Eclissi per lo storico dell’arte. Stretto nell’impossibilità di continuare a svolgere la sua qualità di comunicatore in eventi, Vittorio Sgarbi ha deciso di tornare al mestiere usato.
Essendo la sua figura – come lo stesso Sgarbi ha detto sorprendendo la platea dei presenti – legata all’amministrazione stretta del ministero, non avendo funzioni di divulgatore di arte, essendo divenuta inopportuna la sua veste pubblica in sede di esposizione di attività culturali, lui si dimette.
Era diventata – a suo stesso dire – inopportuna anche qualcuna delle sue uscite pubbliche. Prima fra queste dove augurava la morte a un giornalista che lo tampinava. Lo stesso aveva fatto con Bruno Zeri, non procurandone la morte – come Sgarbi stesso ricorda.
Questi comportamenti tipicamente sgarbiani non possono appesantire il fardello del governo. Per tanto il Sottosegretario saluta tutti e se ne va. Un modo per presenziare eventi, comunicare l’arte in veste di divulgatore di grandi eventi, senza l’impaccio della responsabilità di un dicastero pubblico.
Chiaramente ha sicuramente pesato, anche se l’ex Sottosegretario non l’ha ammesso, la vicenda del quadro del Manetti scomparso da alcune decine di anni e riapparso in diversa luce in una mostra da lui presentata come sua proprietà.
Su Sgarbi un fuoco di fila da parte di una parte dell’informazione con la richiesta incessante di levare le tende per dedicarsi alla sua difesa ma nelle sedi deputate a farlo, non in spazi pubblici, non nelle vesti di uomo di governo.
D’altra parte non era un mistero per nessuno la difficile convivenza del popolarissimo esperto di arte nel dicastero del Ministro che spinge per avere uno spazio di visibilità esclusivo. L’insofferenza di dividere la scena con chi da qualche decenni la domina, pur senza sedere ad alcun tavolo di Consiglio dei ministri, non andava giù a molti.
Ecco si spiega il levare le tende di Sgarbi che oramai dovrà vedersela con gli avvocati nel tentativo di risolvere una situazione complicata. Infatti la sua difesa dovrà insistere sulla prima tesi per cui quel quadro, pur non classificato, fa parte di una diversa realizzazione che, pur somigliando al quadro scomparso, consiste in un’opera del tutto diversa. (Sarebbe successo quindi che l’autore vedendosi commissionata un’opera in verità già venduta e si affretta quindi a realizzarne un’altra identica – situazione non nuova nel mondo nel rapporto tra artisti e mercanti d’arte).
Oppure l’altra linea di difesa potrebbe essere quella di ammettere, dopo prova inoppugnabile dell’appartenere quella tela del Manenti ad una collezione il cui esemplare era scomparso, che questo quadro è proprio quello, comprato in buona fede e riconsegnato al vecchio proprietario.
IL polemista televisivo ha scelto di uscire dal governo per avere maggiore libertà di difendersi nelle sedi proprie ma c’è da immaginare che queste saranno le occasioni di visibilità che ancora saranno concesse allo storico dell’arte. Non mollerà il suo stilema nel darsi una linea di difesa. Purché scelga a quale appellarsi.