinché Draghi continui.
Dopo aver parlato con Letta, Draghi è salito al Quirinale per un colloquio con Mattarella che viene definito “interlocutorio”.
Dunque la strada che si sta valutando sarebbe quella di presentarsi alle Camere per le comunicazioni e, subito dopo, di ascoltare il dibattito parlamentare: se dai partiti giungerà una disponibilità a sostenere l’attuale esecutivo, il governo andrà avanti (le ipotesi di Draghi bis o altre declinazioni di un esecutivo Draghi non paiono avere molto fondamento), altrimenti Draghi salirà al Colle, molto probabilmente senza attendere il voto, per confermare le sue dimissioni.
A quel punto non ci sarebbe molto spazio per altro che per uno scioglimento anticipato della legislatura.
Resta da vedere se si opterà per una accettazione delle dimissioni con prosecuzione per gli affari correnti oppure se il governo resterà in carica nel pieno dei suoi poteri (come successe al governo Ciampi) con la possibilità di varare una finanziaria magari in tempi rapidi. Se non ci saranno sorprese in nottata, se la posizione del centrodestra di governo si ammorbidirà nell’incontro appena iniziato a palazzo Chigi, dunque, tutto si svolgerà domani tra Senato e Camera, con l’Aula di palazzo Madama come palcoscenico principale della sceneggiatura.
Ma si punta a far sì che il quadro politico possa ricomporsi (c’è stata nel pomeriggio una telefonata tra Berlusconi e il premier Draghi per sciogliere i nodi sul tavolo), affinché cadano i veti incrociati tra i partiti e il premier possa rimanere a palazzo Chigi. Con la premessa che il suo no ai condizionamenti, riferiscono fonti della maggioranza, resta e resterà inamovibile.
In serata continuerà il vertice del centrodestra. Si vedranno anche i parlamentari di Iv con Renzi e i deputati e i senatori del PD con il segretario Letta.